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    LA MOGLIE DELL’EMIRO, L’AZERA E GOGA: LE “MECENATESSE” A CUI L’ITALIA SI INCHINA


     
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    Fabiana Giacomotti per "Il Foglio"

    Negli anni del suo soggiorno parigino, si è tornati a parlarne ora per via di un libro che mette "L'origine du monde" di Gustave Courbet fra le fonti di riferimento del gusto pornografico occidentale, Khalil Bey, il diplomatico turco che pare l'avesse ordinato al pittore e che certamente lo possedeva insieme con altri dipinti dello stesso stile, venne cantato da una schiera infinita di scrittori, saggisti, musicisti.

    Leila AliyevaLeila Aliyeva

    Ricchissimo, non attraente ma come tale presentato e corteggiato, sognava di trasformare l'impero ottomano in una federazione, tenendo così a bada le mire dello zar, e a questo, insieme all'inopinata passione per le arti figurative e per il gioco delle carte, dedicò tutta la sua non lunghissima vita.

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    A Vienna aveva ospitato Jacques Offenbach, il compositore del can-can; nella capitale francese offriva languide e sontuose serate di cui il narghilé era l'elemento centrale. Troppo sontuose, evidentemente. Il 16 gennaio 1868, tutti i suoi beni andarono all'asta: gli Ingres, i Delacroix, il Courbet. La corte di artisti e faccendieri, che l'aveva spolpato fino all'osso, era sparita già da un po'. Gli era rimasto vicino solo l'orientalista massimo dell'epoca, Théophile Gauthier, già presidente della Société Nationale des Beaux Arts, che scrisse la prefazione al catalogo di vendita all'incanto della "prima importante collezione di un figlio dell'Islam". Quando il Bey morì, circa dieci anni dopo, nessuno si ricordava più di quanto fosse stato bello.

    Mozah Bint Nasser al Missned, moglie dell'emiro del Qatar, e Mehriban Aliyeva, first lady dell'Azerbaigian, sono invece e senza ombra di dubbio due bellissime signore. Levigate, luminose come solo la cura assidua della propria persona può garantire, e meglio ancora vestite e calzate (della seconda, in particolare, si favoleggia una grande passione per le scarpe).

    Ma mai ci sembrerebbero più belle di adesso che, dalla poltrona presidenziale delle principali fondazioni culturali e di formazione dei rispettivi paesi, e cioè accomodate come meglio non si potrebbe sulle nuvole di gas naturale e sui fiumi di petrolio del loro sottosuolo, estendono la propria influenza in ogni campo. Musei e concerti, certamente, ma anche scuole, università, moda, stile, grandi magazzini. Splendide, sono splendide, non si potrebbero definire altrimenti e infatti così le si racconta anche nei blog, scritti da ragazzine che potrebbero essere loro figlie: "beautiful and fierce", belle e fiere. Dei modelli per tutte.

    FIRST LADY MEHRIBAN ALIYEVAFIRST LADY MEHRIBAN ALIYEVA

    E come potrebbe essere altrimenti quando in un solo anno puoi permetterti di acquistare non un abito di Valentino, ma l'intera maison Valentino e tutte le attività di Harrods, palazzone vittoriano a meringa compreso? Entrambe le operazioni portano il sigillo di Mozah, e per quanto riguarda l'Azerbaigian, sebbene il presidente Ilham Aliyev e la first lady non possiedano direttamente e per legge alcuna attività imprenditoriale, di certo sono possidenti e manager favolosamente attivi e ricchi i loro figli, a cui la normativa non si applica, fra cui il teenager Heydar di cui il Washington Post elencava di recente le proprietà a Dubai.

    Lapo Elkann GogaLapo Elkann Goga

    Insomma, di nessuna delle due signore si può stabilire il potere con precisione contabile, benché Forbes abbia posizionato la prima al settantanovesimo posto fra le cento donne più influenti del mondo, e la seconda fra le più ricche in assoluto: di certo, si sa solo che una delle figlie minori della sheikha Mozah, Mayassa al Thani, trent'anni, laureata alla Duke University, dispone di un budget di duecentocinquanta milioni di dollari, all'anno si intende, per finanziare le attività della Qatar Museums Authority che gestisce da tempo e che la rendono, da sotto il hijab modesto, amatissima, ricercatissima, vezzeggiatissima.

    Schiere di artisticuratori-imprenditori-cavalieri serventi di ogni risma perché ce ne sono ancora e anzi sempre di più, sarebbero pronti a gettarsi ai suoi piedi, a immortalarla in ritratti, foto, commedie e articoli, a farne la loro nuova Coré come Gabriele D'Annunzio con la ricca Luisa Casati, non fosse che malauguratamente, essendo appunto Mayassa di fede islamica, non gradisce molto la ritrattistica, applicata a se stessa in particolare.

    Potrebbe anche irritarsi parecchio di essere paragonata al "più bel serpente del paradiso terrestre", che è quanto scrisse Jean Cocteau dell'eccentrica ereditiera milanese, all'epoca ancora sposata con il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino e provvista di beni a sufficienza da affittare l'intera piazza San Marco per organizzarvi una festa in costume e che è quanto, di recente, qualcuno avrebbe offerto volentieri agli Aliyev non avessero piuttosto questi ultimi puntato gli occhi su palazzo Ducale e peccato che poi non se ne sia fatto niente.

    Con queste bellissime signore bisogna stare attenti, ma ci sono momenti storici in cui paesi carichi di gloria e di bellezze terrene ma privi di liquidità appaiono molto disponibili a chi li approcci con un libretto degli assegni in bianco, e questo, per l'Italia come per la Spagna e la Grecia e come la Francia negli anni precedenti alla Commune e forse anche adesso, è esattamente uno di quei momenti.

    AZERBAIGIAN FIRST LADY MEHRIBAN ALIYEVA ORNELLA MUTIAZERBAIGIAN FIRST LADY MEHRIBAN ALIYEVA ORNELLA MUTI

    Perché uno di quegli assegni si riempia della cifra che serve a finanziare i nostri sogni siamo pronti praticamente a tutto. A venderci o anche a svenderci, esattamente come osservava tre secoli fa Rica delle "Lettere persiane" di Montesquieu valutando gli effetti della crisi finanziaria seguita alla politica economica di Luigi XIV "da straniero" ("questo re è un vero mago. Gli si è visto finanziare delle guerre senza poter contare su altri fondi che le patenti di nobiltà e sui prodigi della vanità umana").

    Per questo, quando nel pomeriggio dell'8 aprile scorso una mail originata da un indirizzo anodino ha annullato e rinviato a data da destinarsi il concerto di musica "classica e tradizionale azerbaigiana" previsto al teatro Comunale di Firenze per il 15 aprile, molti imprenditori italiani e svariate presidenti di associazioni benefiche hanno avuto un moto di disappunto. Era un'altra occasione sfumata per presentarsi, allungare il biglietto da visita, farsi vedere, procurarsi una nuova patente o per meglio dire una nuova prebenda. Il concerto, come ovvio, non destava alcun interesse.

    briatore gogabriatore goga

    Per di più vi avevano già assistito quasi tutti lo scorso novembre all'Auditorium di Roma, applaudendo con entusiasmo i bambini in abiti tradizionali che pizzicavano il tar e agitavano il tamburello emettendo in varie modulazioni lo stesso suono nasale per un tempo inverosimile. Erano comunque pronti a prenotare un alberghetto sull'Arno per poterlo fare di nuovo.

    Purché, stavolta, fosse appunto garantita la presenza della first lady azera e del suo entourage; a Roma, infatti, erano stati gelati, già tutti seduti e col cappotto consegnato al guardaroba, da un addetto dell'ambasciata che con voce stentorea aveva annunciato la partenza improvvisa di madame e passato le consegne e i convenevoli a un esponente del governo di Baku che aveva preso la parola tenendola saldamente per quaranta minuti (erano seguiti i bambini e diverse fantasiose versioni della canzone partenopea in nome della fratellanza).

    MOZA BINT NASSER MOGLIE DELL'EMIRO DEL QATARMOZA BINT NASSER MOGLIE DELL'EMIRO DEL QATAR

    L'occasione di contatto, insomma, era naufragata in un turbinio di danze, e non tutti avevano ricevuto l'invito successivo, per la serata di inaugurazione della mostra di arte contemporanea "Fly to Baku" al Maxxi, avallata dal nuovo direttore Giovanna Melandri con lo strascico di polemiche di cui si sa ma di cui forse non si sa abbastanza, considerando che per la stessa mostra erano stati presi in considerazione i Musei Civici di Venezia, retti da Gabriella Belli di cui però, oltre alla tenacia, si riconosce anche il rigore, e una serie di altre opportunità destinate a promuovere l'arte azera contemporanea di cui un membro della famiglia presidenziale è esponente di spicco: tutte ugualmente prestigiose e, come si dice in questi casi, tutte invariabilmente attaccate alla canna del gas benché e purtroppo non a quello azerbaigiano.

    Emiro del Qatar con moglieEmiro del Qatar con moglie

    Il problema, infatti, è sempre lo stesso. Il denaro. Il fatto è che Melandri avrà pure disatteso al suo stesso programma e dato prova di mancanza di tono e di gusto, ma nella sua situazione si trova chiunque cerchi fondi per una qualunque iniziativa, e non certo solo nel settore culturale.

    Per offrire aragosta e arte d'avanguardia bisogna avere non solo idee e preparazione, in questo caso certamente latitanti perché un adattamento, una variazione, una crasi fra stili e culture si sarebbe anche potuta cercare senza accettare quel "volo" a schianto su Baku e organizzare un'esposizione agli onori del mondo (ci è riuscito come al solito il Vaticano, facendosi finanziare in cambio di una mostra di manufatti azeri antichi e di un pubblicizzatissimo "incontro fra culture e religioni" il restauro delle catacombe di San Marcellino e Pietro sulla Casilina: da parte di uno stato musulmano sciita francamente un capolavoro), ma anche fondi, cioè soldi e tanti. In caso contrario, ci si deve rassegnare a pizza al trancio, mortadella e talvolta pure brutti quadri.

    Sonia RauleSonia Raule

    Lo scorso novembre, le elezioni erano di là da venire e Mario Monti non si era ancora affidato a quegli sciagurati comunicatori che ne hanno distorto perfino l'espressione per tutta la durata della campagna elettorale, l'Auditorium schierava per le nenie azerbaigiane imprenditori del petrolifero, dell'immobiliare e della moda (a quasi ottantanove anni, Renato Balestra si imbarca tuttora relativamente spesso per Baku, con modelle e abiti al seguito, che è il motivo per cui figurava anche fra gli invitati della mostra melandrina con il suo codazzo di formose signore in blu elettrico, il suo colore prediletto e che sta malissimo a tutte).

    Nel foyer, le espressioni di ammirazione erano però tutte rivolte al cardinale Gianfranco Ravasi, che il giorno precedente aveva messo a segno l'operazione-catacombe inaugurando la mostra di oggettini e manoscritti azeri in Vaticano con la first lady Aliyeva ossequiosa e riconoscente al fianco. Potere contro potere, che è buona regola da osservare anche quando ci si riempie la bocca con il fund raising senza averlo mai praticato davvero e in totale autonomia di mezzi e di appoggi, cioè senza un partito a fare da leva e ad assicurare la riuscita.

    yunisayunisa

    Anche oggi che il mecenatismo si accetta per cause di forza maggiore extra moenia e che i Giuliano de' Medici stentano a palesarsi spesso per timore del fisco (i contributi minimi alle cene di beneficenza milanesi sono scesi in media a cinquecento euro a tavolo per non provocare ansie e immediati dinieghi fra i possibili sostenitori, sempre le stesse quaranta-cinquanta persone comunque), le regole continuano a essere le stesse praticate ovunque, in ogni tempo e in ogni luogo: potere cerca potere, denaro cerca denaro, o bellezza, o esibizione di entrambi.

    Quindi: se e in caso si fosse sprovvisti di tutto, affidarsi a chi ne possiede in luogo di moneta di scambio, che è il motivo per cui le fondazioni meglio gestite hanno ai loro vertici signori dal doppio o triplo cognome: non sono lì per dare lustro, ma per favorire il flusso di denaro grazie ai contatti che vantano da generazioni e all'uso sapiente di mondo.

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    "Nessuno ricorderebbe il Buon Samaritano se avesse avuto solo buone intenzioni. Aveva anche nome e soldi", diceva Margaret Thatcher, che aveva un certo fiuto per scovare i quattrini dove si trovavano e attirarli, ed è infatti anche grazie a lei se Londra è tuttora la prima piazza finanziaria mondiale a dispetto di quanto abbia twittato Romano Prodi alla notizia della sua morte.

    Tutte le belle signore a cui l'Italia si inchina come uno stuolo di lacché trascorre a Londra molto tempo. Una, in particolare. Goga Ashkenazi, la kazaka dagli zigomi altissimi e il profilo esilissimo che, complice una famiglia molto vicina all'ex presidente Michail Gorbaciov e una serie di altri incontri al tempo stesso galanti e fortunati su cui si favoleggia molto come gli abitanti di Bristol con la principessa Caraboo, ha costruito un impero di gasdotti, petrolio (queste signore del mecenatismo Terzo millennio fanno letteralmente scomparire la Liz Taylor del "Gigante" col suo ridicolo Stetson) e, da poco, moda.

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    Rilevata la storica maison Vionnet da Matteo Marzotto qualche mese prima che il fisco aprisse un'inchiesta per presunta evasione di 71 milioni da parte del gruppo veneto, Goga Ashkenazi ha trovato un appartamento nello stesso stabile in cui Clara Maffei teneva salotto ai risorgimentali, e tiene a bada le milanesi scatenatissime che vorrebbero assicurarsene i favori.

    Qualche mese fa una di loro si vide sfuggire l'opportunità di farsi sponsorizzare dalla sheikha Mozah il festival musicale che dirige per uno sciocco puntiglio sulla qualità della musica qatara, e i soldi andarono in Germania.

    Nessuna vuole ripetere lo stesso errore. Il problema è trovare spazi, tempi e modi all'altezza di queste bellissime signore abituate al meglio. Per il Salone del Mobile, Goga è stata convinta per esempio a sostenere la nuova esposizione di Nacho Carbonell, che qualche anno fa portò il suo design visionario, tutto un riciclo e un groviglio di punte acuminate e una scomodità infinita, nel palazzo di Gianfranco Ferré ora abbandonato e vuoto.

    Ma si è trattato di una piccola cosa, un voler esserci tanto per e senza conseguenze. Presto bisognerà trovare idee nuove. Perché i tempi di Khalil Bey sono definitivamente tramontati. Come scriveva Dino Buzzati a margine del suo "Ritratto del califfo Mash Er Rum e delle sue venti mogli", dipinto nel 1958 e adesso raccolto con tutte le altre opere e i relativi raccontini da Rizzoli, "il principe dei credenti era così strettamente vegetariano che le numerose mogli, per invogliarlo, fingevano d'essere chi una carota, chi un sedano, chi un cavolfiore e così via; sennonché, preso dall'amoroso inganno, di quando in quando egli per distrazione le mangiava".

     

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