Massimo Gaggi per il Corriere della Sera
Il bullismo nelle scuole è sempre esistito, ma la possibilità, prima, di riprenderlo e diffonderlo coi telefonini, poi di passare al cyberbullismo senza volto su Facebook e le altre reti sociali, ha alimentato nuove perversioni e ingigantito il fenomeno.
steve stephens omicida di facebook
Ora, dopo tante altre prime volte - quella del suicidio in diretta o il «livestream» di quattro minorenni neri che a Chicago a gennaio hanno rapito, immobilizzato e torturato un ragazzo con handicap mentali - la giostra dell' orrore trasformato in spettacolo offre un' altra anteprima agghiacciante: l' assassinio in strada di una persona scelta a caso, con tanto di spiegazione delle stralunate motivazioni del killer. E con l' obiettivo dello smartphone puntato sul marciapiede per un nuovo tipo di condivisione: la scelta dell' ignaro passante da ammazzare sparandogli in faccia.
La difesa di Menlo Park
omicidio di robert goodwin in diretta facebook
Sul palcoscenico, dopo la rappresentazione dell' orrore, è la volta della commedia delle responsabilità: Facebook finisce di nuovo sul banco degli imputati e, come le altre volte, si difende sostenendo, dall' alto dei suoi 1,8 miliardi di utenti, che queste sono patologie dolorose ma marginali di un sistema di comunicazione utile e apprezzato da buona parte dell' umanità. L' azienda aggiunge di essere impegnata a rimuovere i video criminali, appena li scopre.
Quello dell' assassinio di Cleveland è stato rimosso dopo tre ore. Intervento tempestivo? In quei 180 minuti il video postato da Steve Stephens su Facebook è finito su molte piattaforme, da Youtube a Twitter, ed è stato scaricato 1,6 milioni di volte. Facebook, insomma, non è stata poi così tempestiva.
omicidio di robert goodwin in diretta facebook
La corsa a ritrasmettere
Ma colpisce ancor più questa corsa morbosa a ritrasmettere le immagini di un assassinio: emerge un mercato occulto ma comunque vasto coi social media usati per esibire violenze gratuite. Stupri come quelli ripresi a febbraio in Svezia o quello di marzo, di nuovo a Chicago, di una 15enne violentata da un branco.
I casi nel mondo
I casi sono ormai talmente tanti che non fanno più notizia se non quando viene esibita qualche nuova forma di ferocia o quando si alza una voce forte come, da noi, quella della presidente della Camera, Laura Boldrini. Un' infinità i casi registrati ogni giorno in Europa e negli Usa, ma si parla poco di quello che accade in altri continenti. Ad esempio in India e Pakistan dove l' uso delle reti sociali per umiliare e molestare per via digitale le donne è massiccio, sistematico.
Con un picco impressionante nel Punjab pachistano.
L' azienda fondata da Mark Zuckerberg si difende sostenendo di intervenire soltanto nei casi più gravi per non limitare la libertà d' espressione, sacra in America anche quando offendi qualcuno, e aggiunge che i contenuti illeciti vengono rimossi appena possibile. Non lo si può fare all' instante data l' enorme mole di traffico gestito da Facebook: 3,3 milioni di post al minuto nel mondo.
ZUCKERBERG
Il nodo dei controlli
Possibile che, in un' era nella quale sembra ormai esserci un algoritmo per tutto, non ce ne sia uno in grado di intercettare in tempo reale i post violenti?
Pare di no: Facebook usa per questa funzione controllori in carne e ossa incaricati di valutare, in base al contesto, la gravità di un linguaggio violento, per evitare censure troppo estese. Ma i dipendenti della società californiana non possono di certo controllare milioni di post: è, quindi, chiaro che Facebook fa affidamento sulle segnalazioni dei suoi utenti. Il ritardo è inevitabile.
La funzione «live»
ZUCKERBERG
Come nel caso della diffusione di fake news che hanno aiutato l' elezione di Trump, Facebook non si sente responsabile: si limita a offrire nuovi strumenti alla comunità. Strumenti che nella maggioranza dei casi vengono usati in modo positivo. Ma quando, un anno fa, introdusse Facebook Live, la società disse esplici- tamente di voler favorire l' espressione di sentimenti più rozzi e viscerali. Non immaginavano quanto di rozzo e viscerale sarebbe stato stimolato. Forse è tempo di ripensare l' ottimismo semplificatorio, sempre in equilibrio tra utopia e affarismo, che domina nella Silicon Valley.