GREGOTTI
Francesco Rigatelli per Libero Quotidiano
«Distruggere il passato non ha nessun senso». Vittorio Gregotti, 90 anni il 10 agosto, progettista del rifacimento del quartiere Bicocca di Milano come di città satelliti in Cina è l' ultimo erede della linearità modernista, l' architettura dei Rogers, dei Belgiojoso, degli Albini che ha ridato semplicità all' Italia dopo il fascismo. Eppure davanti alle frasi della presidente della Camera, Laura Boldrini, sulla rimozione delle opere volute dal regime mussoliniano resta piuttosto tiepido.
«Innanzitutto - spiega dallo studio a lui intitolato dietro al carcere di San Vittore a Milano - è difficile definire cosa significhi architettura fascista. Giuseppe Terragni, per esempio, ha progettato edifici e monumenti coerenti con il regime, compresa la Casa del fascio di Como, ma è sempre rimasto politicamente indipendente. Ci sono stati, insomma, architetti che hanno lavorato in quel periodo senza necessariamente produrre delle esaltazioni del fascismo. E allora cosa facciamo? Abbattiamo pure le loro opere solo perché sono stati magari influenzati dallo spirito della loro epoca?». Si parla in molti casi, anche a Milano, di condomini dove abitano famiglie intere o di edifici di utilità pubblica.
OBELISCO MUSSOLINI FORO ITALICO
L' anno di svolta Gregotti lo individua nel 1937: «Da quel momento l' architettura diventa in parte espressione retorica del fascismo. L' esempio classico è quello di Marcello Piacentini, autore tra l' altro del Tribunale di Milano, della sistemazione di un tratto di via Roma a Torino e di parti importanti dell' Università La Sapienza di Roma. Strutture piuttosto complesse da radere al suolo». La regola dunque per Gregotti è «non generalizzare. C' è invece bisogno di guardare all' opera per quel che significa indipendentemente dalla politica. Distruggere il passato non ha nessun senso. Qualcosa si può pure buttare giù se serve, ma questo non deve riguardare il giudizio politico bensì l' architettura».
BOLDRINI
Vale anche per i simboli del fascismo? Due anni fa sempre Boldrini, per esempio, propose di cancellare la scritta «Dux» dall' obelisco del Foro italico a Roma. «Suggerirei prudenza - risponde Gregotti - prima di eliminare queste testimonianze dal duplice valore. Quello di un regime certo, ma anche di un' architettura di qualità».
Si può essere serenamente antifascisti preservando tutta l' architettura fascista. Il grande architetto fa anche un esempio artistico: «Mario Sironi è stato un grande pittore ed era fascista. Bruciamo i suoi quadri?».
Una posizione, quella di Gregotti, che vale ancora di più se si guarda alla sua storia: «L' architettura razionalista che io e altri abbiamo studiato nasce prima del fascismo e viene da esso in qualche modo sospesa per poi riprendere alla fine della Seconda guerra mondiale per risolvere i problemi della ricostruzione.
CASA DEL FASCIO COMO
Espulsa dalla Germania nel 1933 si differenzia radicalmente da quella nazista e da quella fascista, a loro volta diverse e parallele, per i principi di rapporto con la città e le periferie. È questa la grande conquista dell' architettura che il fascismo accantona per il gesto unico, la monumentalità, la retorica appunto del regime.
I razionalisti lottano contro i simboli, l' esagerazione nei materiali, l' aspetto eclettico e, in definitiva, la deformazione del Novecento. Ciò non toglie che, pur con tutte le sue debolezze stilistiche, quell' architettura vada rispettata in tutta la sua complessità e originalità».
piacentini vitotrio gregotti SIRONI
SIRONI sironi bozzetto del manifesto del decennale dellera fascista 1932 SIRONI Vittorio Gregotti