Lorenzo De Cicco per repubblica.it
renzi calenda
Matteo Renzi gongola: "Questo è l'ennesimo capolavoro di Letta. Come sta facendo campagna elettorale per Meloni lui, nessuno". Per l'ex premier è il giorno della rivalsa. In pubblico parla solo di politica estera. Ma in privato se la ride: "È la Caporetto di Enrico", punzecchia. Ai suoi però predica calma e bocche cucite: "Staccate Twitter per 48 ore, andate al mare".
Insomma, silenziate le polemiche. Perfino col Pd, ma soprattutto con Carlo Calenda, bersagliato di tweet fino all'altro ieri, quando sembrava reggere l'abbraccio coi dem. Ora l'aria è cambiata. Tocca trattare. Il "centrino" di una settimana fa può sperare di allargarsi. Diventare un centro vero. Addirittura il Terzo Polo, come da hashtag, se nelle urne riuscisse il sorpasso sui 5 Stelle. Non è scontato però. C'è sempre da tenere in conto un fattore: il carattere dei due. Matteo & Carlo. Che ieri non si sono parlati. Nemmeno un Whatsapp. Mandando avanti gli sherpa. Si incontreranno tra domani e mercoledì, forse.
CARLO CALENDA MATTEO RENZI MEME
La trattativa, che nei due partiti è considerata una strada quasi obbligata, non è comunque banale. Il rischio che affiorino vecchie ruggini e personalismi è dietro l'angolo. Anche per questo Renzi pensa di offrire un messaggio distensivo, che pochi si aspettano: fare un passo di lato. Non è da lui, ma se davvero Calenda si mostrasse deciso a un accordo, il leader di Italia Viva sarebbe disposto a cedergli il ruolo di front runner del raggruppamento centrista. "Non me ne importa nulla", confida ai suoi. Di più: potrebbe perfino rinunciare al cognome nel simbolo, a patto che rimanga da qualche parte il logo di Iv, a cui si è appena aggregato l'ex sindaco di Parma, Federico Pizzarotti.
renzi calenda
Anche perché quel simbolo a Calenda potrebbe servire, eccome. Senza +Europa, Azione deve raccogliere le firme in una settimana in tutti i collegi dello Stivale. Non è impresa facile. Fino a ieri sera, nell'entourage dell'ex ministro spiegavano che la raccolta ci sarà, anche se non è indispensabile: "La legge ci esenta - è la versione dei calendiani - perché Azione, quando si chiamava "Siamo Europei", ha ottenuto l'elezione di Calenda alle Europee". Ma quel simbolo non è mai stato attestato e l'interpretazione dei costituzionalisti (vedi Giovanni Guzzetta) è incerta. Il rischio che non venga riconosciuto dall'ufficio elettorale c'è. Si scoprirebbe alla presentazione delle liste e, andasse male, significherebbe game over. Ecco perché, "in via cautelativa", dicono in Azione, "raccoglieremo comunque le sottoscrizioni". Ieri Calenda ha riunito d'urgenza tutti i direttivi provinciali, per metterli sul chi va là: ci sarà una mobilitazione tra 48 ore.
C'è un altro ostacolo: per raccogliere le firme, serve l'elenco dei candidati, regione per regione. Vorrebbe dire trovare l'accordo su tutti i nomi entro dopo domani. Non è cosa da poco, per un partito ancora in gestazione. Ma c'è una ragione tattica, nella mossa: se ci riuscisse, Calenda avrebbe le mani libere. Potrebbe correre in solitaria ("Il tema di Renzi ora non si pone", dicevano ieri i suoi). O potrebbe chiedere di dar vita non a una lista unica con Iv, ma a una coalizione. Un cartello in cui ognuno gareggia per sé. E chi scavalla il 3% va in Parlamento. L'ipotesi coalizione a Renzi piace poco. Ai suoi, ancora di meno. Con percentuali così striminzite, si rischia l'"effetto flipper": a parte i leader, che possono candidarsi come testa di serie in 5 listini diversi, nessun peone o semi-big può essere certo di dove scatterà il quorum valido per il seggio. Sarebbe una lotteria. Mentre con percentuali dal 5 al 10%, le previsioni vengono più facili.
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