Giuseppe Guastella per il “Corriere della Sera”
maltrattamenti in famiglia
Quindici anni di maltrattamenti, botte, umiliazioni e soprusi, vittime di un marito e padre padrone spinto dalla necessità di riaffermare le regole della mafia di fronte alla famiglia e al clan. Succede nel profondo Nord dove, per sottrarle alle vessazioni, madre e figlia per la prima volta sono state sottoposte a un programma di protezione in una località segreta come accade per i testimoni di giustizia.
La coppia si conosce a fine anni 90 a Busto Arsizio. Lei ha un passato di dipendenza dalla droga e precedenti per spaccio, lui ha da poco lasciato la Sicilia. Nel 2002 si trasferiscono a Gela dove un anno dopo si sposano. L' indole violenta dell' uomo non tarda a venire a galla. Chiusa a chiave in casa, picchiata selvaggiamente solo perché osa ricevere una raccomandata dal postino, le è permesso di uscire solo con la suocera o la cognata che riferiscono al marito e che approvano senza fiatare se lui la picchia.
maltrattamenti
Una vita d' inferno che la «straniera» (come la chiamavano) dalla mentalità troppo aperta spera finisca quando nel 2007 tornano al Nord dove l' uomo va a curare gli interessi della cosca gelese, che gli costeranno a Milano dieci anni di carcere per associazione mafiosa, estorsioni e fatti di droga. Madre e figlia, (oggi hanno 44 e 13 anni) devono subire ancora la violenza del marito e padre. Una volta la donna si permette di salutare un vecchio compagno di scuola incontrato per caso.
«Prima se l' è presa con lui e a casa mi ha picchiato davanti a nostra figlia lanciandomi una bottiglia di vetro che mi ha colpito al collo e si è rotta», dichiara alla Procura dei minori, guidata da Ciro Cascone, e alla Dda milanese, diretta da Alessandra Dolci.
Lui può fare ciò che vuole, avere amanti e infischiarsene della famiglia che spesso non ha da mangiare. Anche la bambina è controllata, perfino in ciò che posta in Rete.
VIOLENZA DOMESTICA
Quando l' uomo entra in carcere nel 2010 per scontare la pena, la moglie si augura che il calvario sia finito. Si sbaglia. Deve scrivergli tutti i giorni e i familiari di lui, che vivono a Busto Arsizio, devono sorvegliarla. Una cappa di oppressione che incide sulla bambina, la quale fa la bulla con i compagni di scuola e dice di dormire con un coltello sotto il cuscino perché ha paura.
VIOLENZA DOMESTICA1
«Mi considera una sua proprietà, non mi ama» dichiara la donna quando trova il coraggio di ribellarsi perché, avvicinandosi la scarcerazione, ha il terrore di essere uccisa dato che negli ultimi tempi ha disobbedito agli ordini. A verbalizzare le sue dichiarazioni sono i pm dei minori Annamaria Fiorillo e della Dda Alessandra Cerreti, che ha lavorato in Calabria in processi su donne uccise dalla 'ndrangheta in cui è stato stabilito che c' è un metodo mafioso anche nel maltrattare i familiari che non vogliono arrendersi alle regole anacronistiche delle cosche. Le stesse, se non peggiori, imposte dai più beceri integralisti islamici. È la responsabile di una associazione che aiuta i soggetti maltrattati a convincerla di fidarsi dello Stato.
MALTRATTAMENTI E VIOLENZE
I magistrati iscrivono l' uomo, sua madre e due sorelle nel registro degli indagati per maltrattamenti in famiglia aggravati dal metodo mafioso e riescono a inserire le due vittime in un programma di protezione in una località segreta organizzato con la Direzione nazionale antimafia, il Tribunale per i minorenni e l' associazione Libera. Misura che si rivela subito indispensabile perché, appena uscito, l' uomo si mette alla ricerca, minaccia gli assistenti sociali e riesce a individuare il rifugio. Madre e figlia vengono immediatamente trasferite.