Claudio Del Frate per corriere.it
alfredo biondi
E’ morto Alfredo Biondi, storico leader del Partito liberale e poi tra gli esponenti di punta di Forza Italia. Era nato il 29 giugno del 1928, quindi avrebbe compiuto 92 anni lunedì prossimo. Vicepresidente della Camera, era stato ministro della Giustizia del primo governo Berlusconi. Pisano di nascita, genovese d’adozioni , Biondi è stato una figura «ponte» tra la prima e la seconda repubblica. Debutto come deputato alla camera nel 1968 sui banchi del Partito liberale, di cui fu anche segretario tra il 1985 e il 1986. Fu anche ministro in uno dei governi di Amintore Fanfani (politiche comunitarie) e nel primo governo Craxi (ecologia).
biondi berlusconi
Il salto di qualità avviene però con la seconda repubblica: Biondi è tra i primi ad aderire al progetto politico di Silvio Berlusconi del Polo delle libertà edf entra in parlamento nel 1994 . Diventerà ministro ricoprendo il ruolo chiave di ministro della giustizia. Verrà sempre rieletto fino al 2008, passando al Senato nell’ultima legislatura.
biondi berlusconi
Il nome del defunto ministro è legato al decreto che porta il suo nome e che, in piena stagione di Mani Pulite, interveniva cancellando la custodia cautela in carcere per il reato di corruzione e rendeva segreta l’informazione di garanzia fino all’atto di conclusione delle indagini. Il 13 luglio in consiglio dei ministri approda il cosiddetto «decreto Biondi». Il guardasigilli distribuì a tutti i presenti il testo e Berlusconi, secondo le ricostruzioni giornalistiche disse «O passa all’unanimità o lo ritiro». Il provvedimento passò senza opposizioni, complice - secondo un malizioso retroscena - il fatto che proprio quella sera era in programma la semifinale Italia-Bulgaria ai Mondiali di calcio Usa.
Il decreto Biondi ha come primo effetto la scarcerazione di circa 2000 persone che erano in custodia cautelare in carcere (tra cui l’ex ministro De Lorenzo, ex collega di partito del guardasigilli). Il provvedimento è all’origine anche del primo scontro tra Forza Italia e Lega: Roberto Maroni, allora ministro dell’interno sconfessa il decreto sostenendo che a lui era stata fornita una versione differente al testo poi approvato. La bufera esplode: il pool Mani Pulite di Milano minaccia di dimettersi leggendo un comunicato in diretta tv, emergono forti perplessità all’interno della stessa maggioranza e alla fine il decreto Biondi avrà vita breve: il 21 luglio viebne bocciato alla Camera a larghissima maggioranza (418 no, 33 sì e 41 astenuti).
alfredo biondi