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    TRIPOLI E TRIBOLI - LA MINACCIA DI SERRAJ (“VALUTIAMO IL RILASCIO DEI MIGRANTI DAI CENTRI DI DETENZIONE”) PROVA A SCUOTERE L’ITALIA E LA DISTRATTISSIMA EUROPA - LA FRANCIA PRIMA HA SCONQUASSATO LA LIBIA, CON LA GUERRA VOLUTA DA SARKOZY CONTRO GHEDDAFI NEL 2011, E ORA VA CONTRO IL GOVERNO LEGITTIMO SOSTENENDO HAFTAR - NEL PAESE CI SONO 700 MILA DISPERATI PRONTI A…


     
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    1 - ECCO L' ULTIMO RICATTO DELLA LIBIA «CENTRI CHIUSI, LIBERI I MIGRANTI»

    Roberto Fabbri per “il Giornale”

     

    Non mi aiutate contro l' aggressione del generale Haftar, che bombarda Tripoli e cerca così di prendere il controllo dell' intera Libia? E allora io smetto di aiutare voi, forse allora vi accorgerete di quanto avete bisogno di Fayez el Serraj.

    CENTRO DI DETENZIONE IN LIBIA CENTRO DI DETENZIONE IN LIBIA

     

    C'è questo elementare ragionamento dietro l' annuncio del governo libico di salvezza nazionale, che informa i suoi «distratti» alleati occidentali di star valutando seriamente due ipotesi che dovrebbero molto preoccupare soprattutto noi italiani: da una parte aprire i cancelli dei circa venti centri di detenzione degli immigrati giunti illegalmente dall' Africa subsahariana, lasciandone liberi per le pericolose strade libiche circa 8mila, dall' altra di cessare anche le operazioni di pattugliamento in mare che la Marina di Tripoli effettua davanti alle proprie coste.

     

    strage migranti libia strage migranti libia

    Una specie di ricatto, che ha però a ben vedere più il senso di un appello finale e disperato: il sanguinario Haftar ci attacca in forze, uccidendo civili e massacrando anche gli immigrati detenuti senza alcuno scrupolo, e i Paesi occidentali che affermano di stare dalla nostra parte non fanno nulla per impedirlo.

     

    A questo punto, ragiona un Serraj con le spalle al muro dopo che già da mesi aveva segnalato la presenza in Libia di un numero enorme di potenziali migranti tra cui terroristi e delinquenti, non ci rimane che far capire a tutti loro quali sgraditissime conseguenze potrebbe avere questa inazione. Perché gli 8mila immigrati detenuti non sono che una piccola frazione delle centinaia di migliaia che si trovano sparsi in tutta la Libia in attesa di prendere il mare per arrivare prima in Italia e poi nel resto d' Europa, e se cesseranno i controlli delle motovedette al largo delle coste libiche è facile prevedere che l' invasione, fin qui a fatica contenuta, riprenderà in grande stile.

     

    strage migranti libia strage migranti libia

    Approfittando non solo del mare calmo della stagione estiva, ma forse anche di un altro tipo di clima, quello più permissivo verso gli sbarchi nei nostri porti che nonostante la forte volontà politica del ministro dell' Interno Matteo Salvini si va delineando nel nostro Paese.

     

    A far precipitare la situazione sono stati due episodi. Il primo è la strage di un centinaio di immigrati detenuti nel campo di Tajoura, morti in gran parte sotto le bombe sganciate dall' aviazione di Khalifa Haftar, ma in parte minore anche uccisi dai guardiani del centro di detenzione, che rispondono al governo di Tripoli e hanno sparato per impedirne l' evasione.

     

    strage migranti libia strage migranti libia

    Questo terribile massacro, oltre a sottolineare la situazione drammatica in cui si trovano gli africani giunti in Libia per tentare la traversata verso l'Europa, ha evidenziato l'impossibilità di Serraj di proteggerne almeno le vite, dando così al debole leader tripolino anche una sorta di pretesto umanitario per porre fine alla loro detenzione.

     

    Il secondo evento è invece di natura diplomatica: i recenti dibattiti alle Nazioni Unite hanno mostrato che non esiste un sostegno a quello che dovrebbe essere il governo legittimo di tutta la Libia, bensì un' ambigua equidistanza che riflette un' ormai ben nota realtà geopolitica.

     

    GOMMONE IN DIFFICOLTA' AL LARGO DELLA LIBIA GOMMONE IN DIFFICOLTA' AL LARGO DELLA LIBIA

    E cioè che Haftar può contare sull' appoggio di fatto di potenze come la Francia, la Russia, l'Egitto e gli Emirati Arabi, che ciascuna per le proprie ragioni hanno interesse a veder prevalere nella guerra civile libica l' uomo forte di Bengasi. A questi soggetti si è ormai aggiunto perfino il presidente americano Donald Trump, il cui spudorato voltafaccia ai danni di Serraj sembra spiegarsi con il promesso sostegno di Egitto ed Emirati al piano di pace di Trump per Israele. Ma i più danneggiati, inutile girarci intorno, siamo noi italiani.

     

    2 - IN 8MILA FUORI DALLE PRIGIONI, 700MILA IN TOTALE

    Fausto Biloslavo per “il Giornale”

     

    SOLDATI IN LIBIA SOLDATI IN LIBIA

    Il governo di Tripoli è pronto a spalancare le porte dei centri di detenzione liberando 8mila migranti, che vorranno venire tutti in Italia. Il problema vero è che rappresentano solo l' 1% dei quasi 700mila disperati in tutta la Libia, 110mila solo nell' area di Tripoli. E pure loro sognano l' Italia senza rendersi conto che è un miraggio e non l' Eldorado.

    I migranti sono diventati carne da cannone e propaganda nella guerra civile in Libia.

     

    al serraj haftar giuseppe conte al serraj haftar giuseppe conte

    «Annunciare la liberazione dei migranti, ma anche il bombardamento che ha colpito il centro di detenzione di Tajura servono per usare la loro pelle come arma di pressione soprattutto sull' Italia» spiega una fonte de il Giornale in prima linea a Tripoli. La dimenticata guerra civile in Libia riappare nello scontro politico nostrano solo quando si parla di migranti. Non a caso ieri uno dei generali di Haftar, neanche fosse un portavoce delle Ong, ha attaccato duramente «le politiche razziste» del ministro dell' Interno, Matteo Salvini sui migranti.

     

    haftar serraj haftar serraj

    L'obiettivo è politico: Salvini ha appena incontrato a Milano il premier libico Fayez el Serraj e appoggia a spada tratta il governo di Tripoli, a patto che fermi i migranti. La «boutade» di aprire i centri serve a ingraziarsi la comunità internazionale.

     

    Quelli rinchiusi nell' area di Tripoli, dove si combatte, sono oltre 3.400, secondo i dati dell' Oim, costola dell' Onu. I centri di detenzione monitorati dall' Organizzazione mondiale delle migrazioni (Oim) sono 26 disseminati soprattutto nella Libia occidentale. E non sempre nelle zone sotto il controllo del governo Serraj riconosciuto dall' Onu. Ieri il portavoce di Haftar ha annunciato che pure loro sarebbero disposti a far liberare i migranti. Anche se venissero rilasciati tutti e 8mila sarebbero sempre pochi rispetto alla grande massa presente nel Paese.

    SCONTRI IN LIBIA SCONTRI IN LIBIA

     

    Nella capitale incontri quotidianamente gruppetti di migranti in determinate piazze, sotto i cavalcavia o agli incroci principali, che cercano un ingaggio quotidiano dai libici per tirare avanti. A Tripoli sono 110mila, quasi tutti liberi. In gran parte si tratta di maschi adulti provenienti dal Niger, Egitto, Ciad, Sudan, Camerun. Tutte nazionalità, a parte singoli casi, che difficilmente possono aspirare ad ottenere l' asilo politico o la protezione umanitaria in Italia. Secondo i censimenti Onu le donne, più vulnerabili a vessazioni sessuali, sono il 13% e i minori il 9%.

     

    E poi ci sono almeno 5mila migranti, ma altre fonti raddoppiano questo numero, nei centri illegali gestiti da milizie senza scrupoli o direttamente dai trafficanti di uomini. Questi sono i peggiori gironi dell' inferno libico dove i prigionieri vengono picchiati in diretta telefonica con i familiari per ottenere più soldi oppure torturati o bruciati vivi.

    MANIFESTAZIONE IN LIBIA MANIFESTAZIONE IN LIBIA

     

    L'Onu ha registrato in Libia 666.717 migranti, ma nel 2019 è riuscito a rimpatriare appena 4.829 persone. La stragrande maggioranza dei detenuti nei centri governativi piuttosto che rimanere rinchiuso vorrebbe tornare subito a casa. Il fronte del mare, per ora, registra appena 2160 migranti sbarcati in Italia. E la Guardia costiera libica ha riportato indietro quasi 3mila persone partite sui gommoni dall' inizio dell' anno. Un' altra emergenza provocata dal conflitto è il dato Onu di 172mila sfollati libici, in gran parte provocati dalla battaglia di Tripoli scoppiata in aprile. Per ora sono rari quelli che se ne vanno via mare, ma se la guerra continuerà a lungo inasprendosi potrebbero fuggire in massa e avrebbero tutti diritto all' asilo.

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