stefano folli
Stefano Folli per “la Repubblica”
In apparenza lo scenario politico è votato all'immobilismo, almeno per tutta l'estate, ma in realtà si avvertono vari scricchiolii. Certo, sappiamo che non esiste, sempre in apparenza, un'alternativa al governo Conte, o meglio alla persona del presidente del Consiglio.
GIUSEPPE CONTE - SILVIA ROMANO CON I GENITORI - LUIGI DI MAIO
Ma l'Italia non è la Germania, dove per aprire una crisi serve la sfiducia costruttiva: da noi i governi sono spesso caduti senza che fossero chiare le idee sul dopo. O almeno senza che tutte le carte fossero sul tavolo: le persone e gli assetti si sono individuati strada facendo.
Detto questo, è evidente che Giuseppe Conte, abile navigatore, ha bisogno di tre condizioni per non inciampare. Primo, che continui a reggere, pur fra dubbi e incertezze, la maggioranza Pd-5S.
GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO
Secondo, che si prolunghi il più possibile la scia del consenso goduto nei mesi della pandemia presso un pubblico in cerca di protezione: ora che usciamo dall'emergenza, i sondaggi fotografano il calo inesorabile di quella popolarità; quel che resta è peraltro sufficiente per le ambizioni del premier.
Terzo, che si realizzi la prospettiva migliore e non quella peggiore in merito alla ripresa economica. Il presidente della Confindustria, nell'intervista di ieri a Repubblica, ha dato voce alle inquietudini del mondo produttivo e ha rovesciato sui politici una grave accusa di inefficienza. Si capisce che si sta giocando anche una partita per la gestione dei fondi europei. Vale a dire scelte di spesa, investimenti, programmi a medio termine.
GIUSEPPE CONTE ANGELA MERKEL
Il presidente del Consiglio sa che le risorse del Recovery fund non arriveranno prima di alcuni mesi, quando potrebbe essere tardi. C'è bisogno di un ponte tra le difficoltà dell'oggi e un futuro che ci si augura meno cupo. Quel ponte è soprattutto il Mes (il fondo salva-Stati), a cui pressoché inevitabilmente l'Italia dovrà far ricorso in tempi brevi.
E qui può emergere tutta la fragilità nonché la scarsa affidabilità della coalizione che governa il Paese. È un punto di cui sembrano consapevoli gli stessi esponenti del Pd, da Zingaretti al ministro Gualtieri, quando chiedono un clima di collaborazione fra tutte le forze politiche.
GIUSEPPE CONTE URSULA VON DER LEYEN
Una specie di "patto parlamentare" ad ampio spettro cui dovrebbe collegarsi un "patto sociale" con le organizzazioni dell'industria e del lavoro. Non un accordo per un esecutivo di salute pubblica, bensì un'intesa di buone intenzioni.
Dentro tale cornice - pensano gli ottimisti - sarebbero arginate le polemiche sui soldi che non arrivano alle piccole imprese, premessa di un'estate drammatica. E sarebbe possibile immaginare un atterraggio morbido del Mes sui conti statali.
Il problema è che il disegno è troppo complesso per affidarne la realizzazione all'attuale premier e a una maggioranza giallo-rossa nella quale il peso del M5S è condizionante, in coerenza con il voto del 2018.
ursula von der leyen incontra giuseppe conte a palazzo chigi 5
Le perplessità sul quadro politico sono diffuse presso gli ambienti europei, gli stessi che dovranno elargire prima il Mes e in seguito il "recovery". Sul piano diplomatico le riserve non sono espresse in modo esplicito per ovvie ragioni. Ma basta ascoltare cosa si dice nei centri finanziari che dovranno investire nel nostro Paese per avere un quadro più realistico. Ecco dunque gli scricchiolii.
La miscela fra il temuto sconquasso sociale e la tempistica della risposta europea è ancora da definire. Lì si decide anche chi governerà a Roma.