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    LA MORTE NON HA ATTENUANTI - NELLE SENTENZE SUI CASI DI FEMMINICIDIO ANCORA SI LEGGE CHE L’AUTORE DEL CRIMINE ERA MOSSO DA UNA “GELOSIA MORBOSA” (COME SE QUESTA POTESSE ESSERE UN’ATTENUANTE) - NEI TRIBUNALI RESISTONO PREGIUDIZI E STEREOTIPI: LE VITTIME VENGONO UCCISE NON DA LUCIDI ASSASSINI, MA DA MASCHI "ACCECATI" DALLA RABBIA, DA UN SENTIMENTO DI POSSESSO O IN REAZIONE A UN LORO COMPORTAMENTO…


     
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    Maria Novella De Luca per "la Repubblica"

     

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    Una bara bianca e un cuscino di roselline rosa. Roberta Siragusa, 17 anni, è stata sepolta così, nel cimitero di Caccamo, in Sicilia. Pietro Morreale, 19 anni, il suo assassino, è in carcere. Nell' ordinanza che ha portato all' arresto di questo giovanissimo e spietato killer, c' è scritto più volte che sarebbe stato mosso "da una fortissima gelosia". E per gelosia dunque Morreale l' avrebbe bruciata viva e buttato il suo corpo in una scarpata quella gelida notte tra il 24 e il 25 gennaio.

     

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    Parole che pesano. Soprattutto se scritte in un atto giudiziario che costituirà poi l' ossatura di tutta la vicenda processuale di questo femminicidio. Come se la gelosia, parola che in questo inizio del 2021 già insanguinato dall' omicidio di cinque donne da parte dei loro partner o ex, viene citata dietro ognuna di queste vite spezzate, potesse costituire un movente, o addirittura un' attenuante per gli autori di questi delitti. Perché "gelosia" (spesso seguita da aggettivi come incontenibile, morbosa, patologica) è una parola- spia di quanto nelle nostre aule dei tribunali, resistano pregiudizi e stereotipi contro le donne. Uccise non da lucidi killer, ma da maschi "accecati" ora dalla gelosia, ora dalla rabbia, in re-azione a un loro comportamento: una separazione, una nuova relazione.

     

    «La nostra cultura è intrisa di sessismo e anche una parte della giustizia, di conseguenza, lo è», denuncia Paola Di Nicola, magistrata, che a questo disvelamento ha dedicato un libro fondamentale, "La mia parola contro la sua". «IL pregiudizio contro le donne porta spesso i giudici ad attenuare le condanne perché la violenza viene letta non come pura sopraffazione, ma come reazione a un comportamento della vittima.

    Il famoso "raptus" ad esempio. O l' impulso sessuale. Uno studio del Ministero della Giustizia rileva che nel 70% delle sentenze dei femminicidi vengono concesse le attenuanti, è davvero un dato che fa riflettere ».

     

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    Infatti. Nella lotta che sembra a volte perduta contro la violenza maschile, analizzare cosa accade nei tribunali è diventato, oggi, un punto centrale. Può aiutarci a capire la resistenza delle donne italiane nel denunciare. Secondo il report della Polizia di Stato "Questo non è amore" del 2019 nel nostro paese ogni giorno 88 donne sono vittime di violenza. Ma di questa persecuzione soltanto poco più del 10% dei casi si trasforma in una denuncia». La commissione d' inchiesta sul femminicidio del Senato sta ultimando un' indagine su oltre 200 sentenze per comprendere le cause dei femminicidi.

     

    E sono recentissimi i dati di una ricerca dell' università della Tuscia, in collaborazione con "Differenza Donna" che ha dimostrato come nella rappresentazione giuridica della violenza di genere ci siano tre "pregiudizi" ricorrenti: la lite familiare, la gelosia e il raptus. Per spiegare in che cosa consista il sessismo giudiziario, Paola Di Nicola fa l' esempio di alcune sentenze. La prima riguarda un femminicidio avvenuto a Genova nel 2018, in una coppia dell' Ecuador.

    paola di nicola paola di nicola

     

    La difesa afferma che l' uomo non avrebbe "agito sotto la spinta di un moto di gelosia fine a sé stesso, ma come reazione al comportamento della donna, che l' ha illuso e disilluso nello stesso tempo, con la promessa di un futuro insieme. Tale contesto, giustifica, la concessione delle attenuanti generiche". Dunque, in sostanza, sottolinea Paola Di Nicola, "questo femminicidio è stato in un certo senso provocato dalla vittima stessa". E' incredibile ma è così.

     

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    Un secondo caso riguarda il processo a due stupratori di Viterbo, esponenti del gruppo neofascista di Casapound, Francesco Chricozzi e Riccardo Licci, che nel 2019 picchiarono e violentarono per ore una ragazza conosciuta in un pub. Nella sentenza vennero applicate le attenuanti generiche. Semplicemente perché i due ventenni «avevano riaccompagnato a casa la ragazza» e per i giudici questa sarebbe stata «conferma della loro inconsapevolezza del rilievo penale della loro condotta... non determinata da dispregio della persona, ma da impulsi esclusivamente sessuali".

     

    paola di nicola la mia parola contro la sua paola di nicola la mia parola contro la sua

    «Qui, addirittura - dice Di Nicola - ci troviamo di fronte a due aggressori inconsapevoli di compiere uno stupro». La terza sentenza riguarda un caso di maltrattamenti. Nonostante 9 referti di pronto soccorso il tribunale di Torino, nel 2017, assolve un uomo che picchiava e terrorizzava la moglie, affermando che in più occasioni questa si era difesa, quindi, evidentemente "non era in stato di prostrazione fisica e morale". Conclude Paola Di Nicola: «La violenza sulle donne bisogna saperla leggere. È fondamentale che tutti coloro che operano in questo settore siano formati, altrimenti nei tribunali continuerà ad agire lo stereotipo culturale per cui quello stupro, quelle botte sono la reazione a un comportamento della vittima.

     

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    Gli aggressori vengono condannati, certo, ma ridimensionando la violenza e quindi la pena. O addirittura, in certi casi assolti. Ma c' è anche una parte importante della magistratura impegnata ogni giorno a disvelare nelle aule questi limiti per superarli".

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