Massimo Gaggi per corriere.it
Michael Reinoehl
Le uniche cose certe sono che Michael Forest Reinoehl, l’attivista dei gruppi «antifa» di 48 anni che sabato scorso aveva ucciso un fan di Trump delle formazioni di estrema destra durante gli scontri tra opposte fazioni a Portland, in Oregon, è stato a sua volta abbattuto l’altra notte a Lacey, una cittadina dello Stato di Washington, non lontano da Seattle.
E che ora gli insorti di Portland — dopo cento giorni di manifestazioni e disordini sempre più violenti con l’ala rivoluzionaria che sta conquistando spazio — hanno il loro eroe.
Le circostanze dell’intercettazione e della cattura di Reinoehl non sono ancora chiare. Individuato e ricercato da giorni, l’attivista si era fatto intervistare ieri in un bosco da una giornalista free lance alla quale aveva fatto capire di essere stato lui a uccidere Aarn Danielson: «Non avevo scelta», ha detto, stava attaccando me e un altro ragazzo nero con un coltello.
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Poche ore dopo una task force mista creata nel Pacific Northwest per dare la caccia a criminali pericolosi e composta da agenti federali, dagli US Marshall e da poliziotti della contea, ha individuato Reinoehl in una zona urbana e, dopo un breve inseguimento, lo ha ucciso in uno scontro a fuoco. Secondo due testimoni oculari Michael Forest aveva un fucile automatico e ha sparato decine di colpi, ma il comunicato delle forze dell’ordine afferma che il fuggitivo è stato colpito perché aveva un’arma, senza confermare che l’abbia usata.
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Trasmesso da Vice, e poi ripreso da tutte le tv, il video di Reinoehl è già diventato il testamento di un martire per i ribelli di Portland che ieri sono tornati a manifestare accusando la polizia di avere le mani sporche di sangue. Personaggio molto noto negli ambienti «antifa», Michael Forest era sempre presente alle manifestazioni nelle quali svolgeva una sorta di servizio d’ordine. Era armato ma per difendere i manifestanti, dicono i compagni che lo paragonano a un guardian angel e affermano di volerne seguire l’esempio. Aggiungono che era stato addestrato ad impedire l’escalation degli scontri.
Ma una settimana fa non è andata così: ha sparato a Danielson che aveva messo una mano in tasca in modo minaccioso, ma nei video dello scontro si sentono voci concitate: avvertono che l’estremista di destra sta per spruzzare sostanze urticanti su di loro.
Reinoehl, che nell’intervista ha detto di avere militato nelle forze armate (cosa che per ora non risulta al Pentagono), si era già scontrato con estremisti di destra a luglio, riportando una ferita di arma da fuoco, ed era stato denunciato per porto illegale di armi e per aver guidato a velocità folle, 180 chilometri l’ora, in una gara col figlio 17enne, al volante di un’altra vettura.
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Michael Forest, che da quando si era radicalizzato era entrato in conflitto con la sua famiglia, aveva con sé anche una figlia di 11 anni che portava spesso alle manifestazioni per abituarla «a combattere per il mondo nel quale dovrà vivere». Ma di recente si era convinto che la rivolta di Portland stava degenerando: aveva scritto sui social media che «la battaglia sta diventando guerra: ci saranno vittime». E, dopo l’omicidio di una settimana fa si era isolato, allontanando anche i figli.