Valentina Lupia per “la Repubblica - ed. Roma”
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«Mi sento Andrea, ma sul registro c'è ancora scritto Anna e io sono stufo ». È lo sfogo di Andrea G., 19 anni, che non sa più « come farsi ascoltare ». Giocare col suo aspetto, ammette, gli piace: così nel video- appello pubblicato sui social appare coi suoi « nuovi » capelli rossi, ombretto color pesca.
È stato vittima di bullismo, ma ora non ne può più e per questo si espone. Così come meglio lo fa sentire. All'occupazione del liceo che frequenta, il Cavour, si è parlato di «riprendersi i propri spazi». E così lui è potuto andare al bagno dei maschi: « Vorrei che fosse mio diritto ». E invece, nel terzo scientifico della Capitale secondo Eduscopio della Fondazione Agnelli, la " carriera alias" ancora non è realtà.
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Si tratta del «sistema che consente di riconoscere un profilo alternativo e temporaneo a chi è in fase di transizione di genere » , spiega Michele Sicca della Rete degli studenti medi, che ha aiutato i collettivi di diverse scuole ad adottare questo modello, già prassi in alcune scuole del Lazio.
Mentre qui, ha spiegato in un colloquio del 30 novembre la dirigente ad Andrea, c'è ancora da attendere: « Non sono né a favore né contraria all'istituzione della carriera alias - spiega la dirigente, Claudia Sabatano -. Per me sono sovrani il collegio dei docenti e il consiglio d'istituto, appena rieletto. Non ostacolo la discussione, il mio ruolo è assicurare che tutti si esprimano democraticamente. Se il Cavour è pronto alla carriera alias? Lo è come il resto del mondo: in parte. Alcuni sì, altri meno. Vedremo se il consiglio d'istituto accetterà di sentire il ragazzo in una audizione ».
Cosa pensa di fare nel frattempo?
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«La dottoressa del Saifip, Servizio di adeguamento tra identità fisica e identità psichica, che mi segue parlerà con la preside, intanto mi sono messa in contatto col Collettivo Tommie Smith chiedendo aiuto.
Nel frattempo continuare a firmare le verifiche col nome che mi è stato dato alla nascita e non con quello che mi identifica. Perché si tratta di "un documento ufficiale", mi dicono i docenti. Non tutti: la prof di italiano scrive solo "A." e poi il mio cognome».
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Come la fa sentire scrivere Anna e non Andrea?
«È particolarmente faticoso. Se dovessi dirlo con delle immagini, direi che in quel momento sento degli aghi conficcarsi nel corpo, poi una coltellata, mi sa di acido. Però la prof di italiano, almeno lei, scrive "A." e poi il mio cognome».
Se ci fosse la carriera alias utilizzerebbe il nome che ha scelto.
«La preside mi ha detto che questo è un momento delicato, che ci vorrà del tempo affinché venga approvata e che devo avere pazienza affinché questo sistema capisca la mia situazione. Ma questa situazione è la mia vita, la mia quotidianità».
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Qual è stata la reazione dei suoi compagni quando ha fatto coming-out come persona trans?
«La mia è una situazione particolare: sono orfano, dislessico, mi sono trasferito dall'artistico al Cavour, sto sotto ormoni. Non è stato semplice fargli capire cose magari banali per loro ma dolorose per me, ma ora mi sembra siano tutti tranquilli, come anche alcuni prof, anche se non tutti.».
Perché ha aspettato l'occupazione per andare nel bagno dei maschi? Non avrebbe potuto farlo anche prima, sperando che i suoi compagni capissero?
«Mi sono ripreso i miei spazi. Sembra banale ma per le persone trans è particolarmente significativo. Lo ammetto: non ci sono mai andato perché ho paura di incontrare persone sbagliate».
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È mai stato vittima di bullismo?
«Sì, fuori. Sputi, "frocio". E al mio partner dei coattelli hanno messo una scatola in testa. Eravamo in Centro, in mezzo alla gente e nessuno ha fatto niente. Quel che mi fa più male è vedere soffrire anche le persone che amo».
Nel video ha lanciato un appello alla condivisione. Cosa spera di ottenere da questa battaglia?
«Voglio diventare ingegnere e costruire protesi per persone trans. Ma per ora il mio rimpianto più grande sarebbe uscire da questa scuola, dopo la maturità, senza vedere il mio nome cambiato sul registro».
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