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    LA MATTANZA DEL COLLATINO - LE VERITÀ DI FOFFO E PRATO: “L’OMICIDIO VARANI? COLPA DEI NOSTRI GENITORI” - IL PR PARLA DI “VUOTO AFFETTIVO”, FOFFO INVECE E’ PREOCCUPATO CHE DURANTE LE FASI DEL PROCESSO SI PARLI DEL SUO ORIENTAMENTO SESSUALE: "SE UN GIORNO DOVESSI USCIRE DAL CARCERE NON RIUSCIREI A GUARDARE IN FACCIA UNA RAGAZZA"


     
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    MANUEL FOFFO MANUEL FOFFO

    Da “la Repubblica- Roma”

     

    Parlano e si raccontano Manuel Foffo e Marco Prato. Rinchiusi in carcere i due trentenni accusati dell’omicidio di Luca Varani - il 23enne di La Storta massacrato a colpi di martello e coltelli nell’appartamento di Foffo al Collatino - sono intercettati dai carabinieri del nucleo investigativo su ordine del pm Francesco Scavo.

     

    Foffo parla spesso dell’omicidio, Prato è più cauto. Entrambi, però, sanno di essere ascoltati e convergono su un punto: dicono di sé e di quello che hanno fatto marcando una carenza affettiva genitoriale. Come dire: è colpa dei nostri genitori.

     

    E se Foffo, già reo confesso, difeso dall’avvocato Michele Andreano, non fa mistero che l’origine del suo gesto sia da ricollegare al rapporto travagliato col padre; Prato, che non ha mai ammesso di aver preso parte alla mattanza, racconta al papà del “vuoto affettivo” lasciato in lui, fin da piccolo, dalla mamma, colmato “con droga e sesso”. «Il mio problema è stato papà - spiega nella sala colloqui di Rebibbia Manuel Foffo al fratello, ripercorrendo i giorni trascorsi nella casa di via Igino Giordani, e sostenendo di essere stato plagiato da Prato - perchè praticamente Prato mi ha detto: “Io ho capito che tu vuoi assoldarmi per uccidere tuo padre”. Da lì è scattata tutta una serie di cose che non ricordo, fatto sta che noi siamo usciti per cercare una persona ».

    MANUEL FOFFO MANUEL FOFFO

     

    Diverso quanto racconta Prato, pr degli eventi gay capitolini, difeso dall’avvocato Pasquale Bartolo. Il padre gli dice che la madre non è pronta per andarlo a trovare. «Marco ribadisce che da bambino gli si è formato un vuoto affettivo – riassumono i carabinieri in uno dei decreti di intercettazione - che ha cercato di colmare per tutta la sua vita, che infine ha colmato con droga e sesso, e che poi è successo quello che è successo. Prato dice che questa è la spiegazione, nonostante i principi e i valori».

     

    Ma non c’è solo il rapporto con i genitori a caratterizzare le conversazioni a Rebibbia e Regina Coeli dei due indagati. Foffo ricorda a sprazzi i momenti dell’aggressione, ma è convinto di non aver agito da solo: «Io c’ho il flash che lui prende il martello e lo impugna - dice al padre e al fratello il 5 maggio - e però sicuramente non mi ricordo l’impatto». Il suo vero problema è che in futuro qualcuno possa criticarlo per i risvolti di natura sessuale della vicenda.

    MARCO PRATO - LUCA VARANI - MANUEL FOFFO MARCO PRATO - LUCA VARANI - MANUEL FOFFO

     

    Lo dice al fratello l’8 aprile, paventando anche un suicidio: «Non posso sopportare che durante le fasi del processo si parlerà del mio orientamento sessuale, se un giorno dovessi uscire dal carcere non riuscirei a guardare in faccia una ragazza». Il 15 aprile Prato dice di aver scritto una lettera aperta, su tutta la vicenda, senza entrare nel merito, ma sui suoi “sentimenti di vergogna e dolore” e su la vergogna e dolore di chi ha speculato su questo dramma.

     

    Nella lettera c’è scritto: «Si provavo vergogna e dolore», salvo poi aggiungere, scrivono i carabinieri parafrasando le sue parole che «sotto un vero o presunto vessillo del dovere di cronaca si dimenticavano il diritto alla privacy e l’amore per la verità».

    PRATO FOFFO PRATO FOFFO FOFFO PRATO FOFFO PRATO

     

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