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    LA PIETRA (NERA) DELLO SCANDALO – ERRORI E MALIZIE DI BLACKROCK, IL COLOSSO GUIDATO DA FINK (NOME CHE, TRADOTTO, SIGNIFICA SPIA) CHE TURBA LA CONSOB


     
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    Ugo Bertone per "il Foglio"

    Errare humanum, perseverare diabolicum. Dicono i sacri testi. Ma che punizione merita chi pecca per la terza volta, come la Pietra Nera, BlackRock? E' quanto si è chiesto Giuseppe Vegas, presidente della Consob con un passato di studioso del diritto canonico. Solo attraverso la segnalazione alla Sec (Securities and Exchange Commission, l'ente federale statunitense preposto alla vigilanza della Borsa), infatti, il gigante del risparmio americano ha annunciato di aver superato la soglia del 10 per cento in Telecom Italia, mentre le segnalazioni alla Consob erano ferme al 5,1 per cento.

    RICK RIEDERRICK RIEDER

    Una mancanza grave per la Consob, anche se BlackRock, a mo' di giustificazione, fa presente che la soglia del 10 sarà superata solo allo scadere del prestito convertendo, cioè tra un paio d'anni. Ma resta il fatto che la società americana ha continuato a comprare, fino all'8 per cento, a pochi giorni dall'assemblea. Con intenti, a dire della Consob, per lo meno misteriosi.

    Per giunta non è la prima volta che i comportamenti degli uomini di mister Fink suscitano le reazioni indispettite (o peggio) della Consob. E' successo in occasione dell'aumento di capitale di Unicredit, quando il fondo, dopo aver dichiarato di essere sceso dal 4 all'1,7 per cento del capitale, confermò la quota iniziale. O, peggio, quando con un eccezionale e sospetto tempismo liquidò la propria partecipazione in Saipem, il 2,3 per cento, poche ore prima del profit warning lanciato dalla consociata dell'Eni.

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    Di qui la dura reazione della commissione di Vegas, decisa a ribadire che "l'Italia non è una colonia". Già, perché con un tocco di fantasia si potrebbe pensare che le sorti di Telecom Italia corrano il rischio di passare dalla tavola di San Pietro, inteso come il ristorante della 54 esima strada di Manhattan in cui è solito consumare i pasti Lawrence Fink, il dominus di BlackRock.

    Anche se all'assemblea di venerdì, per la verità, BlackRock potrà partecipare al più con il 7,8 per cento del capitale, la quota sarà comunque decisiva: potrebbe essere sufficiente a far pendere l'ago della bilancia a favore di Marco Fossati di Findim che ieri sera, su richiesta Consob, ha rivelato che, se passerà la revoca del cda, proporrano il ritorno in Telecom di Vito Gamberale, il creatore di Tim che da mesi spinge per un investimento di Cassa depositi e prestiti e/o altri strumenti pubblici nell'ex monopolio; oppure, all'opposto, BlackRock potrebbe garantire la vittoria di Telco, il socio di maggioranza relativo che difende l'assetto attuale.

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    Il ceo Fink e il "metodo Aladino"
    Ma non è escluso, ipotizzano i più arditi, che alla mensa del San Pietro restaurant si sia pensato a un finale a sorpresa, che preveda l'arrivo di un terzo incomodo: At&t, Carlos Slim o la stessa Vodafone evocata imprudentemente dal presidente della Consob, Giuseppe Vegas.

    MARCO PATUANOMARCO PATUANO

    Tante ipotesi che hanno scatenato gli appetiti del mercato, che annusa per l'ennesima volta aria di battaglia sul titolo, schizzato all'insù del 5 per cento e più. Ma, al di là delle fantasia, quel che è certo è che la decisione di investire qualche briciola dell'immenso patrimonio amministrato dalla "Pietra nera" del capitalismo (oltre 4.100 miliardi di dollari, poco meno del doppio del debito pubblico italiano) è stata presa con il benestare del genio della lampada. Sì, da Aladino, nome della piattaforma che gestisce i rischi finanziari di BlackRock.

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    E' Aladino, un apparato forte di 6 mila super computer annidati a East Wenatchee sulle colline dello stato di Washington che fronteggiano il Pacifico, la "mente" che rumina migliaia di dati per tradurli nelle scelte di investimento di 170 fondi pensione di tutto il pianeta, più i principali fondi sovrani (medio oriente in testa), banche, assicurazioni e così via. Se si sommano al patrimonio amministrato dai fondi di BlackRock i beni dei "clienti" che hanno adottato gli strumenti di gestione del rischio emerge che le regole di Aladdin sono regola, se non legge da seguire per investitori che amministrano qualcosa come 15 mila miliardi di dollari. Messa così, si ha l'impressione di una gigantesca piovra pronta ad abbattersi su Telecom.

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    Ma non è certo questa l'immagine d BlackRock che circola nel mondo degli affari. Il primo azionista di Google e Facebook Fink è ossessionato dalla gestione del rischio fin dal 1986, quando era uno dei più giovani e promettenti banchieri di First Boston, così geniale da impacchettare derivati su mutui subprime e scommesse sui cambi con un largo anticipo rispetto agli Abs (Assed backed securities) resi celebri dalla crisi.

    Ma un'improvvisa e inattesa inversione dei tassi di interesse provocò una voragine nel portafoglio di Fink. Il giovane banchiere, figlio di un'insegnante di lettere e di un negoziante di scarpe, ebbe il coraggio e la fortuna di ripartire.

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    Da allora ha costruito, passo dopo passo, un impero; convincendo le banche, Barclays e Bank of America, che per loro era meglio affidarsi, dietro congrui dividendi, a una struttura specializzata, all'avanguardia nella creazione di modelli sofisticati (gli Etf, ad esempio) e sganciata da eventuali conflitti di interesse, piuttosto che operare in forma diretta. I numeri gli stanno dando ragione: negli ultimi dodici mesi i titoli di Black- Rock sono cresciuti quasi del 50 per cento, fino a sfiorare i 300 dollari.

    Securities and Exchange Commission usaSecurities and Exchange Commission usa

    Un successo che, in parte, dipende anche dall'abilità nell'usare, e non abusare, del potere che deriva dal fatto di essere il primo azionista di Apple, con una quota del 5,1 per cento, Exxon (5,4), Google (5,8) piuttosto che di General Electric (5,5) o di buona parte del resto della Corporate America. Una potenza smisurata che si riflette pure nella piccola Borsa italiana dove la Pietra Nera è, forse per le dimensioni, abituata a comportarsi come un elefante in cristalleria.

     

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