Niccolò Zancan per “La Stampa”
Lorenzo Parelli
Gli amici passano davanti a casa e tirano al massimo i giri delle moto da cross. È un frastuono di rabbia, è un urlo d'amore. Mandano baci per Lorenzo Parelli. Sgasano e piangono. La madre, la signora Maria Elena Parelli, dice poche parole calme: «Mio figlio era sereno. Non voglio accusare nessuno, ma devono spiegarci come è potuto succedere. È ingiusto che un ragazzo di 18 anni esca per andare a scuola e non torni a casa». La processione per le condoglianze è continua. Il padre si appoggia allo stipite della porta e stringe le mani: «Troppo dolore, troppo. Non riesco a parlare. Scusate, non me la sento». Tutto intorno, campagne e capannoni sulla strada per Udine. Gli investigatori dovranno spiegare come sia potuto morire un ragazzo di 18 anni appena compiuti, uno studente, sotto una putrella d'acciaio a forma di T del peso di 150 chili.
Lorenzo Parelli
Morto per uno stage gratuito, al quarto anno di scuola all'Istituto professionale Bearzi di Udine. Aveva iniziato a novembre, è rimasto schiacciato all'ultimo giorno di lavoro nel capannone della Burimec, a cui era stato affidato per il tirocinio. È lì che ieri pomeriggio sono andati i carabinieri per fare un sopralluogo e sequestrare urgentemente tutto quello che dovrà servire a ricostruire con la massima precisione l'accaduto: «Una tuta da lavoro blu Cnosfap Bearzi, un paio di guanti da lavoro HyFlex, occhiali da lavoro danneggiati, un paio di scarpe da lavoro marca Base». Hanno sequestrato anche il telefono di Lorenzo Parelli, rimasto sul pavimento del capannone. E messo i sigilli, circoscrivendo così il punto dell'incidente. «Sequestrato il macchinario industriale carroponte identificato con numero 12648». Gli operai e lo studente stavano lavorando alla produzione di una attrezzatura che serve al comparto siderurgico della zona.
Morti bianche
Quel pezzo da 150 chili è caduto giù dal carroponte e ha colpito in testa lo studente Lorenzo Perelli. La procura di Udine ha aperto un'inchiesta. Queste sono le parole scritte per la stampa, nel primo pomeriggio di ieri: «In relazione ai tragici fatti occorsi venerdì 21 gennaio presso lo stabilimento della Burimec in Lauzacco, dove ha perso la vita il giovane stagista Lorenzo Parelli, la Procura ha aperto un procedimento per l'ipotesi di omicidio colposo a carico del legale rappresentante, quale datore di lavoro, tenuto conto della necessità di svolgere attività di accertamento irripetibile nelle forme garantite di legge, al fine di addivenire ad una compiuta ricostruzione della dinamica dell'infortunio mortale».
Morti bianche
L'unico indagato per momento è il titolare dell'azienda, cioè il signor Pietro Shneider, già finito al centro di altre cronache che con questa tragedia non c'entrano niente. E comunque: nove mesi di reclusione che aveva patteggiato e poi sospesi con la condizionale, per aver pagato cene e garantito favori economici a un ufficiale della guardia di finanza. Per potere evadere le tasse. Fatti che risalgono al 2016. Né lui, né il direttore tecnico della Burimec, che ieri ha aperto il capannone per il sopralluogo dei carabinieri, hanno voluto spiegare qualcosa di più sulla dinamica dell'incidente. «Non voglio dire niente in questo momento di tragedia», dice l'uomo con le chiavi del capannone.
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È la madre di Lorenzo Parelli a scrivere sulla grazia di un ragazzo di 18 anni, entusiasta di tutto. Innamorato di tutto. E anche di quello stage. «Lorenzo era un ragazzo dal carattere buono con la b maiuscola, si adoperava in famiglia e con gli amici con disponibilità e generosità senza misura, sempre pronto a organizzare ritrovi ed eventi con l'unico scopo di stare in compagnia e in allegria». Racconta della sua moto nuova, la prima moto, comprata un anno fa, dei giri con il padre e con lo zio. Del carattere dolce, della passione per la montagna: «La amava in tutte le stagioni». Vita da diciottenne. Da studente. Quarto anno di meccanica industriale. «A casa guardava serie tv, giocava ai videogiochi».
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Ed è su questa vita sacrosanta da ragazzo appassionato di moto e montagna, che si sommano le parole del Novecento: «Putrella. Carroponte. Macchinario per la siderurgia». Uno di quegli amici che sfreccia in moto davanti a casa facendo si chiama Alex Pellizzari: «Era contento del suo stage. Non voglio parlare adesso, sento troppa rabbia». Anche il responsabile della scuola, don Lorenzo Teston, ritiene che non sia il tempo delle parole, a parte una specificazione: «Quello di Lorenzo Parelli era un centro di formazione professionale, che non c'entra con l'alternanza scuola lavoro. Dopo tre anni di formazione sui banchi, il quarto si faceva in azienda. Un tirocinio». Era pagato? «No, era sempre scuola, ma con uno stage in azienda».
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Chi era il responsabile? «La scuola accompagna ogni studente, è un progetto regionale. Il quarto anno è così. Ogni studente viene affidato, per un certo periodo, a una determinata azienda. Viene previsto nel corso di studi». Infatti Lorenzo Parelli aveva la tuta professionale marchiata con il nome della scuola, era là per imparare. «Devono spiegarci come è potuto succedere», dice con fermezza la madre Maria Elena Parelli, che di mestiere è insegnante. Nel capannone industriale della Burimec è morto uno studente, un ragazzo di 18 anni, un figlio.
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