JACOPO IACOBONI per lastampa.it
BERLUSCONI MELONI 3
Tutti vogliono Giorgia Meloni, tutti cercano Giorgia Meloni. Nella corsa per il Quirinale, mai così complessa e forse incartata come quella che si annuncia a gennaio, con partiti che non controllano neanche i propri gruppi parlamentari, e un puzzle che sembra difficilissimo da comporre (perché l’unico candidato forte, Mario Draghi, andando al Quirinale lascerebbe una voragine a Palazzo Chigi, assai difficile da riempire se non rischiando di correre a rotta di collo a elezioni anticipate nel 2022), c’è solo un leader, anzi, una leader, che consiste pienamente con se stessa e con l’immagine e forse la strategia che si è costruita: Giorgia Meloni.
La capa dell’unico partito che, qualunque sia la decisione, voterà compatto per il Colle. «Giorgia sa che, stavolta, da lei devono passare», dice una delle persone che la conoscono meglio. «Altrimenti stavolta il presidente di centrodestra se lo beccano davvero».
BERLUSCONI MELONI
Fratelli d’Italia è diventato, con Giorgia Meloni, il primo partito della coalizione di centrodestra, e perciò, se una soluzione unanimista (di «largo consenso») sul Quirinale non ci sarà, dalla quarta votazione in poi è il centrodestra che può avere i numeri, molto di più del centrosinistra, e in quel centrodestra, Meloni rules.
meme del presepe con matteo salvini giorgia meloni silvio berlusconi
Con tutte le sue visioni antisistema, antimigranti, i suoi flirt con Orban e i suoi inviti a Steve Bannon, sì, ma anche con quel talento per la politica che la fa sembrare di un’altra categoria rispetto ai musicanti e agli orecchianti di oggi. Giorgia viene da una lunga scuola, pure troppo lunga, se dovesse risalire agli anni quaranta (cosa che lei nega, non convincendo). Ma se si parla di politica e di corsa al Colle, oggi esistono solo due schemi: o si fa un presidente eletto da tutti, ma deve andare bene anche a Fratelli d’Italia – non come avvenne con l’ascesa di Draghi a Palazzo Chigi – o si mette il pallino nelle mani di una coalizione in cui – piaccia o meno, è un fatto – la voce di Giorgia è diventata fortissima, e politicamente sempre più abile. Lontanissimi i tempi in cui Berlusconi, appunto, la chiamava, non con malizia, «la ragazza».
E la voce di Meloni, oggi, dice questo. Uno, «io voto Berlusconi, certo, se conferma di volersi candidare. Bisognerà chiederlo. Quando ci vedremo, ne parleremo. Ieri al telefono abbiamo parlato pochi minuti, non gliel'ho chiesto... E poi queste cose si discutono di persona Vedremo».
House of Crucci - Berlusconi, Meloni, Salvini, Renzi, Mattarella
Due, manda un messaggio chiaro: se non c’è un limpido coinvolgimento anche della destra nella scelta del candidato, per la prima volta potremmo arrivare a un presidente solo di centrodestra: «Berlusconi non deve guardarsi da Fratelli d'Italia, dopo di che è un Parlamento particolare in cui è difficile capire cosa rappresentano i tuoi interlocutori. I 101 di Prodi al confronto non sono niente. Mattarella mi sembra abbia detto di no, non si possono forzare le persone. Dopo presidenti che vengono dalla stessa area, potremmo avere un Presidente che rappresenta la maggioranza di centrodestra».
Inserita questa subordinata, che la colloca nel centro delle manovre (oggi ancora premature), Meloni poi è Meloni, e dunque: non sconfessa i personaggi più discussi che gravitano intorno al suo mondo, declina il patriottismo come “italianità” versus migranti, si pone come unica (ormai) referente di tutto l’universo no vax, o no Green Pass, o semplicemente come unica politica che coltivi il dubbio, quella cosa che ormai sta a metà tra professori universitari e destra sovranista.
salvini meloni berlusconi
Per esempio, sul vaccino ai bambini spiega: «Mia figlia ha 5 anni ma per ora non la vaccinerò. Io la terza dose non l'ho ancora fatta perché dovrò aspettare il mio turno, ma ovviamente la farò». Riecheggiando con ciò quando disse che non sapeva ancora se e quando si sarebbe vaccinata. Oppure, dice che quando Sergio Mattarella lascerà il Quirinale, la legislatura dovrà concludersi. Il paradosso del voto che appare uno spettro ai democratici e non ai sovranisti.
Come che sia: tutti cercano Giorgia Meloni. Enrico Letta va ad Atreju, la festa dei giovani di destra che era nata fascista ma col mito di Tolkien e dello Hobbit, e si fa precedere da un’intervista in cui dice: «Per il Quirinale meglio una maggioranza larga, che includa anche Giorgia Meloni». Luigi Di Maio dice «Salvini è poco affidabile, mi fido di più di Giorgia Meloni» (Conte invece la giudica un modello di opposizione «non responsabile»). Giorgia incontra Letizia Moratti? E subito deve smentire di averle offerto chissà quale candidatura al Colle.
matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 9
Miccichè dice di sperare di allargare il centrodestra Renzi? E per farlo chiede: «Spero che Giorgia Meloni si convinca». Come se tutto passasse da lei. E in un certo senso è anche vero. Sempre Letta domani a Roma va a presentare un libro dal titolo che è tutto un programma, “Pedagogia e Politica. Costruire Comunità Pensanti” (a cura di Luciano Violante, Pietrangelo Buttafuoco, Emiliana Mannese), e con chi ci va? Ovvio, con Giorgia.
giorgia meloni enrico letta atreju
Giovedì, a Roma, si terrà il vertice di centrodestra. Sarà per farsi gli auguri di Natale, ovvio, ma forse anche per cominciare a prepararsi alla battaglia campale di gennaio, cucinarsi il Pd di Letta e i 5Stelle a sangue freddo di Conte. “Sono Giorgia-sono-una-donna-sono-una-mamma-sono-cristiana” cucinerà, nel frattempo, anche il suo menù natalizio, che ci comunica enfatizzando che c’è una tradizione da rispettare («cucino io, cucino pesce. Penso che farò dei gratinati, io sono appassionata di cozze e cannolicchi. Come pasta ci saranno degli gnocchi alle vongole»), e una da infrangere: il divieto di fatto che al Colle possa infine salire qualcuno di centrodestra.
MELONI LETTA matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 8