Stefano Graziosi per “La Verità”
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La Casa Bianca si prepara a una svolta sulla crisi ucraina? Ieri, Joe Biden non ha escluso la possibilità di cessioni territoriali da parte dell'Ucraina per arrivare a un accordo. A un giornalista che gli chiedeva se Kiev dovesse rinunciare a parte del proprio territorio, il presidente americano ha risposto: «Dall'inizio, ho detto che niente avverrà sull'Ucraina senza l'Ucraina. È il loro territorio. Non ho intenzione di dire loro cosa dovrebbero e non dovrebbero fare».
«Ma mi sembra», ha proseguito, «che ad un certo punto, dovrà esserci un accordo negoziato. E cosa ciò comporti, non lo so. Penso che nessuno lo sappia al momento. Ma nel frattempo, continueremo a mettere gli ucraini in una posizione in cui possono difendersi».
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A ben vedere, non è la prima volta che Biden esprime tale posizione. Lo aveva già fatto il 24 marzo a Bruxelles: due giorni prima, cioè, di invocare la destituzione di Vladimir Putin a Varsavia. Il fatto nuovo è che questa posizione è stata ripresa esattamente al centesimo giorno di invasione, mentre l'offensiva russa nel Donbass procede e, soprattutto, dopo la polemica di Volodymyr Zelensky nei confronti di Henry Kissinger, che aveva di recente ipotizzato cessioni territoriali ucraine per arrivare a un'intesa.
VLADIMIR PUTIN E LA NATO MEME
È ancora presto per parlare di una svolta vera e propria: nell'arco di questa crisi, Biden ci ha infatti abituato a una scarsa linearità e a improvvisi cambi di posizione. È tuttavia pur vero che, nelle scorse settimane, si sono tenuti colloqui tra i vertici di Washington e di Mosca, mentre il recente invio di missili ha rappresentato al contempo sia un salto di qualità nella fornitura di armi americane a Kiev, sia un'espressione di cautela da parte statunitense: i sistemi missilistici in arrivo sono infatti di numero esiguo, occorreranno cinque settimane di addestramento prima che entrino in funzione e, soprattutto, sono a medio (anziché a lungo) raggio.
Non è del resto un mistero che all'interno della stessa amministrazione americana si registrino delle divisioni sul dossier ucraino: divisioni tra cui il presidente deve costantemente barcamenarsi, spesso a discapito di coerenza e chiarezza.
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Nella giornata di ieri, prima delle parole di Biden, da Mosca erano arrivati dei segnali contrastanti. Se il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev aveva aperto a un «dialogo su qualsiasi questione», la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, aveva allontanato l'ipotesi di un vertice tra Zelensky e Putin: vertice che era stato recentemente riproposto da Tayyip Erdogan. Nel frattempo, le valutazioni militari sull'invasione russa restano distanti. Zelensky si è detto fiducioso nella vittoria, mentre il Cremlino ha affermato che l'invasione proseguirà fino al raggiungimento degli «obiettivi».
GUERRA RUSSIA UCRAINA
Più pessimista si è invece mostrato l'Onu. «Questa guerra non ha e non avrà vincitori.
Piuttosto, abbiamo assistito per cento giorni a ciò che è stato perso: vite, case, lavoro e prospettive», ha detto il segretario generale aggiunto dell'Onu, Amin Awad.
Parole di sostegno a Kiev sono arrivate ieri da Ursula von der Leyen, mentre Bruxelles ha annunciato che non riconoscerà i passaporti russi rilasciati nelle aree occupate.
Nel contempo, il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha ringraziato Luigi Di Maio per il sostegno italiano alla candidatura dell'Ucraina all'Ue. Più tese risultano invece le relazioni tra Roma e Mosca. L'ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, ha sottolineato di non essere stato invitato alla festa della Repubblica, precisando inoltre che Putin ha espresso le sue congratulazioni al capo dello Stato, Sergio Mattarella, per la celebrazione dell'altro ieri. Inoltre il ministero degli Esteri russo ha accusato il nostro Paese di comportamento «servile e miope» per aver presentato la missione russa anti-Covid del 2020 come una «operazione di spionaggio». Si torna intanto a parlare del ruolo della Cina.
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Il Washington Post ha riferito di tensioni tra Pechino e Mosca, in quanto i cinesi non avrebbero fornito il sostegno tecnologico, finanziario e commerciale chiesto dai russi. Attenzione però: questo non vuol dire che il Dragone si stia sganciando dal Cremlino. Le ragioni di tale inazione sono da ricercarsi nel tentativo cinese di sostenere Mosca, evitando al contempo di violare le sanzioni occidentali per timore di contraccolpi nel settore hi-tech.
L'asse sino-russo resta pertanto al momento piuttosto solido. È stato frattanto reso noto che a fine mese dovrebbe tenersi un vertice a Singapore tra il ministro della Difesa cinese, Wei Fenghe, e il capo del Pentagono, Lloyd Austin. Nel mentre, Erdogan non sembra per ora intenzionato a revocare il suo veto sull'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. «Entrambi i Paesi dovrebbero chiarire che hanno smesso di sostenere il terrorismo, che hanno revocato le sanzioni contro la Turchia e che sono pronti a mostrare solidarietà all'alleanza», ha detto il presidente turco durante un colloquio con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.
joe biden e olaf scholz con stoltenberg, von der leyen e trudeau GUERRA IN UCRAINA - ARTIGLIERIA RUSSA GUERRA IN UCRAINA - ARTIGLIERIA RUSSA joe biden 3