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    ''LA MAFIA A ROMA ESISTE'' - MICHELE PRESTIPINO, IL PM BRACCIO DESTRO DI PIGNATONE E CANDIDATO A PRENDERE IL SUO POSTO AL VERTICE DELLA PROCURA DI ROMA, NON SI RASSEGNA DOPO LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE: ''NON CI SIAMO INVENTATI NIENTE, LA MAFIA ROMANA È DIVERSA DA QUELLA SICILIANA O CALABRESE MA C'È. IL "MONDO DI MEZZO" ERA UN UNICUM NON ESPORTABILE, E PER ME LA CORRUZIONE…''


     
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    Giovanni Bianconi per il “Corriere della sera

    michele prestipino e giuseppe pignatone (1) michele prestipino e giuseppe pignatone (1)

     

     «Mafia capitale» non era mafia , ha stabilito la Corte di Cassazione, e la Procura di Roma ha perso la sua scommessa. Ma il procuratore aggiunto Michele Prestipino, che da maggio guida l' ufficio in qualità di capo «facente funzioni», rifugge da questa logica.

    «Non era una scommessa, e la nostra ricostruzione giuridica sull' associazione criminale di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi è stata condivisa dalla Procura generale che ha presentato appello dopo la sentenza del tribunale e dalla Procura generale della Cassazione che ha chiesto la conferma delle condanne inflitte in secondo grado. E prima ancora c' erano stati il giudice che ha concesso gli arresti, il tribunale del Riesame e la stessa Cassazione che respinse i ricorsi cautelari».

     

    Poi però è arrivata la bocciatura, senza nemmeno il rinvio a nuovi giudici. Dunque la vostra impostazione era un azzardo?

    «Niente affatto. Anche perché la stessa Cassazione dal 2015 fino al marzo scorso ha ribadito con diverse pronunce l' esistenza delle "piccole mafie" slegate dal controllo del territorio. Ora c' è questo nuovo verdetto, e dalle motivazioni scopriremo se è stato messo in discussione quel principio giuridico oppure se, come ritengo più probabile, si è ritenuto che in questo caso specifico non ci fossero i presupposti per applicarlo».

     

    Sta dicendo, nonostante la secca smentita, che non avete sbagliato niente?

    massimo franco michele prestipino giuseppe governale massimo franco michele prestipino giuseppe governale

    «Sto dicendo che per scoprire se e dove abbiamo sbagliato dobbiamo leggere quello che scriverà la Cassazione. Dopodiché ci adegueremo e faremo le nostre valutazioni. Ma io rivendico il lavoro fatto, che grazie al prezioso sforzo investigativo dei carabinieri del Ros, ha comunque scoperto e smantellato un sistema criminale che, al di là della qualificazione giuridica, era penetrato in maniera importante in alcuni settori dell' amministrazione comunale di Roma».

     

    Ma era corruzione, non mafia. Non è una differenza da poco.

    «A parte il fatto che per noi il "mondo di mezzo" era un unicum non esportabile ad altre situazioni e realtà, vorrei fare due precisazioni a nome mio e dell' ufficio che rappresento. La prima: non ci rassegniamo all' idea che la corruzione, diffusa e capillare, venga considerata come un fattore fisiologico nelle dinamiche amministrative di questa città. Invece resta la vera emergenza criminale di Roma, una componente gravissima che ne inquina e compromette il tessuto sociale e le possibilità di sviluppo economico».

     

    La seconda precisazione?

    riccardo fuzio e michele prestipino riccardo fuzio e michele prestipino

    «Con questa sentenza la Cassazione non ha detto che a Roma non c' è la mafia o non ci sono mafiosi, ma solo che a quel particolare sodalizio non si può addebitare il metodo mafioso. Restano altri gruppi autoctoni, qualificati come mafiosi con sentenze a volte definitive e altre ancora provvisorie, dai Fasciani, agli Spada ai Casamonica e altre organizzazioni. E pure su questo fronte la Procura di Roma non si rassegna».

     

    A che cosa?

    «Al paradigma secondo cui per riconoscere il metodo mafioso si debba ricorrere al "criterio etnico": in presenza di siciliani, calabresi o campani c' è, altrimenti no».

     

    Quindi continuerete con le «interpretazioni evolutive» in materia di mafia?

    michele prestipino e giuseppe pignatone (2) michele prestipino e giuseppe pignatone (2)

    «Non interpretazioni evolutive, ma stretta e rigorosa applicazione di ciò che dice l' articolo 416 bis e che la Cassazione conferma da cinque anni. L' assoluta particolarità del Mondo di mezzo non era di essere una "piccola mafia", bensì l' ipotesi che l' intimidazione derivante dal vincolo associativo potesse avvenire anche con il controllo di un ambiente sociale, come alcuni settori dell' amministrazione comunale. Ora vedremo che cosa dirà, su questo punto, la Cassazione».

     

    C' è chi dice che lei e il procuratore Pignatone, forti delle esperienze siciliane e calabresi, avete esagerato.

    «Non capisco in che cosa. Il codice penale è sempre lo stesso, a Palermo come a Reggio Calabria e a Roma. Sono diverse le realtà locali, e sono diverse le mafie».

     

    La vostra inchiesta creò un terremoto politico per via dell' ipotesi mafiosa, che ora è caduta.

    «Credo che questa Procura abbia dimostrato di svolgere indagini senza preoccuparsi delle ricadute politiche e di chi avrebbero coinvolto. Noi verifichiamo notizie di reato, a volte chiediamo di fare i processi e molte altre volte archiviamo; poi nei processi i giudici molte volte ci danno ragione e a volte no, anche nello stesso procedimento, come in questo caso. È il nostro lavoro, che di certo non ha finalità politiche».

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