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    “LA  MIA VITA È STATA DEVASTATA” – LA RABBIA DI UNA 19ENNE SPAGNOLA CHE HA CHIESTO 3 MILIONI DI EURO DOPO AVER DENUNCIATO DI ESSERE SCAMBIATA IN CULLA IN UN OSPEDALE DELLA COMUNITÀ AUTONOMA DELLA RIOJA: È FINITA IN UNA FAMIGLIA PROBLEMATICA, È CRESCIUTA CON LA NONNA E NEL 2017 IL PADRE SI È RIFIUTATO DI FARSENE CARICO ECONOMICAMENTE SVELANDO CHE NON ERA SUA FIGLIA. DA ALLORA L’INFERNO. L’ALTRA BAMBINA È STATA…


     
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    Elena Marisol Brandolini per “Il Messaggero”

     

    NEONATE SCAMBIATE IN CULLA  NEONATE SCAMBIATE IN CULLA 

    Aveva 16 anni la giovane, quando per la prima volta si presentò nello studio degli avvocati che l'avrebbero seguita nella causa, chiedendo loro: «Ditemi chi sono». Aveva appena scoperto, infatti, di non essere la figlia biologica dei genitori cui era stata consegnata alla nascita dal personale dell'ospedale San Millán di Logroño, nella comunità autonoma della Rioja. Ora, tre anni più tardi come per primo ha reso pubblico il quotidiano LaRioja.com - la donna ha denunciato di essere stata scambiata alla nascita, con un'altra neonata e di aver vissuto perciò in una famiglia che non era la sua.

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    Per questo, reclama al governo riojano un indennizzo di tre milioni di euro: la mia vita è stata devastata - ha detto - è stata un inferno. La consigliera della Salute del governo locale, Sara Alba ha riconosciuto che si è trattato di un «errore umano» di cui è oramai però impossibile risalire all'autore, tra l'altro l'ospedale in questione non è più funzionante. E propone alla denunciante un indennizzo di 215.000 euro. Non risulta, invece, che l'altra vittima dello scambio abbia fatto analoga denuncia.

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    ERA IL 2002 I fatti risalgono al 2002, nella nursery di un ospedale che ora non c'è più. Le due giovani nacquero a cinque ore di distanza l'una dall'altra ed entrambe, scarse di peso, finirono nell'incubatrice. Una volta completato il loro sviluppo, furono consegnate ai genitori l'una dell'altra. La denunciante finì in una famiglia problematica e fu allevata dalla nonna.

     

    Quando, nel 2017, la nonna chiese al supposto padre della ragazza di farsene carico economicamente, quello le rispose che non era suo padre. La discussione finì nel Tribunale di Prima Istanza n. 1 di Logroño, che ordinò le analisi di Dna su entrambi i presunti genitori e i risultati rivelarono che nessuno dei due aveva una relazione genetica con la ragazza.

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    LE INDAGINI Nello stesso giorno della nascita della denunciante e in quello stesso ospedale, vi erano almeno 17 neonate che avrebbero potuto essere state scambiate con lei. Successivamente, le indagini hanno determinato con quale bambina fu effettivamente scambiata. Oggi quella bambina è una ragazza di quasi 20 anni che vive con la famiglia che l'ha cresciuta a 500 metri da quella della denunciante.

     

    neonato 2 neonato 2

    Si è ora in attesa di conoscere i risultati delle prove del Dna sollecitate, per confermare se il padre e la madre di quest' altra ragazza siano i genitori biologici della giovane che ha denunciato lo scambio. L'avvocato che sta seguendo il caso, José Sáez-Morga, nel riferirsi alla richiesta di indennizzo della sua cliente, parla di «danno incommensurabile, continuato e per tutta la vita» prodotto nei suoi confronti. La denuncia non è penale, perché la negligenza che ha prodotto lo scambio non è stata volontaria. Ma, sostiene l'avvocato, si tratta di garantire che la sua cliente «abbia un futuro assicurato».

     

    CULLA SCAMBIO 5 CULLA SCAMBIO 5

    DUE PROCEDIMENTI Attualmente, sono due i procedimenti giuridici in corso. Il primo è condotto dal pubblico ministero che si è costituito come difensore delle due minori nel processo di filiazione e per correggere i dati anagrafici. Il secondo è appunto quello su cui lavora l'avvocato Sáez-Morga per ottenere l'indennizzo di tre milioni alla sua cliente, ai sensi dell'art. 220.5 del Codice Penale.

     

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    La consigliera della Salute del governo riojano offre la «massima collaborazione con la giustizia» e garantisce che questa situazione «non possa tornare a verificarsi, perché i sistemi, allora, non erano così informatizzati come ora e sono cambiate le modalità di identificazione». Oggi, infatti, nell'identificazione di un neonato, l'orma sostituisce l'impronta digitale e in più si utilizza un campione di sangue del cordone ombelicale.

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