Lorenzo De Cicco per la Repubblica - Estratti
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Sull’incursione ucraina in territorio russo, nella regione di Kursk, Giorgia Meloni pubblicamente non ha ancora detto una parola. Fonti di partito e di governo si affannano da giorni a ribadire che la premier condivide in pieno la linea dell’Ue, per cui le truppe di Zelensky hanno «diritto» a contrattaccare dove ritengono, anche oltreconfine. Dopo le uscite del ministro della Difesa, Guido Crosetto, e quelle decisamente più ruvide del vice-capogruppo al Senato, Raffaele Speranzon, secondo cui l’offensiva di Kiev sarebbe addirittura «inaccettabile», si sono mossi i Conservatori.
VOLODYMYR ZELENSKY CON GIORGIA MELONI AL G7 - MEME BY OSHO
Il gruppo politico europeo, che almeno fino all’autunno continua ad essere capeggiato da Meloni, ha pubblicato sul suo magazine (e sul suo sito) un lungo editoriale in cui detta la linea ai suoi iscritti. È la posizione per l’establishment, più che per l’opinione pubblica. Ecr, si legge nel testo in inglese, è un «forte sostenitore del diritto dell’Ucraina di autodeterminarsi» e pretende «una ferma e inequivocabile posizione da tutti i suoi membri». Non viene menzionato esplicitamente l’attacco a Kursk, ma l’articolo è del 12 agosto, quando l’operazione era già iniziata da giorni.
Non a caso, si legge ancora nell’editoriale firmato da un italiano, Ulderico De Laurentiis, i Conservatori di Meloni sostengono gli sforzi di Kiev «non solo nel respingere gli aggressori, ma anche nell’assicurarsi che l’Ucraina esca dal conflitto da una posizione di forza, in grado di assicurare il suo futuro e prevenire ulteriori invasioni». Un passaggio dell’editoriale assomiglia a un monito, per chi fosse tentato di discostarsi dalla linea: «Ecr ha chiarito che qualunque partito o individuo voglia entrare nei nostri ranghi debba allinearsi all’inequivocabile supporto all’Ucraina, senza ambiguità ed esitazioni».
MEME SU ZELENSKY AL G7 CON GIORGIA MELONI
Meloni sa di giocare una partita delicata. Matteo Salvini fa di tutto per esasperare la concorrenza a destra, soffia dall’inizio del conflitto sul malcontento di un pezzo di elettorato per le forniture militari. E la propaganda di Putin prova di continuo a destabilizzare il dibattito pubblico italiano, come ha fatto nelle ultime ore diffondendo la notizia di un blindato «italiano» distrutto proprio a Kursk: in realtà era un mezzo estremamente simile - entrambi hanno lo chassis di un furgone Ford - ma di produzione canadese.
La premier dallo scoppio della guerra, anche per assicurarsi l’appoggio degli Usa, si mostra fieramente atlantista. In sordina, però, da mesi continua a sondare la sua base. Lo scorso 8 aprile i militanti di FdI hanno ricevuto un sondaggio riservato in cui veniva chiesto loro se «condividessero» il «sostegno convinto dell’Ucraina». Ancora il 16 luglio è stato domandato a iscritti e simpatizzanti se fossero d’accordo «con la gestione della politica estera del governo Meloni».
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(...) Ma l’elefante nella stanza di via della Scrofa - è il caso di dirlo - resta Donald Trump. Anche sulle presidenziali americane, i militanti di FdI sono stati interrogati, sempre a fine luglio. Nel sondaggio si poteva votare pure Joe Biden, in quel momento ancora in pista. E già questo è bizzarro, perché formalmente FdI, insieme ai Conservatori, è gemellata coi Repubblicani. «Ecr - si legge infatti in coda all’editoriale - potrà creare un ponte fra la leadership europea e quella Usa».
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