Alberto Busacca per “Libero quotidiano”
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Quando si parla dei rapporti tra Benito Mussolini e la Gran Bretagna viene in mente, per prima cosa, il mitico e misterioso "carteggio" tra il Duce e l' ex primo ministro del Regno Unito Winston Churchill. Oppure, in alternativa, i duri attacchi del fondatore del fascismo contro la "perfida Albione" (che, per chi non lo sapesse, era l' antico nome, forse celtico, dell' isola).
O ancora possono tornare alla memoria le vecchie canzoni di guerra del Regime, come la Sagra di Giarabub ("Colonnello, non voglio encomi, sono morto per la mia terra, ma la fine dell' Inghilterra incomincia da Giarabub") o l' inno della Decima Flottiglia Mas ("Decima Flottiglia nostra che beffasti l' Inghilterra, vittoriosa ad Alessandria, Malta, Suda e Gibilterra"). Insomma, per farla breve, quello tra Mussolini e la Gran Bretagna non è stato propriamente un rapporto facile. Non è stata una storia tutta rose e fiori, neanche un po'. Eppure, almeno all' inizio, sembrava che potesse nascere un grande amore. Sembrava
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Poco prima del Natale del 1922 Mussolini non è ancora il padrone assoluto dell' Italia. Ma, da meno di due mesi, dopo la Marcia su Roma, è comunque diventato presidente del Consiglio. E il primo viaggio da "premier" in una capitale estera lo fa proprio a Londra, dal 9 al 12 dicembre, per i lavori della Conferenza interalleata, che deve occuparsi dei debiti tra le nazioni vincitrici del primo conflitto mondiale e dei risarcimenti dovuti dalla Germania e dall' Austria. Non proprio una vacanza, quindi, però per Mussolini si rivela una bella sorpresa. Gli inglesi, infatti, dalla classe politica alla gente per la strada, lo guardano con curiosità e rispetto, considerandolo l' uomo che ha fermato l' avanzata del comunismo in Italia.
A raccontare e ricostruire quel viaggio, dopo decenni passati nel dimenticatoio, ci ha pensato oggi Fabrizio Vincenti nel suo Welcome signor Mussolini. L' unico viaggio del Duce a Londra (Eclettica Edizioni, pp.192, 16 euro). E fa impressione, quasi un secolo dopo, rileggere il ricordo di Quinto Navarra, "cameriere" e uomo di fiducia del capo del fascismo per oltre vent' anni: «Non ricordo entusiasmo pari a quello, nemmeno in Germania. Il delirio con cui la folla ci accolse alla stazione Victoria è indimenticabile. Procedevamo a stento tra una marea umana che gridava, accecati dai lampi di magnesio dei fotografi».
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A PALAZZO Un' accoglienza da rockstar, accompagnata perfino da qualche saluto romano, che lascia di stucco gli stessi protagonisti. E non è ancora tutto. Perché poi Mussolini, ex socialista, figlio di un fabbro e di una maestra, viene anche ricevuto a Buckingham Palace da Re Giorgio V, che l' anno successivo lo insignirà dell' Ordine del Bagno, importante ordine cavalleresco.
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Il Duce, come i politici di oggi, ci tiene poi a far sapere di conoscere le lingue. Pur non nascondendo qualche difficoltà. «Mussolini», scrive il Popolo d' Italia, «non essendo mai stato precedentemente oltre Manica, non possiede la pronuncia inglese, ma conosce correttamente la lingua, che imparò da solo in due mesi di ospedale di guerra». Inoltre, continua l' articolo, «segue ogni giorno l' attitudine dei principali giornali d' Inghilterra, perciò il mondo giornalistico britannico non gli è sconosciuto.
Anche in queste ore di lavoro febbrile, tra un colloquio a Downing Street e lo studio di documenti al Claridge Hotel, egli si interessa con passione a quanto scrivono i giornali d' Inghilterra in tutte le loro edizioni».
Già. E quanto scrivono i giornali, per il premier italiano, è motivo di orgoglio e soddisfazione. «L' avvento dell' on. Mussolini costituisce un evento eccezionale», lo esalta il Daily Mail. «Nell' odierna conferenza», spiega invece il Daily Express, «avremo un attore preminente. L' on. Mussolini ha ereditato e sviluppato il dono di chi sa concentrare su di sé la generale attenzione. L' on. Mussolini è sorprendente».
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VERSO LA GUERRA Nonostante la bella esperienza, però, il Duce a Londra non torna più. Anzi, i rapporti tra lui e la Gran Bretagna peggiorano rapidamente, sebbene l' anglofilo ministro degli Esteri Dino Grandi tenti invano di coltivare l' amicizia tra i due Paesi. «Sono stufo», si sfoga Mussolini nel 1935, «di questi dannati inglesi che pretendono di vedere tutto il mondo ai loro piedi». E nel 1939 è ancora più duro: «Il pensiero anglosassone è la peste del mondo. Gli inglesi un popolo che pensa al culo». Sono gli anni dell' asse con Berlino, e la strada è ormai segnata. Il 10 giugno 1940 il Duce dichiara guerra alla Gran Bretagna, e come è finita lo sappiamo. Del viaggio di Benito a Londra non si parla più. Forse anche perché gli inglesi un po' si sono vergognati di quella marea umana che ha accolto festante il fondatore del fascismo alla stazione Victoria.