"L'amaca" di Michele Serra per "la Repubblica"
michele serra
Se la guerra in Ucraina è una fiction, come dice Carlo Freccero, bisognerà informarne le vittime civili e militari, così si rialzano in piedi e tornano a casa, a preparare la cena e accarezzare i bambini.
Se invece non è una fiction, ma un massacro al quale assistiamo (come a tante altre cose) da spettatori impotenti e nauseati, allora i morti rimangono a terra, nella loro pozza di sangue e di silenzio, e le parole dei vivi diventano più pesanti e soprattutto più inopportune.
CARLO FRECCERO
Penso che Freccero parli per deformazione professionale. Lui e la fiction sono la stessa cosa. Lavora in televisione da una vita intera, praticamente è un Pippo Baudo in versione Rive Gauche, nella società dello spettacolo galleggia come il raviolo nel suo brodo.
E poi ha letto Guy Debord e La società dello spettacolo, libro di una importanza decisiva e di una noia mortale (molti intellettuali francesi, non saprei spiegare perché, sono noiosi in proporzione alla loro importanza).
Di qui il suo comprensibile alibi: non è in condizione di credere nella carne, nel sangue, nei morti per strada. Sono cose troppo semplici. La morte, banalissima, azzera la densità intellettuale.
Mi sentirei di escludere che i protagonisti della guerra in Ucraina, tanto gli aggressori quanto gli aggrediti, abbiano letto Guy Debord. E sappiano, dunque, che i loro corpi sono spettacolo, la loro sorte frutto di alienazione. Gli intellettuali sono molto utili, come gli idraulici, le astronaute, i parrucchieri e le insegnanti. Ma capita di cogliere, in quello che dicono, un'astrattezza che mette freddo nelle ossa.
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