Estratto dell’articolo di Fulvio Bufi per il “Corriere della Sera”
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Che cosa fanno i napoletani che al mattino dalla periferia nord della città o dai quartieri collinari devono raggiungere il centro con i mezzi pubblici? Sperano. Sperano che la Metro 1, la linea che parte da Scampia e arriva fino alla Stazione Centrale di piazza Garibaldi, sia aperta.
I più previdenti ormai non si muovono da casa se prima non hanno consultato il sito dell’Anm, l’azienda di mobilità cittadina. I più social, invece, si affidano ai gruppi Telegram o WhatsApp formati dagli utenti per scambiarsi informazioni.
Ma tutti gli altri, e cioè la maggioranza dei circa 135 mila utenti giornalieri, di questi tempi rischiano ogni volta di trovarsi davanti un cancello sbarrato e un foglietto sul quale è scritto quando la situazione tornerà normale: molte ore più tardi.
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Perché dopo trent’anni di vita la metropolitana collinare di Napoli si rinnova. I treni gialli, rumorosi come vecchie corriere e bollenti in estate perché senza climatizzazione, cominciano a far posto ai nuovi convogli costruiti in Spagna: più accoglienti, più ariosi, più luminosi e soprattutto più capienti.
Ma il passaggio è tutt’altro che indolore. Perché sono proprio le prove tecniche dei nuovi treni, indispensabili per poterne consentire l’entrata in funzione, che stanno trasformando in un terno al lotto il regolare servizio della metro. Il motivo?
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I collaudi vengono fatti rigorosamente tra le nove del mattino e le cinque del pomeriggio, in orario di punta per il trasporto passeggeri. E ovviamente sui binari o ci vanno i nuovi treni, vuoti, oppure quelli vecchi, strapieni di viaggiatori. Gli uni e gli altri insieme certamente non possono starci.
L’alternativa più ovvia sarebbe lo spostamento dei collaudi negli orari in cui il servizio è fermo, cioè durante la notte. Ma non si può, perché i tecnici dell’agenzia indipendente che si occupa delle verifiche sui nuovi convogli non hanno un contratto di lavoro che preveda il notturno. Quindi o fanno i collaudi durante il giorno o non li fanno.
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E non basta: non possono nemmeno dividersi in vari turni in quanto gli ingegneri in servizio sono appena due, e finora il lavoro è stato affidato soltanto a quello che ha la maggiore conoscenza delle tecnologie presenti sui treni spagnoli. […]
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