Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
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È l'ultimo atto del suo G20. Il più scivoloso. Il passo finale che fornisce anche un bilancio del suo primo summit con i Grandi. Giorgia Meloni ritarda la partenza per l'Italia fino a tarda sera, ha in programma un bilaterale con Xi Jinping. Deve far capire al Presidente cinese che la stagione della Via della Seta è alle spalle - una condizione non trattabile per Washington - senza strappare l'importante filo commerciale con Pechino.
E deve attestarsi su una posizione che è sostanzialmente quella indicata da Joe Biden, durante il colloquio di martedì: massimo pressing sui cinesi per mediare con Putin, massimo sforzo diplomatico per evitare un'escalation su Taiwan, concorrenza sui mercati senza sconfinare in una guerra commerciale selvaggia. Meloni sposa in pieno la missione americana, nel colloquio con il Dragone. E lo fa perché ha bisogno di mostrarsi sponda affidabile con la Casa Bianca, visto che lo scetticismo europeo si accompagna al gelo di Emmanuel Macron.
Anche ieri, nessun chiarimento. Pare per volontà dell'Eliseo.
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L'esordio del colloquio con Xi è felice. Poche ore prima del bilaterale, Pechino ha dato il via libera all'acquisto entro il 2035 di almeno 250 aerei Atr, di proprietà italo-francese (Leonardo e Airbus). La trattativa ha portato via 36 mesi di negoziazioni.
Meloni ringrazia il cinese, Xi indica l'affare come un esempio di «collaborazione » possibile. Un'altra, aggiunge, è quella sulle Olimpiadi invernali Milano-Cortina del 2026.
Il colloquio riapre un dialogo che mancava da tre anni: prima la caduta di Giuseppe Conte, poi il Covid e l'era di Mario Draghi, che mai aveva legato con il cinese. Adesso, rileva Xi Jinping nel faccia a faccia, il dialogo riparte da un premier «donna che guida un governo politico».
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Quel premier politico, però, deve giocare all'equilibrista. E in un'ora di bilaterale riporta posizioni in linea con le indicazioni di Washington. Si parte dall'Ucraina. Meloni sollecita la massima mediazione diplomatica di Pechino, in modo da contenere Putin ed evitare l'escalation atomica. La risposta ricalca quanto già lasciato trapelare da fonti americane dopo l'incontro tra Biden e Xi: «Lo scontro nucleare è assolutamente da evitare - è il senso dei ragionamenti - ma la nostra capacità di influenzare Putin è molto limitata».
Diverso il nodo di Taiwan. Nessuno dei due lo cita esplicitamente.
Ma è all'isola contesa che sembra riferirsi Meloni quando auspica che non si aprano altri fronti militari e che tutti gli attori «abbassino la tensione ». Il Dragone, però, resta attestato sulla tradizionale "One China" policy , la dottrina secondo cui Taiwan è parte della Cina ed esiste un solo governo legittimo. Nessun cedimento sul punto, ma con la postilla non irrilevante di voler evitare ulteriori conflitti. La nota dolente arriva in fondo, quando Meloni prepara il terreno per l'operazione più complessa: sfilarsi dalla Via della Seta.
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Del Memorandum, la cui implementazione è congelata e il cui rinnovo sarebbe previsto nel 2024, i due leader non parlano esplicitamente. Ma è proprio per esaudire il volere di Washington che la premier non potrà difenderlo. Al limite, proverà a cambiare la natura della cooperazione. Per questo propone a Pechino di riequilibrare la bilancia commerciale, aumentando le esportazioni in Cina. Xi non chiude - «siamo disposti a importare più prodotti italiani di alta qualità» - ma ricorda il peso della battaglia delle sanzioni con l'Europa per la contesa sullo Xinjiang.
La presidente del Consiglio rilancia ribadendo che l'assenza di parità di condizioni del mercato del lavoro squilibra la competizione (e fa un cenno anche al tema dei diritti umani). Ed è a quel punto che il cinese propone di «concentrarsi sui terreni comuni, al di là delle differenze». Per ragionare meglio, la invita in visita a Pechino. Ma prima si spende in un elogio di Sergio Mattarella - «ho grande stima di lui» - e della bellezza della Penisola. Tutto è finalizzato a chiedere a Roma di fare da ponte con l'Unione per favorirne una «politica indipendente nei confronti della Cina». Difficile, visto lo stato dei rapporti con Bruxelles.
E con Macron. Anche ieri non sono mancati i momenti di contatto, senza però un confronto: «Con il presidente francese non c'è stato modo di approfondire le vicende che ci riguardano». Resta il passaggio chiave del bilaterale con Biden. E una visita alla Casa Bianca imminente: «Ci siamo ripromessi di vederci molto presto». È una delle poche frasi pubbliche del G20: Meloni concede una conferenza stampa con tre sole velocissime domande. Un inedito, che si spera resterà tale nei summit a venire.
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