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    LA MODA NON SI FERMA, ANZI SI REINVENTA IN FUNZIONE DELL’EMERGENZA CORONAVIRUS: C’È CHI PRIMA PRODUCEVA ABITI DA SPOSA CHE ORA CUCE MASCHERINE PER I RESIDENTI DEL SUO QUARTIERE DI MILANO E CHI HA RICONVERTITO L’INTERA PRODUZIONE INDUSTRIALE PER REALIZZARE PIÙ PEZZI POSSIBILI DA INVIARE AGLI OSPEDALI – E IL GRUPPO FRANCESE LVMH ANNUNCIA CHE DEDICHERÀ IN FRANCIA LA SUA UNITÀ PROFUMI E COSMETICI ALLA PRODUZIONE ESCLUSIVA DI GEL DISINFETTANTE…


     
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    Veronica Timperi per “il Messaggero”

     

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    La moda non si ferma e si reinventa in nome dell'emergenza Covid-19. Le linee di produzione delle aziende del tessile e della moda Made in Italy vanno in prima linea nella realizzazione di mascherine e camici monouso, ma anche del famoso, e ormai introvabile, gel disinfettante per mani. Il Belpaese mostra così la sua faccia migliore, quella dinamica, caparbia e solidale.

     

    La crisi innescata dal virus ha spinto il viceministro dell'Economia, Antonio Misiani, ad affermare che bisogna ripensare la «politica industriale e la filiera produttiva, arginando il fenomeno delle esternalizzazioni». E la moda ha reagito subito con ingegno, rispondendo da Nord a Sud alla carenza di mascherine con produzioni ex novo.

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    IL DESIGNER

    «Dopo la chiusura della mia sartoria - spiega lo stilista di abiti da sposa e couture Peter Langner, tedesco ma milanese di adozione - sono andato in farmacia e la signora prima di me discuteva con il farmacista perché le mascherine erano esaurite. Neanche lui ne aveva per i suoi dipendenti.

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    La signora anziana è uscita, delusa e preoccupata. Io il giorno dopo mi sono messo all'opera: ho utilizzato il mannequin con il viso per studiare la forma, un doppio strato di tela di cotone, gli avanzi di mikado di seta per schermare il più possibile e due elastici». Il prezioso tessuto usato per queste mascherine è lo stesso utilizzato per realizzare i suoi abiti da sposa, apprezzati in tutto il mondo, e il designer ne sta producendo in gran quantità per distribuirle ai residenti del suo quartiere, nella zona sud di Milano.

     

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    C'è anche chi, però, ha riconvertito l'intera produzione. Il gruppo tessile di Alba, Miroglio, rispondendo all'appello della Regione Piemonte ha avviato la produzione di mascherine. I prototipi sono stati giudicati idonei dall'unità di crisi di Torino e, nelle prossime due settimane, l'azienda dovrebbe realizzarne circa 600 mila pezzi. Sulla stessa scia anche Waycap, società veneta specializzata in accessori moda come guanti, sciarpe e borse.

     

    «L'idea innovativa è il sistema di solidarietà circolare che si propone di risolvere più problemi contemporaneamente - dice l'ad Manuel Faleschini - andare incontro alla domanda urgente di mascherine, dar lavoro a tante piccole e medie aziende produttrici italiane di eccellenza ora in sofferenza, valorizzare le materie prime ferme nei magazzini dei produttori».

     

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    FIBRA D'ARGENTO

    Nel mantovano e nel bergamasco, due zone dove si concentrano diverse aziende tessili e anche tra le più colpite dal coronavirus, anche le realtà locali si danno da fare e creano proprie versioni delle mascherine. L'Artemisia di Castel Goffredo (Mantova), che in genere si occupa di abbigliamento tecnico, sta producendo modelli con gli stessi filati come quelli in fibra d'argento.

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    Ogni giorno riescono a realizzare 10 mila mascherine, destinate all'Ospedale di Mantova e alle farmacie della zona. L'azienda bergamasca Santini in tempo di pace produce abbigliamento tecnico per il ciclismo, mentre ora sta tendendo la mano alla sua comunità mettendo sul mercato circa 4 mila mascherine. In Abruzzo, ad Oricola, dal cotone pregiato delle camicie firmate Lamura nascono ogni giorno 2 mila pezzi distribuiti in tutto il centro Italia.

     

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    A Miranda, comune in provincia di Isernia, è Modaimpresa a riconvertire la produzione dedicandosi alle mascherine protettive con filtro. L'azienda molisana di abbigliamento garantirà al sistema 10 mila mascherine al giorno, con numeri in continua crescita, distribuite in lotti di 500 pezzi ciascuno. L'intera produzione sarà realizzata da 75 sarte, tra interni e indotto locale, e utilizzerà cotone lavabile con un filtro interno estraibile e riutilizzabile dopo essere stato disinfettato.

     

    IL TRENCH DELLA GUERRA

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    Non solo mascherine però. La sartoria sociale del Museo Tessile di Chieri, nel torinese, ha risposto alla chiamata di Confindustria Moda, e produrrà gratuitamente dei camici per medici e infermieri degli ospedali. Fuori dai confini nazionali, invece, le aziende cosmetiche bloccano la produzione di fragranze per darsi a una loro versione dell'Amuchina.

     

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    Il gruppo francese Lvmh, quello di Louis Vuitton, Dior e Fendi, ha annunciato già da alcuni giorni che dedicherà in Francia la sua unità profumi e cosmetici a produrre esclusivamente il gel disinfettante da distribuire in tutto il territorio francese. L'imperativo oggi è cambiare in modo rapido, in virtù delle necessità, e adattarsi ai tempi. Qualcosa che nel mondo della moda, quando è successo, come ad esempio durante le due guerre mondiali, ha dato i suoi frutti. Si pensi al trench, un tempo capo per militari oggi icona fashion intramontabile.

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