Ettore Livini per “la Repubblica - Affari & Finanza”
xerox
Questo matrimonio non s'ha da fare. La pandemia ha messo sottosopra il mondo della finanza. E decine di nozze annunciate urbi et orbi alle borse mondiali nell'era pre-coronavirus - per un valore di quasi 150 miliardi - sono saltate a un passo dall'altare. La teatrale rottura tra i gioielli di Tiffany's e il lusso di Lvmh, finito come tanti altri grandi amori agli stracci, è solo la punta dell'iceberg.
A inizio 2020 - mentre tutti i listini mondiali flirtvano con i propri massimi - il mondo si è capovolto: il Covid ha messo ko il valore di molti titoli in Borsa lasciando avvolto nella nebbia lo scenario economico dei prossimi mesi. Risultato: decine di fusioni e acquisizioni sono saltate a un soffio dalla firma finale (qualche volta anche dopo).
TIFFANY 5TH AVENUE NEW YORK
Affondate dal panico di compratori spiazzati dal timing infelice delle operazioni e dal "no" secco di molti venditori che hanno respinto al mittente le richieste di sconti last-minute "per cause di forza maggiore". L'elenco delle incompiute pandemiche spazia dall'hi-tech al mondo della finanza, dal settore ospedaliero fino a quello aerospaziale: Xerox, dopo un lunghissimo corteggiamento culminato con un'Opa ostile da 34 miliardi di dollari, ha rinunciato a metà marzo alla scalata di Hewlett Packard. "Siamo amareggiati - ha spiegato in un comunicato il compratore mancato - ma la crisi sanitaria ha creato una situazione che ci obbliga a rivedere le nostre priorità".
colazione da tiffany
Sul binario morto è finita pure la cessione per 9 miliardi di dollari della società di riassicurazione Partner Re da Exor - società che controlla anche il gruppo Gedi, editore di La Repubblica - a Covéa. I francesi, dopo lo scoppio del coronavirus, hanno provato a chiedere una riduzione del prezzo d'acquisto. Ma da Torino hanno risposto picche perché "la cessione a un valore inferiore a quello indicato nell'accordo" non rifletteva il valore dell'azienda. Il grande gelo sul trasporto aereo mondiale ha silurato invece il matrimonio da 7 miliardi programmato da tempo tra Hexcel e Woodward, due dei fornitori della Boeing.
I flop "storici"
Le cause di forza maggiore (e non solo) sono da tempo una delle cause principali dei flop delle grandi operazioni finanziarie o delle loro revisioni al ribasso. Marco Tronchetti Provera, per dire, ottenne uno sconto da 750 milioni di euro sull'acquisto dell'Olivetti - allora capofila di Telecom Italia - dalla finanziaria Bell "per eccesso di onerosità", dopo che l'attacco alle torri gemelle di New York aveva affondato a Piazza Affari i titoli di Ivrea.
Le nozze del secolo nella farmaceutica (valore 160 miliardi) tra Pfizer, la società farmaceutica produttrice del Viagra, e Allergan, la "mamma" del Botox sono state fatte saltare direttamente nel 2016 da Barack Obama. Le due aziende avevano annunciato la fusione con le fanfare, sottolineando le straordinarie sinergie. Peccato che il vero motivo del matrimonio fosse l'interesse (la possibilità di spostare la sede legale in Irlanda, dove Pfizer avrebbe pagato molto meno tasse). La prova? Quarantotto ore dopo l'annuncio dell'allora presidente degli Stati Uniti di una norma per impedire questi traslochi "fiscali", l'accordo tra Pfizer e Allergan saltò.
JOHN ELKANN E GIUSEPPE CONTE CON LA MASCHERINA
A sabotare intese che parevano a prova di ferro, del resto, possono essere mille motivi. La logica, un classico tedesco, ha mandato in fumo lo scorso anno l'interminabile telenovela delle nozze tra Deutsche Bank e Commerzbank. Le due promesse spose (che in fondo continuano a farsi la corte anche oggi) hanno provato a sedersi a un tavolo per stabilire i contorni della cerimonia e ratificarli in un accordo pre-matrimoniale.
JOHN ELKANN CON LA MASCHERINA
Unico problema: una volta fatti i conti delle ricadute della fusione, il numero degli esuberi era indigeribile per il governo tedesco. E la torta nuziale è stata rimessa in freezer. La politica ha messo il suo zampino anche nel fallimento della fusione tra Fca (altra controllata Exor) e Renault. I paletti posti da Parigi hanno convinto il Lingotto a tirarsi indietro - salvo poi avviare le pratiche per il matrimonio con Peugeot - perché era "divenuto chiaro che non vi sono in Francia le condizioni politiche perché una simile fusione proceda con successo".
Le separazioni mediatiche
Anche i media italiani sono stati protagonisti negli ultimi anni di due idilli finiti malissimo. Rcs e Blackstone sono ai ferri corti per la questione dell'immobile di via Solferino, storica sede del Corriere della Sera, ceduto al fondo Usa nel 2013 per 120 milioni. Il gruppo di Urbano Cairo contesta la validità dell'operazione in quanto viziata - sostiene - dallo stato di necessità in cui si trovava Rcs. E la questione è ora sul tavolo dei giudici. La madre di tutte le separazioni sul fronte tricolore - per valori in ballo, cast dei protagonisti e vivacità del copione - è quella tra Mediaset e Vivendi. Le tv di Cologno avevano ceduto nell'aprile 2016 la pay-tv Premium (una palla al piede per i conti del gruppo) al finanziere Vincent Bolloré.
BOLLORE BERLUSCONI
Quattro mesi più tardi - con Silvio Berlusconi in ospedale - i transalpini hanno stracciato il contratto dando il via pochi mesi dopo a un tentativo di scalata del Biscione, arginato dall'Autorità delle Comunicazioni quando ormai Vivendi era arrivata al 30% del capitale. Da allora le due parti si sono parlate solo via avvocati con richieste di danni incrociate da diversi miliardi e accuse crudissime ("Ci hanno detto che Premium era una Ferrari, invece era una Punto", ha detto il presidente di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine). Ora il vento, complice il mezzo flop del progetto di un network europeo con sede in Olanda del Biscione, sembra essere girato. I protagonisti, con cautela, hanno ripreso a parlarsi. E non è detto che almeno questo burrascoso divorzio finisca per chiudersi con un sorprendente lieto fine.