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    LA PROCURA DI TARANTO RIAPRE L’INCHIESTA ILVA E METTE SOTTO INCHIESTA IL COMMISSARIO STRAORDINARIO, PIERO GNUDI, E IL SUO PREDECESSORE ENRICO BONDI - MA I VERTICI DEL SIDERURGICO GODONO DI UNA SORTA DI IMMUNITÀ PER LEGGE…


     
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    Giuliano Foschini per “la Repubblica”

    Piero Gnudi Piero Gnudi

     

    Non è finita. Anzi, è appena cominciata. La procura di Taranto ha ufficialmente riaperto l' inchiesta sull' Ilva di Taranto. Nelle scorse ore ha infatti notificato quattro avvisi di garanzia all' attuale commissario straordinario del siderurgico, Piero Gnudi, al suo predecessore Enrico Bondi. E ai due direttori di stabilimento che si sono succeduti negli ultimi anni, Ruggiero Cola e Antonio Lupoli. A loro, nell' atto di proroga delle indagini, viene contestato il getto pericoloso di cose e la gestione non autorizzata dei rifiuti.

    ENRICO BONDI ENRICO BONDI

     

    Al centro dell' indagine condotta dalla guardia di Finanza di Taranto ci sono due tronconi: le emissioni non controllate, con quelle fiammate improvvise (slopping) oggetto di aluni esposti degli ambientalisti. E la gestione della discarica Mater Gratiae, l' impianto di smaltimento di rifiuti che si trova all' interno del siderurgico. Se, infatti, Ilva si dovesse rivolgere all' esterno per stoccare gli scarti pericolosi e non, avrebbe un aggravio di costi di circa 500 milioni all' anno.

     

    Per questo ha deciso da tempo di fare tutto internamente. Individuata l' aria hanno realizzato una discarica che però non risultava autorizzata nella vecchia Aia (Autorizzazione integrata ambientale), il lasciapassare che il Governo ha dato al siderurgico. I rifiuti erano però da stoccare. E così - questo per lo meno sospettano i magistrati - avrebbero cominciato a farlo grazie a un escamotage, facendo cioè passare la realizzazione delle discariche come misura di ambientalizzazione dell' impianto.

    ILVA ILVA

     

    In sostanza, sostenevano che il deposito dei rifiuti serviva a migliorare l' ambiente. Una tesi per lo meno ardita. Anche perché erano venute meno anche le autorizzazioni regionali, rilasciate nel 2010. Scaduta la Via (Valutazione di impatto ambientale) gli uffici non l' avevano voluta rinnovare, mettendo così in grande difficoltà l' azienda che a quel punto non sapeva più dove poter portare i residui di lavorazione.

     

    Tanta era la difficoltà da spingere il Governo, a Ferragosto del 2013, ad approvare un decreto legge che permetteva a Ilva di realizzare le due discariche pur in assenza dell' autorizzazione Aia. Un pasticcio, insomma, che si muove sulla rotta Taranto- Roma sul quale il procuratore Franco Sebastio - che conduce l' inchiesta con i sostituti che già hanno sostenuto l' accusa nel filone principale dell' indagine Ilva, finito con il rinvio a giudizio di 44 persone vuole vederci chiaro.

    banch ilva banch ilva

     

    Non è detto che ci riuscirà. Perché i commissari, e dunque anche Gnudi, godono di una sorta di immunità per legge. Un articolo dell' ultimo decreto salva Ilva prevede infatti che «le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell' incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro».

     

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    Gnudi non può essere processato quindi. «Ma siamo sereni, e non per questo» dicono da Ilva. «Non siamo rimasti sorpresi dall' indagine e, anzi, guardiamo con la massima fiducia alla valutazione seria e approfondita che faranno i magistrati della vicenda». L' azienda: "Nessuna sorpresa, siamo sereni". I vertici del siderurgico godono tra l' altro di una sorta di immunità per legge.

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