mario mori foto di bacco
Estratto dell’articolo di Ermes Antonucci per “il Foglio”
E’ crollato definitivamente il processo sulla cosiddetta “trattativa stato-mafia”. Ieri, intorno alle 17.30, i giudici della sesta sezione penale della Corte di Cassazione hanno assolto gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno con la formula piena “per non aver commesso il fatto”. Confermata l’assoluzione anche per l’ex senatore Marcello Dell’Utri. Prescritte le posizioni dei mafiosi, Leoluca Bagarella e Antonino Cinà.
GIUSEPPE DE DONNO
“E’ una grande soddisfazione – dichiara Mori al Foglio – anche se per vent’anni sono stato sotto processo. Spero che con questa sentenza finiscano anche le ‘trombonate’ di una certa stampa e di certi altri ambienti che hanno lucrato su questa vicenda”.
[…] Il generale Mori si dice contento soprattutto per l’assoluzione dei suoi ex colleghi Subranni e De Donno: “Io ero il responsabile operativo, loro c’entravano poco”. Il pensiero, infine, non può che andare all’immagine del Ros, il Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri, al quale è stato restituito l’onore infangato in questi anni: “Il Ros è una struttura brillantissima, il miglior reparto dell’Arma e dello stato italiano, però questo esito conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che il Ros ha sempre lavorato bene. E per me che l’ho fondato questa è una grandissima soddisfazione”.
ANTONIO SUBRANNI
[…] “La Trattativa ci fu, ma non è reato”, hanno continuato a sostenere per mesi gli oracoli dell’antimafia mediatica. Fino a ieri, quando i giudici di legittimità hanno demolito senza scampo il teorema accusatorio. Gli ex ufficiali del Ros sono infatti stati assolti con la formula più ampia “per non aver commesso il fatto”.
Le posizioni dei mafiosi Bagarella e Cinà sono invece state dichiarate prescritte in virtù della riqualificazione del reato di violenza e minaccia a un corpo politico dello stato nella forma del tentativo.
nino di matteo processo sulla trattativa stato mafia
[…] La verità, insomma, è che arrivati a questo punto, il castello accusatorio costruito dai pm di Palermo (tutti in seguito promossi a incarichi di prestigio) non stava in piedi neanche a voler usare ancor più fantasia.
nino di matteo marco travaglio ANTONIO SUBRANNI mario mori