Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
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Cominciano a cadere gli dei dell' economia americana, trascinati a terra dalla crisi economica provocata dal coronavirus. Lo dimostra la resa della Hertz, che venerdì sera ha proclamato la bancarotta. Il ricorso al «Chapter 11», ossia la protezione dai creditori, lascia intendere che la compagnia che affitta auto in tutto il mondo da oltre un secolo punta ancora a ristrutturarsi e sopravvivere. Il segnale però è raggelante, e non solo per il suo settore.
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L' azienda era stata fondata nel 1918 a Chicago da Walter Jacobs, ex rivenditore della Ford. Allora si chiamava Rent-a-Car e possedeva una flotta di una dozzina di Model T. Il nome con cui era diventata famosa lo aveva ricevuto da John Hertz, che l' aveva acquistata nel 1923. Ora ha oltre 12.000 sedi in tutto il mondo, circa 667.000 auto, e 40.000 dipendenti, dimezzati però durante la scorsa settimana per fronteggiare la crisi. L' investitore attivista Carl Icahn possiede il 39% delle azioni, e quindi in sostanza ha la posizione di controllo.
I problemi della Hertz non sono cominciati con la pandemia. Gli analisti li fanno risalire già alla crisi del 2008, e poi all' acquisto nel 2012 di Dollar Thrifty per 2,3 miliardi, un prezzo ritenuto troppo alto. Nel 2014 era stata costretta ad ammettere che aveva truccato i conti, pagando 16 milioni di multa, e qualche mese dopo il ceo Mark Frissora si era dimesso.
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Negli ultimi anni la compagnia aveva accumulato 17 miliardi di debiti.
Gli analisti ritenevano che si stesse riprendendo da queste difficoltà, ma quando il coronavirus ha paralizzato viaggi e trasporti è rimasta senza vie di salvezza, per due motivi: primo, l' ovvio crollo dei ricavi; secondo, la profonda svalutazione della flotta delle auto, che piazzava sul mercato dell' usato. Ha provato a restare in piedi cambiando la leadership, vendendo macchine, tagliando il personale, ma non è riuscita a trovare un accordo con i creditori, e venerdì si è dovuta arrendere.
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Il nuovo ceo, Paul Stone, ha detto che la Hertz ha ancora in cassa un miliardo di dollari, con cui intende continuare a operare, fino a quando non avrà completato la ristrutturazione con la protezione del Chapter 11. Il problema però è che deve trovare un' intesa con i creditori, ridimensionare l' azienda, e sperare che nei prossimi mesi l' attività riprenda.
La salvezza, in sostanza, non dipende solo dal comportamento della compagnia.
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Le preoccupazioni riguardano anche gli effetti collaterali sull' economia, perché la Hertz comprava tutte le sue auto da General Motors e Fca, che ora resteranno senza un cliente così importante, e vedranno diminuire le ordinazioni anche dai concorrenti tipo Avis, che grazie a una situazione debitoria meno grave stima di poter sopravvivere fino a fine anno.
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L' emergenza è purtroppo globale, come ha sottolineato anche in Italia Giuseppe Benincasa, direttore generale dell' Associazione nazionale Industria dell' Autonoleggio e Servizi Automobilistici. Lui l' ha definita una «tempesta perfetta», perché il crollo dei ricavi è arrivato proprio all' inizio della stagione, quando gli investimenti per affrontarla erano già stati fatti e solo ad aprile il settore ha perso il 97%. La Hertz sostiene di aver sofferto anche per la mancanza di aiuti statali. Ora la speranza è che sopravviva grazie alla ristrutturazione.