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    LA NOTTE DI COCA E ALCOL DEI RAMPOLLI DEI CLAN CHE A VITTORIA COL SUV HANNO TRAVOLTO DUE CUGINETTI: UNO E' MORTO, L'ALTRO HA PERSO LE GAMBE - UN ARRESTO - LA MAMMA DELLA VITTIMA: "HO STRAPPATO UN CELLULARE IN STRADA PER CHIAMARE I SOCCORSI, ERA DELL' ASSASSINO. MIO FIGLIO ERA ANCORA VIVO. IN QUEL MOMENTO HO FATTO IL NUMERO DEL 118, PERÒ NON RISPONDEVA NESSUNO. PERCHÉ NON RISPONDEVA NESSUNO?” - VIDEO


     
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    Da la Repubblica

    rosario greco rosario greco

    Dopo la cocaina e l' alcol si sono lanciati in un terribile gioco, a velocità su una strada in discesa e poi dentro un vicolo. Il Suv dei rampolli di mafia ha ucciso un bambino di undici anni, e un altro è in gravi condizioni, ha perso le gambe. «Erano seduti davanti alla porta di casa mia - racconta il signor Giovanni Zisa - quella porta è stata sbalzata dentro il salone, sembrava fosse scoppiata una bomba». E c' era un lago di sangue in strada: «Mai visto tanto sangue in vita mia», dice il comandante della polizia municipale, Cosimo Costa.

     

     

    Il piccolo Alessio D' Antonio è morto pochi minuti dopo il raid. Erano le 21 di giovedì sera. Il cuginetto, Simone, dodici anni, è ricoverato alla Terapia Intensiva del Policlinico di Messina. In manette, per omicidio stradale aggravato dallo stato di ubriachezza, è finito Rosario Greco, 37 anni, lui guidava la Jeep nera che ha travolto i bambini. Ha precedenti per rapina in banca e droga: è il figlio del "re" degli imballaggi del mercato di Vittoria ritenuto vicino al clan Carbonaro-Dominante, Elio Greco è in carcere da un mese per tentato omicidio, a gennaio gli era stato notificato un sequestro di beni per 35 milioni di euro.

    alessio e simone vittoria alessio e simone vittoria

     

    Il rampollo di famiglia guidava con un tasso alcolemico quattro volte superiore a quello consentito. Accanto a Greco c' era Angelo Ventura, figlio di Gibattista detto Titta, accusato di essere il capomafia di Vittoria. Lui e gli altri due occupanti dell' auto (Alfredo Sortino, che ha qualche precedente, e Rosario Fiore, l' unico incensurato) sono stati denunciati a piede libero per omissione di soccorso e favoreggiamento. Perché dopo la tragedia, sono tutti scappati. E ora Ventura fa anche un post su Facebook per dire che è «addolorato per quanto accaduto, più di quanto si possa immaginare. Ma - tiene a precisare - non ero né ubriaco, né drogato. Mi sono solo allontanato per lo shock e poi mi sono presentato ai carabinieri per raccontare quello che era accaduto ».

     

    Dopo il post tanti like, ma anche insulti per Paolo Borrometi, il giornalista che vive sotto scorta per le sue inchieste sulla mafia che imperversa in questo lembo della provincia di Ragusa. Sono mafiosi social, questi. Anche le minacce a Borrometi, fatte da padre di Ventura, arrivarono via social.

     

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    Dice il prefetto Filippo Dispensa, uno dei tre commissari che regge il Comune sciolto per infiltrazioni mafiose: «Credo che le scorribande di questi rampolli per la strade della città abbiano uno scopo ben preciso: ribadire un certo controllo del territorio e incutere paura nella gente. Pensano di restare impuniti, ma lo Stato è presente a Vittoria e tante cose stiamo facendo per il ripristino della legalità».

     

    Ad arrestare Greco è stato il capo della squadra mobile di Ragusa, Nino Ciavola, che in tante indagini si è trovato di fronte rampolli di mafia: «Sono ragazzi che vogliono di vivere al limite, facendosi forte del loro cognome».

     

    2. LA MAMMA DELLA VITTIMA

    Salvo Palazzolo per la Repubblica

     

    pirata della strada a vittoria pirata della strada a vittoria

    «Mio figlio era ancora vivo - si dispera mamma Lucy - respirava fra le mie mani e io urlavo: chiamate un ambulanza, chiamate un' ambulanza, fate presto. All' improvviso - racconta fra le lacrime - ho visto un uomo in strada, sono corso da lui e gli ho strappato il telefonino. Era l' assassino di mio figlio, ma l' ho saputo dopo. In quel momento ho fatto il numero del 118, però non rispondeva nessuno. Perché non rispondeva nessuno?».

     

    Lucy Amato è appena uscita dalla camera mortuaria dell' ospedale Guzzardi di Vittoria. «Un altro bacio, voglio dare un altro bacio al mio Alessio», sussurra. E riapre la porta.

    «Amore di mamma - dice - io ti ho fatto nascere, dovevo morire io al tuo posto». E ritorna in corridoio: «Lo scriva, io voglio giustizia».

     

    A bordo di quel Suv c' erano i figli di due persone legate alle cosche mafiose.

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    «Non mi interessa chi sono, io voglio solo giustizia. Avevo un figlio e adesso non ce l' ho più. I responsabili devono pagare per quello che hanno fatto. E non come succede in Italia, che stanno in carcere tre mesi e poi escono. Non devono più uscire dal carcere. E nessun avvocato dovrebbe difendere queste persone che fanno tanto male a una madre. Perché non si può morire a 11 anni».

     

    Quando è arrivata l' ambulanza?

    «Quel signore si è ripreso il telefonino. E io ne ho cercato un altro. Ho fatto ancora una volta il 118, ma non rispondeva nessuno. Perché non rispondeva nessuno?».

     

    A 500 metri da casa vostra c' è l' ospedale.

    «Mi hanno detto che un vicino di casa è corso all' ospedale Guzzardi per chiedere aiuto. C' erano delle ambulanze nel parcheggio. Ma l' infermiere ha detto: dovete chiamare il 118. E poi non so da dove sono arrivate due ambulanze con i medici, forse da Comiso. Però, intanto erano passati 15, 20 minuti. Non so esattamente, mi è sembrato un tempo infinito. Mentre continuavo a urlare: quando arriva l' ambulanza».

     

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    Suo figlio era ancora vivo?

    «Io sono convinta che mio figlio sia morto perché l' ambulanza è arrivata in ritardo. Anche su questo chiedo giustizia alla polizia, alla magistratura, a tutte le autorità che vogliono ascoltare la voce di una madre disperata. Perché adesso mi sembra di vivere un incubo, ieri eravamo una famiglia felice e oggi la mia vita è finita. Non ho più una ragione per vivere senza il mio bambino».

     

    Crediamo che lei non si arrenderà.

    Per dare giustizia a suo figlio. E per evitare che altri fatti come questi accadano ancora.

    «Tutte le mamme di questo quartiere dovrebbero ribellarsi. In quella strada maledetta che sembra una pista di Formula uno, la via Quattro Aprile, altre volte era successo che delle auto si erano messe a correre lungo la discesa. E poi entravano a velocità dentro la nostra stradina. Ma perché corrono? Perché mettono a rischio la vita delle persone?».

     

    Aveva visto altre volte il giovane arrestato scorrazzare nella vostra strada?

    «L' avevo visto passare con l' auto, ma piano. Lui lo sapeva che c' erano dei bambini lì».

     

    L' altra sera, suo marito era affacciato al balcone.

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    «Ha avuto appena il tempo di sentire Alessio che diceva: papà voglio rientrare a casa. E lui gli ha risposto: ora ti apro la porta. E un attimo dopo ha visto quella macchina che ha travolto i nostri bambini. Poi l' auto si è fermata, ma solo perché si è schiantata contro un muro. E tutti sono scappati».

     

    Ora, il giovane che ha investito suo figlio è in carcere, con delle accuse pesanti.

    «Non lo posso perdonare per quello ha fatto, non si può morire così. Non lo perdono io, e non lo deve perdonare nessuno. Se qualcuno lo scarcera, uccideranno mio figlio un' altra volta».

     

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