Giuliano Balestreri per “La Stampa”
CLAUDIO DESCALZI OSPITE DI ATREJU
L'Italia non può ancora fare a meno del gas russo. Ecco perché l'Eni ha messo mano al portafoglio pagando 20 milioni di euro per risolvere lo stop alle forniture iniziato lo scorso primo ottobre. Dopo giorni di negoziati, il flusso è ripartito ieri mattina dopo «la risoluzione da parte di Eni e delle parti coinvolte dei vincoli che derivano dalla nuova normativa introdotta dalle autorità di regolamentazione austriache».
Il comunicato del colosso energetico italiano è stringato, ma la risoluzione del problema è stata tutt' altro che semplice. Anche perché gli stoccaggi italiani sono a buon punto, ma non sono sufficienti e coprire eventuali imprevisti o fermi alla produzione in Algeria. Peggio ancora, sarebbe, se l'inverno fosse più rigido del solido.
MARIO DRAGHI CLAUDIO DESCALZI
Eni non commenta, ma secondo quanto è stato possibile ricostruire, il "cane a sei zampe" avrebbe pagato 20 milioni di euro per regolarizzare la posizione dei russi nei confronti dell'Austria. Una mossa di realpolitik per evitare un braccio di ferro internazionale che avrebbe soltanto danneggiato l'Italia. E che adesso toglie ogni alibi a Mosca per nuove interruzioni di forniture.
Anche se le quantità sono in costante calo. D'altra parte, proprio nei giorni scorsi, dopo lo stop imposto dalle nuove regole approvate da Vienna, l'amministratore delegato del gruppo italiano, Claudio Descalzi, aveva spiegato che Eni stava cercando di capire se poteva «subentrare a Gazprom che non ha pagato 20 milioni di euro di garanzia al trasportatore che deve portare il gas dall'Austria all'Italia».
MEME SU PUTIN E IL GAS
Una frase che aveva aperto alla possibilità di un intervento italiano per risolvere uno stallo non legato a motivi geopolitici. La disponibilità a pagare il necessario, quindi, c'è sempre stata: prima di subentare a Gazprom nelle obbligazioni verso Vienna, però, Eni ha dovuto verificare che non ci fossero problemi di compliance e che l'intervento non fosse in contrasto con le sanzioni Ue.
Dal primo ottobre, in Austria è entrata in vigore un norma che modifica le regole per l'accesso al mercato degli operatori internazionali. I russi sono stati gli unici a non adeguarsi e così hanno perso il permesso per raggiungere il punto di consegna definito contrattualmente con Eni: il luogo fisico dove il gas diventa italiano e viene trasportato nel Paese attraverso il punto d'entrata di Tarvisio.
CLAUDIO DESCALZI IN QATAR
Gazprom avrebbe dovuto pagare un deposito di 20 milioni di euro alla società di dispacciamento austriaca, ma i russi hanno proposto di pagare in rubli. Offerta respinta da Vienna. E l'Eni, consapevole che l'Italia ha bisogno di ogni metro cubo disponibile, è intervenuta. Intanto, il consiglio dei ministri ha autorizzato la realizzazione di 8 nuovi impianti fotovoltaici e il metanodotto Sulmona-Foligno. -
IO RUBLO
Dal Sole 24 Ore - Dai 1 ottobre è entrata in vigore una nuova normativa in Austria che regola alcuni aspetti del trasporto del gas nel paese. Per adeguarvisi gli operatori internazionali dovevano firmare un nuovo contratto con la società locale di dispacciamento previo versamento di un deposito cauzionale. Tutti gli operatori internazionali si sono adeguati tranne Gazprom che una volta emersa l’impasse voleva pagare in Rubli. Gli austriaci ovviamente volevano gli Euro. Per risolvere il blocco e riportare il gas in Italia abbiamo pagato noi la società austriaca.
PUTIN E IL GAS - BY EMILIANO CARLI PUTIN E IL GAS - BY EMILIANO CARLI TETTO LA QUALUNQUE - BY CARLI