Alessandro Catapano per la Gazzetta dello Sport
rosi bindi
Malato grave? O solo un po' cagionevole? Onorevole Rosy Bindi, com' è lo stato di salute del calcio italiano? «Diciamo che il corpo non è abbastanza sano dal ritenersi immune da possibili infiltrazioni criminali - dice la deputata nell' illustrare la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie, che ha presieduto in questi mesi -. Le nostre indagini ci dicono che il fenomeno è stato sottovalutato. Da tutti, non solo dalla Juventus».
APPELLO Undici mesi di lavoro, 30 sedute, 42 soggetti, istituzionali e non, ascoltati: tutto sintetizzato in una relazione di 99 pagine, che raggiunge una conclusione - «La mafia utilizza il calcio per creare consenso sul territorio», scrivono la Bindi e l' altro relatore, il deputato Pd Marco Di Lello -, ipotizza uno scenario inquietante - «Se perfino la più importante società italiana viene raggiunta dalle attenzioni delle organizzazioni mafiose, cosa accade nelle categorie minori?» - e indica una strada: «Ormai c' è un' osmosi tra mafie e tifo organizzato.
mafie calcio
Serve un patto tra Stato e club - auspicano Bindi e Di Lello -: siamo disposti a limitare la responsabilità oggettiva, a patto però che le società facciano la loro parte: recidano qualunque legame con violenti e criminali, neghino l' ingresso a certi soggetti. Abbiamo ascoltato troppi "non so, non ricordo, non mi competeva" dai presidenti di Serie A in questi mesi».
COSì FAN QUASI TUTTE Perché, è bene ricordarlo, la Juventus si è presa, suo malgrado, la scena - a proposito, lunedì è attesa la pronuncia della Corte d' appello federale -, ma il lavoro della Commissione ha fotografato anche altre realtà, a volte scoperchiando legami con la criminalità altrettanto inquietanti: Napoli, Genova, Lazio, Crotone, Catania, Latina sono le piazze indagate. Certo, a Torino il fatto è stato eclatante, «la 'ndrangheta - si legge nella relazione - si è inserita come intermediaria e garante nell' ambito del fenomeno del bagarinaggio gestito dagli ultrà della Juventus». Vittima o complice, la società bianconera?
PECORARO BINDI
«Né l' una né l' altra - risponde la Bindi -: ha sottovalutato il rischio, ma questa incapacità di riconoscere le modalità dell' agire mafioso è un fattore comune a molte società calcistiche». E cita, a proposito del San Paolo di Napoli, «... la procuratrice della Repubblica che ci ha raccontato di come le curve siano nelle mani di due diverse organizzazioni criminali e che finché non entrano in conflitto tra loro va bene... Ecco, così non deve più andare bene». Difficile anche accettare che in ogni weekend siano impiegate negli stadi italiani circa 165mila unità delle forze di polizia. «Ma lo Stato se le può permettere, è giusto? Le società di calcio non vogliono pagare perché non hanno gli stadi - chiede provocatoriamente la Bindi -? Ma almeno garantiscano un servizio di steward all' altezza».
Poco comprensibile alla Commissione risulta pure quella norma che impone il certificato antimafia solo a chi rilevi più del 10% di un club. «Abbiamo indagato il caso del Mantova, dove personaggi riconducibili ai Casalesi avevano rilevato ognuno il 9%...».
juventus-tifosi
PROVIAMOCI Finale con proposte concrete, alcune delle quali contenute nel maxi emendamento governativo che sarà inserito nella legge di Bilancio.
Le snocciola Di Lello: «Irrobustire il provvedimento del Daspo, introdurre il reato di bagarinaggio, inasprire le sanzioni della giustizia sportiva nei casi di match fixing e di collusioni con la mafia, introdurre le "celle" negli stadi sul modello inglese - «Ma prima adeguiamo gli stadi», avverte la Bindi -, vietare le scommesse nei Dilettanti e in Lega Pro, aumentare il prelievo fiscale alle società di A e B dai proventi di scommesse per creare un fondo di solidarietà». Realistico o utopistico?
L’ARMISTIZIO COLLABORATIVO TRA GLI ULTRA’ DELLA CAPITALE
Matteo Pinci per la Repubblica – Roma
calcio soldi
La Commissione antimafia: "La contrapposizione più apparente che reale" Lo chiamano "armistizio collaborativo". Nelle 99 pagine di relazione sulle infiltrazioni mafiose nel calcio, la Commissione parlamentare antimafia ha isolato un episodio. Che riporta all' attenzione collettiva gli adesivi con l' immagine di Anna Frank in maglia della Roma utilizzati come insulto dai laziali.
Un " gesto inqualificabile", per i relatori Rosy Bindi e Marco Di Lello, che però ha fatto registrare la solidarietà anche di tifosi della fazione "offesa". Come il leader di "Roma ai romani" Giuliano Castellino, ai domiciliari per reati contro la persona ma anche tifoso romanista.
Episodio che, secondo la relazione, è "testimonianza del fatto che la contrapposizione tra tifoserie è più apparente che reale e trova momenti di significativa condivisione su temi come la violenza e il razzismo". Insomma, esisterebbe una sorta di " cartello" romano del razzismo che unisce ultrà di Lazio e Roma. Una sorta - per restare al testo - di "armistizio collaborativo" . La convinzione della Commissione antimafia è che dietro le schermaglie e gli sfottò si celino invece sinergie che avvicinano il cuore delle due curve: "In apparenza si rileva un clima di contrasto tra le opposte tifoserie, laddove invece tra le frange degli ultras esistono rapporti che si concretizzano in manifestazioni di contestazione alle istituzioni e alle forze di polizia".
lazio roma incidenti 5
Ad esempio cita anche i fatti dell' 11 settembre 2007, quelli successivi alla morte del tifoso della Lazio Gabriele Sandri, con l' assalto alla caserma di via Guido Reni e al commissariato di Ponte Milvio e del Coni. Di certo, recentemente due anime delle due tifoserie si sono trovate fianco a fianco, ma per motivi opposti: a ricordare lo stesso Gabbo, per il decennale della scomparsa, c' erano anche i Fedayn della Roma. Ma questo poco c' entra con una permeabilità crescente delle curve romane da parte di gruppi di estrema destra: e con quell' esplicito riferimento ai temi di " violenza e razzismo" pare evocarlo la stessa relazione dell' Antimafia.