Estratto dell'articolo di Rosaria Amato per "La Repubblica"
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Il diritto alla riparazione è legge europea: la direttiva approvata nell’ultima seduta del vecchio Parlamento è appena entrata in vigore. Ma la vera partita adesso si gioca al ministero delle Imprese e del Made in Italy, che entro due anni dovrà recepire le norme che puntano a promuovere l’economia circolare, rendendo la riparazione dei beni difettosi o rotti più semplice e più conveniente.
Le associazioni imprenditoriali da un lato, e quelle dei consumatori dall’altro, si aspettano infatti che in sede di recepimento vengano migliorati tutti i punti in sospeso della direttiva, rendendo effettivi i diritti dei consumatori, ma anche degli artigiani riparatori.
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Che in Italia sono moltissimi, molti di più che negli altri Paesi: secondo una rilevazione di Confartigianato 140.901 microimprese (di cui oltre la metà si occupano della riparazione di autoveicoli), con neanche due dipendenti a testa in media, visto che il numero totale degli addetti è di 386.494.
Una categoria che però da anni lotta, oltre che per la propria sopravvivenza, «per creare per i consumatori un’alternativa alla cultura usa e getta», come ha dichiarato in più occasioni il presidente Marco Granelli. «Da molti anni Confartigianato - prosegue Granelli - chiede che i riparatori indipendenti possano operare alle stesse condizioni dei riparatori autorizzati, vale a dire con il diritto di accedere liberamente a tutti i pezzi di ricambio e agli strumenti e alle informazioni tecniche dei produttori».
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Una norma che era scritta in modo abbastanza chiaro nella prima versione del mandato a negoziare della Commissione, ma nella stesura finale, rileva Confartigianato, «il testo rimane ambiguo sull’accesso ai pezzi di ricambio, e non abbastanza ambizioso rispetto agli intenti iniziali».
Ma neanche i riparatori autorizzati si ritengono adeguatamente tutelati, e guardano con molta apprensione alla normativa di recepimento che l’Italia andrà ad adottare: «[…] Da noi invece a lavorare è soprattutto il piccolo artigiano, che nel nostro settore lavora con sempre maggiore difficoltà in qualità di centro autorizzato. Le varie case produttrici da tempo non coprono i costi, e non sempre forniscono i pezzi a un prezzo conveniente».
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L’estensione della garanzia di un anno, quindi, preoccupa non poco anche i riparatori autorizzati, che si chiedono quali saranno le condizioni, e se i piccoli artigiani saranno ancora più schiacciati rispetto alla situazione attuale. Tutti i riparatori, convenzionati o indipendenti, guardano poi con una certa preoccupazione ai nuovi strumenti di trasparenza messi a disposizione del consumatore, in particolare il modulo europeo per la riparazione e la piattaforma online per la riparazione: Confartigianato chiede che «non si introducano eccessivi oneri amministrativi ed economici per le imprese».
In particolare per la piattaforma , che permetterà ai consumatori di sapere, in dettaglio, a chi possono rivolgersi, si chiede l’iscrizione gratuita per le imprese.
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Anche per le associazioni dei consumatori la direttiva può essere migliorata. Per Altroconsumo in particolare si sarebbe dovuto prevedere l’inversione dell’onere della prova a favore del consumatore, in caso di prodotto difettoso, anche per il secondo anno di garanzia. Durante la garanzia, inoltre, «il consumatore dovrebbe avere il diritto di rivolgersi anche al produttore, e non solo al venditore». Per operatori e consumatori inoltre il diritto alla riparazione deve essere esteso anche a tutti i piccoli elettrodomestici che per il momento sono esclusi.
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[…] E anche gli artigiani italiani convengono che è molto importante l’obbligo introdotto, per le case produttrici, di rendere disponibili più a lungo sul mercato i pezzi e i manuali per la riparazione, cercando così di superare quella barriera artificiale che a lungo ha reso più facile sostituire i prodotti, visto che ripararli era troppo complicato.
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