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    AVVELENIAMO I POZZI: NON E’ UN MODO DI DIRE MA UN NUOVA MINACCIA ALL’ITALIA DA UNA GALASSIA DI HACKER DI MATRICE RUSSA ALLE AZIENDE IMBOTTIGLIATRICI DI ACQUE E VITIVINICOLE - LA RICHIESTA PER MAIL: "METTIAMO IL CIANURO NEL VINO E NELLE BOTTIGLIE DI ACQUA SE NON CI VERSATE 30 MILA EURO IN CRIPTOMONETA”


     
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    Giuseppe Scarpa per "il Messaggero"

     

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    Cianuro nel vino. Cianuro nelle acque minerali. Avvelenare i pozzi come arma di ricatto. Una nuova minaccia all'Italia, si tratta per ora solo di indizi, proverrebbe dalla composita galassia hacker di matrice russa. L'intimidazione è arrivata a destinazione nelle scorse settimane. Le più importanti aziende vitivinicole e imbottigliatrici di acque del Bel Paese sono state bersagliate, in due giorni, da uno stesso gruppo di pirati informatici.

     

    Un'email, di poche righe, in cui si chiedeva l'equivalente, in criptomoneta, di trentamila euro, pena l'avvelenamento con il cianuro. Un ricatto preso sul serio dalla procura di Roma che ha aperto un fascicolo per tentata estorsione. Magistrati che hanno deciso di affidare il caso agli specialisti del Cnaipic dopo che, quasi un centinaio di denunce erano arrivate nei più disparati comandi di polizia, stazioni di carabinieri e finanza di tutta Italia, da parte dei proprietari delle aziende terrorizzati dal contenuto della missiva.

     

    L'ALLARME Proprio l'invio in simultanea della mail ha portato gli inquirenti a non sottovalutare la minaccia. Un target preciso da colpire. Un progetto criminale di non difficile attuazione.

     

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    Avvelenare le bottiglie di vino o acqua non sarebbe, purtroppo, così complicato. Inoltre anche la difficoltà di individuare il mittente da parte delle forze dell'ordine e il pagamento in Bitcoin, hanno insospettito la procura. Insomma è parso, a chi investiga, che l'intero progetto non fosse gestito da mani poco esperte, ma da un team di professionisti. La polizia, inoltre, ha faticato, e non poco, a convincere alcuni amministratori delegati di diverse aziende a non cedere al ricatto.

     

    Ovviamente la possibilità di patire un simile attacco potrebbe avere effetti devastanti per qualsiasi azienda. Ecco, allora, che inquirenti e investigatori hanno cercato di capire il Paese di provenienza dell'invio delle mail. Dopo alcuni giorni di lavoro gli agenti della postale sono arrivati alla Russia. Non c'è ancora la certezza che da Mosca siano state spedite le missive. Per ora si tratta di indizi, anche perché la possibilità di servirsi di server piazzati all'estero, per schermare il reale Paese di origine da cui si inviano le mail, è una pratica spesso utilizzata dai pirati informatrici.

     

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    ALTRE MINACCE Il caso del cianuro nell'acqua o nel vino è solo l'ultimo di una lunga lista di attacchi hacker di cui è vittima l'Italia. Basti pensare che a fine 2020, il nostro Paese è stato utilizzato, clandestinamente, per lanciare una poderosa aggressione informatica, da parte di pirati russi, alle più importanti agenzie Usa, come Nasa, Nsa e le forze armate. Inoltre le nostre istituzioni sono oggetto di continue intrusioni.

     

    A febbraio era stato preso di mira, senza successo, il Mise, il Ministero dello Sviluppo Economico. Più in generale gli ospedali, a partire dal 2019, sono diventati un obiettivo con virus spediti via email al nosocomio di Bari, al Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, all'azienda ospedaliera di Caserta, al San Carlo di Varese e all'Istituto Superiore di Sanità.

     

    Un anno dopo, è il 2020, un gruppo di hacker è riuscito a rubare i dati sanitari della Regione Friuli-Venezia Giulia, anche quelli sui ricoverati Covid alla Regione Lazio e a danneggiare i server del San Raffaele di Milano e dello Spallanzani di Roma. Stessa sorte per altre delicate informazioni esfiltrate dal Gaslini di Genova e dagli Ospedali Riuniti delle Marche.

     

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    Ma è il 2021 l'anno che segna un nuovo genere di attacco: il blocco dei sistemi e la richiesta di pagare per riabilitare tutto. Ne è un esempio ciò che è accaduto ai sistemi informatici della Regione Lazio, mandati completamente in tilt tra fine luglio e i primi di agosto, con la richiesta di pagare per riaccendere tutto. Stessa identica cosa avvenuta il 12 settembre al San Giovanni di Roma. Adesso il ricatto riguarda l'avvelenamento di acqua e vino. Una nuova terribile minaccia per il Paese.

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