Estratto dell’articolo di Giacomo Amadori per “La Verità”
piercamillo davigo in tribunale a brescia per il caso amara 1
Ovunque si trovi in questo momento Silvio Berlusconi, ieri deve essergli scappato un sorriso. Infatti davanti al Tribunale di Brescia la pubblica accusa ha chiesto una condanna a 16 mesi di reclusione (con sospensione della pena) per rivelazione di segreto d’ufficio nei confronti di Piercamillo Davigo, colui che considerava il Cavaliere un incidente del destino, una iattura per l’Italia intera. Ma ora altri magistrati stanno cercando di tirarlo giù dal piedistallo e di ottenere la prima condanna per il Robespierre delle toghe.
pietro curzio
I sostituti procuratori Donato Greco e Francesco Carlo Milanesi contestano a Piercavillo di aver distribuito atti riservati per regolare i suoi conti personali all’interno della corrente che guidava, Autonomia & indipendenza, e di aver cercato di condizionare con la vicenda della cosiddetta e inesistente loggia Ungheria le decisioni del Consiglio superiore della magistratura.
Infatti nella primavera del 2020 diffuse in modo carbonaro all’interno di Palazzo dei marescialli il contenuto dei verbali del faccendiere Piero Amara, carte che si sarebbe fatto consegnare dal collega milanese Paolo Storari.
La Procura bresciana […] ritiene che la divulgazione più grave sia stata quella all’allora senatore M5s Nicola Morra per la quale ha chiesto una condanna a 6 mesi di reclusione, a cui ha aggiunto, riconoscendo la continuazione, un mese per tutti gli altri episodi (una decina) contestati nel capo d’imputazione.
PIERO AMARA
Ieri per Davigo […] si è aggiunta una nuova contestazione di rivelazione a favore dell’ex primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio, ultimo testimone del processo.
L’integrazione del capo di imputazione è stata fatta dopo l’audizione dell’ex ermellino, il quale ha raccontato che nel settembre del 2022 Davigo lo aveva aspettato nel parcheggio del Csm per spifferagli la notizia coperta da segreto: «Volle preannunciarmi che un Csm che già aveva passato vicissitudini molto impegnative sarebbe stato ancora sottoposto a un ulteriore trauma». La presunta «violazione dell’obbligo di segretezza» si estende così temporalmente, essendo adesso l’ipotetico reato «commesso da aprile a settembre 2020».
PAOLO STORARI
«Si erge a paladino della giustizia per tutelare una legalità che a suo dire è stata violata, ma l’unica legalità violata è quella nel salotto di casa dove sono usciti dal perimetro investigativo atti coperti da segreto che dopo un po’ di tempo vanno a finire sui giornali pregiudicando una delicatissima indagine» ha detto Greco nella sua requisitoria, ricordando che nell’appartamento di Davigo c’è stato il passaggio della chiavetta Usb con i verbali.
«Non è vero che il segreto era inopponibile a lui. Lo ha ammesso lo stesso Davigo nel suo esame. Davigo ha detto a Storari il falso. Se Davigo gli avesse detto il vero, Storari non avrebbe commesso il reato. Non c’è nulla di potenzialmente legittimo nella loro comunicazione».
PIERCAMILLO DAVIGO E SEBASTIANO ARDITA
Per Greco le notizie al Csm «devono passare da un canale ufficiale, non nel corso di un colloquio con un singolo consigliere», lo stesso Davigo, il quale ha «allargato la platea dei destinatari di quella rivelazione», ricorrendo a una «giustificazione bizzarra»: «Il Csm non sa tenere i segreti». Una scusa che Greco ha liquidato così: «Se anche fosse non è che si può violare una norma ed è gravissimo che un’affermazione del genere arrivi proprio da Davigo».
Il collega di Greco, Milanesi, ha rincarato la dose sostenendo che Davigo avrebbe una «concezione privata di prerogative e funzioni» del parlamentino dei giudici. Una posa da Marchese del Grillo: «Siccome io sono membro del Csm, posso sempre e comunque esercitare le prerogative dell’organo di cui faccio parte». Per il pm «sarebbe consolante affermare che si sia trattato di una mera superficialità della persona coinvolta o della scarsa ponderazione degli interessi costituzionali coinvolti», ma «purtroppo il dibattimento ha dato una risposta diversa».
gherardo colombo davigo di pietro
Non è finita. Se il problema era «riportare quel procedimento sui binari della legalità», come sostenuto da Davigo, «che necessità c’era di dare delle trascrizioni e delle registrazioni?» ha chiesto Milanesi. Che si è dato questa risposta: «Si è scelta una via privata a un problema pubblico», anche «per la sfiducia personale» di Davigo nei confronti del magistrato della Procura generale di Milano a cui avrebbe dovuto rivolgersi.
[…] il pubblico ministero […]ha accusato Davigo di aver commesso il reato «per esigenze private di gestione e influenze di rapporti e dinamiche all’interno del Csm». Il comportamento dell’ex campione di Mani pulite non avrebbe «evitato alcun danno», ma solo consentito di selezionare «chi e quando doveva sapere» con un «chiacchiericcio» incontrollato.
PAOLO STORARI
«L’unico fine di Davigo non era la giustizia o salvaguardare le indagini, ma abbattere Sebastiano Ardita» ha attaccato l’avvocato Fabio Repici, legale dello stesso Ardita, parte civile nel processo e in passato amico e coautore di libri con Davigo prima che i due si dividessero nel marzo del 2020 sul voto al Csm per il successore di Giuseppe Pignatone alla guida della Procura di Roma. Davigo inizialmente, come Ardita, perorava la discontinuità, poi, dopo l’esplosione del caso Palamara, si era accodato al cartello dei magistrati progressisti di Area.
sebastiano ardita al csm con di matteo e davigo
Per la parte civile il «movente» di Davigo appare plasticamente nelle chat della sua segretaria, Marcella Contrafatto, laddove, il 24 settembre 2019, commenta con una collega il comportamento dei consiglieri di A&i: «Vabbé salverei Marra (Giuseppe, ndr), solo lui lo ascolta. Ardita va per conto suo, è un ribelle, proprio un talebano».
LUCA PALAMARA - OLTRE IL SISTEMA
Alla vigilia del voto per la Procura di Roma, il 4 marzo 2020, la donna scrive a Marra: «Il presidente ha litigato di brutto con Ardita. Ieri. Urla dalla stanza. […]. Ha detto che non ci vuole più parlare. È nero. Molto serio. Non lo ho mai visto così. C’è completa rottura. Lui dice che Ardita ha qualche scheletro nell’armadio». Come se già a marzo sapesse delle dichiarazioni di Amara. Alla fine il presidente della prima sezione penale di Brescia, Roberto Spanò, ha rinviato a martedì prossimo, 20 giugno, le arringhe dei difensori di Davigo e le eventuali repliche. Dopo ci sarà la camera di consiglio prima della decisione. L’ex presidente dell’Anm ha annunciato che non sarà in aula, dopo aver presenziato a tutte le udienze del processo, per impegni già programmati. Un «legittimo impedimento» che potrebbe risparmiargli l’onta di assistere in diretta alla sua prima condanna.
piercamillo davigo in tribunale a brescia per il caso amara 3