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    “LA MILANO SUSHI E COCA DI MISS KETA? PER ME NON C'È MAI STATA” - ROSA CHEMICAL SI RACCONTA: “SULLA LIBERTÀ DI VIVERE LA PROPRIA SESSUALITÀ A MILANO DIPENDE DAL CONTESTO E DAL QUARTIERE. IO DIFFICILMENTE ESCO DOVE SO CHE NON MI SENTIRÒ ACCETTATO. ANCHE SE ORA HO LE SPALLE LARGHE: I PREGIUDIZI NON MI TOCCANO” - “SONO SEMPRE STATO UN ARTISTA, ANCHE PRIMA DI ESSERE RICONOSCIUTO COME TALE. MA SE VEDEVO UN CHILO IN PIÙ ALLO SPECCHIO STAVO MALE"


     
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    Estratto dell’articolo di Giulia Taviani per milano.corriere.it

     

    Dietro Rosa Chemical ci sono tanti Manuel Franco Rocati, come è registrato all’anagrafe, e tutti sono degli artisti. Il primo disegnava graffiti, il secondo ha sfilato come modello per Gucci, il terzo invece è il cantante che abbiamo visto esibirsi sul palco di Sanremo con «Made in Italy». «Sono sempre stato un artista, anche prima di essere riconosciuto come tale - Rosa Chemical raggiunto dal Corriere al telefono -. Creativi si nasce, e poi ti affibbiano il termine artista solo perché sei diventato famoso».

     

    Ma perché «Rosa»? È un omaggio alla madre, che porta lo stesso nome. «Il rapporto tra noi è bellissimo, per me lei c’è sempre stata: è la mia prima supporter. Adesso purtroppo non la posso vedere spesso perché io sono a Milano e lei a Torino». Lo ha raccontato anche nel corso dell’evento organizzato qualche giorno fa a Milano da ScuolaZoo: in quell’occasione, davanti al pubblico di studenti, aveva svelato di aver avuto a lungo un rapporto travagliato con il suo corpo, risolto proprio grazie al sostegno materno.

     

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    «Se vedevo un chilo di più stavo male, non ho mai avuto una bella relazione con la mia immagine riflessa nello specchio. Ma il vero cambiamento è arrivato quando ho iniziato a volermi bene. E l’ho fatto grazie a mia mamma», ha dichiarato Rosa. «Ero un ragazzo difficile», aggiunge al telefono con il Corriere. «Nel paese dove sono cresciuto (Rivoli, in provincia di Torino, ndr) c’erano poche cose da fare. Trascorrevo le notti fuori a fare i graffiti e poi tornavo a casa con i primi treni del mattino. Mamma non mi ha mai giudicato, anche se ero un ragazzo abbastanza agitato. Mi è sempre stata a debita distanza. Mi diceva che la vita era la mia e le conseguenze le avrei dovute pagare io».

     

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    Rosa Chemical viene da una tradizione rock e metal, motivo per cui vederlo esibirsi sul palco distrugge le aspettative (soprattutto quelle negative) precedentemente costruite in testa: «La gente quando viene a un mio concerto è piena di pregiudizi. Mi hanno incasellato come artista urban e si aspettano un live rap. Io invece ho un altro bagaglio culturale, quindi la mia attitudine, il modo in cui mi comporto sul palco, arriva dal mondo rock. Lo show che creo insieme alla band non ha nulla a che vedere con il rap, e questo gasa la gente».

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    Tra gli artisti che ammira e con cui sognerebbe di duettare sbucano Cesare Cremonini («sono pazzo di lui»), Justin Bieber («è uno dei miei punti di riferimento») e Calcutta. Ma se potesse cantare, grazie all’intelligenza artificiale, con qualcuno del passato sceglierebbe Chester Bennington (frontman dei Linkin Park morto nel 2017) e Fred Buscaglione.  «Guarda che luna - inizia a cantare - guarda che mare. È la prima volta che canto per qualcuno al telefono (ride, ndr)».

     

    Rosa Chemical ha dichiarato la sua ammirazione per BudBunny, che vede come colui che ha ucciso il machismo nel reggaeton: «Parliamo di uno stile maschilista che oggettifica la donna. Lui, invece, la donna l’ha difesa, anzi si è schierato dalla sua parte. Nel penultimo disco si è vestito con abiti femminili e ha parlato di come le donne possano e debbano giustamente fare ciò che vogliono».  Quanto al rap italiano - che secondo BigMama, per citarne solo una, è ancora troppo razzista e omofobo, Rosa puntualizza: «C’è chi denuncia e chi invece continua a usare quei toni. La direzione pop è più “giusta”, nell’urban il procedimento è più lento, cambia se cambia la classe sociale di chi lo fa. Deve cambiare in primis la realtà in cui questi artisti vivono». Lo stesso principio vale per la scena musicale italiana.

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    Quando chiediamo a Rosa Chemical se è arte anche la musica dei rapper milanesi passati alle cronache per i loro rapporti con la giustizia (da Baby Gang a Simba La Rue passando per Blackbaby, arrestato a inizio anno per rapina e lesioni) risponde: «Dipende se uno utilizza la musica per denunciare una realtà, denunciare il posto da cui viene e tutto ciò che ne consegue, o se inneggia a quello. Io inneggio all’amore, alla libertà d’espressione, ovviamente non mi trovo d’accordo con quello che cantano».

     

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    Gli chiediamo un punto di vista anche su Milano. Miss Keta ha cantato quella "Sushi e coca", dal suo punto di vista la città è davvero così? «Per me no e non lo è mai stata - risponde - ma non frequento questi posti. Sulla libertà di vivere la propria sessualità invece, non possiamo fare di tutta l’erba un fascio. Essendo la capitale della moda è più avanti rispetto ad altre città in questo senso. Ma ci sono i pro e i contro, dipende dal contesto e dal quartiere. Ci sono dei luoghi in cui la libertà d’espressione o la libertà di vestirsi come ci pare è ancora limitata. Io difficilmente esco dove so che non mi sentirò accettato. Anche se ora ho le spalle larghe: i pregiudizi non mi toccano».

     

    Proprio a Milano Rosa Chemical ha aperto il tour invernale registrando tre sold out su quattro ai Magazzini Generali. Ricorda ancora la primissima volta che si è esibito davanti a un pubblico, a Torino: «Avevo 20 anni. Ero appena tornato da Londra per festeggiare il mio compleanno. Ho affittato un piano intero di una discoteca e ho cantato con dei veri cantanti insieme a me. È stato incredibile. Al tempo non ero ancora nessuno. Il rock? Forse se mi fossi spinto avrei potuto aggiustare la mia voce per fare quello. Ma non sempre quello che ascolti o che ami è quello che poi vuoi fare nella vita».

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