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    LA PROPAGANDA CINESE CONTRO IL DALAI LAMA: “E’ UN BLASFEMO NON REINCARNATO. MENTE E BESTEMMIA” - L’AFFONDO DI PECHINO ARRIVA NEL 56ESIMO ANNIVERSARIO DELLA CACCIATA DEL LEADER BUDDISTA DAL TIBET


     
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    Giampaolo Visetti per “la Repubblica”

     

    dalai lama dalai lama

    Per i leader cinesi il Dalai Lama resta «un lupo travestito da agnello». Ora la definizione fa però un preciso salto di qualità: Tenzin Gyatso diventa un «blasfemo non reincarnato». Bestemmiatore e umano. Per i buddisti dell’Asia l’effetto è paragonabile a quello che una simile definizione eserciterebbe sui cattolici dell’Europa se si parlasse del Papa.

     

    L’attacco di Pechino contro il premio Nobel per la pace parte dall’Assemblea nazionale del popolo e non arriva in un giorno qualsiasi. Il 10 marzo del 1959, 56 anni fa, il 14° Dalai Lama fu costretto a scappare da Lhasa. La rivolta contro l’invasione maoista del 1950 fallì, il palazzo del Potala fu messo a ferro e fuoco dai cinesi e il giovane leader buddista fu costretto a lasciare il Tibet per sempre.

     

    Nel 2008, sempre il 10 marzo, alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino una sommossa dei monaci fu repressa nel sangue. Per le autorità comuniste insomma questo giorno resta una data cruciale.

     

    ignazio marino e il dalai lama che sbadiglia ignazio marino e il dalai lama che sbadiglia

    Il tempo scorre, il Dalai Lama è sulla soglia degli 80 anni e la sua successione diventa un incubo. Davanti ai leader rossi, riuniti nel palazzo affacciato su piazza Tiananmen, il governatore filo-cinese del Tibet ha ufficializzato così l’ultimo tentativo di delegittimazione dell’autorità spirituale buddista. Padma Choling, fedelissimo del presidente Xi Jinping, ha accusato il Dalai Lama di «bestemmiare», adombrando «pesanti dubbi» sul fatto che sia «la reincarnazione del suo predecessore».

     

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    L’alto funzionario di Pechino ha spiegato che ipotizzare che il prossimo Dalai Lama non possa reincarnarsi sul territorio cinese, come ha fatto Tenzin Gyatso, «è una profanazione del buddismo», possibile solo «a chi non ha origini divine».

     

    Dietro le dispute teologiche si cela uno scontro cruciale e totalmente politico. Da quando il Dalai Lama è riparato in India, insediando a Dharamsala il governo tibetano in esilio, la Cina tenta di assumere il potere di nominare il suo erede, completando così la colonizzazione della regione himalayana. E’ una guerra che coinvolge anche l’Occidente, Usa in testa, combattuta a colpi di designazioni unilaterali, come avviene con la nomina dei vescovi cattolici, ma pure con sequestri di persona e promozioni di monaci.

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    L’ultimo strappo, quattro anni fa: l’amministrazione statale per gli affari religiosi, sorta di ministero che controlla i fedeli delle varie confessioni, approvò la legge che fissa i criteri per una «legittima reincarnazione di Buddha». Gli eredi di Mao, orgogliosamente atei, stabilirono che il dio dei buddisti d’ora in poi non potrà che nascere in Cina, ossia sotto il potere dei funzionari del partito-Stato.

     

    Tenzin Gyatso, nel frattempo ritiratosi dalle responsabilità politiche del governo, rispose che al contrario, fino a quando le regioni del Tibet storico saranno sotto il dominio di Pechino, il suo successore non si sarebbe reincarnato sul territorio cinese. E’ la nuova “guerra della reincarnazione”, da cui dipende il destino del Tibet, ma pure quello dello Xinjiang, altra “regione ribelle” a minoranza musulmana, e indirettamente anche quello di Hong Kong e di Taiwan, dove da mesi monta il sentimento anticinese.

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    Per secoli i baby-pretendenti al trono del Potala hanno corso il rischio di essere assassinati da clan e sette rivali. Nel 1995 il bambino indicato dal Dalai Lama come la reincarnazione dell’undicesimo Panchem Lama, numero due della gerarchia lamaista, è stato rapito e Pechino ha insediato al suo posto il proprio candidato. L’attuale Karmapa Lama - capo di una delle scuole principali del buddismo tibetano - è vivo solo grazie ad una fuga da romanzo dalla Cina verso l’India, nel 2000.

     

    DALAI LAMA E NOGARIN DALAI LAMA E NOGARIN

    Con l’accusa di blasfemia la leadership cinese tenta dunque oggi l’ultima delegittimazione dell’anziano Dalai Lama, cercando di ridurlo allo stato di un umano che alla morte non può scegliere in chi reincarnarsi. Il timore di Xi Jinping è di dover presto apprendere il nome di un successore individuato da altri all’estero, libero dagli ordini del partito e capace di raccogliere l’immensa eredità morale e d’immagine di Tenzin Gyatso.

     

    IL DALAI LAMA PREGA NEL SENATO AMERICANO IL DALAI LAMA PREGA NEL SENATO AMERICANO

    In Tibet e in India la tensione è così di nuovo alle stelle. Centinaia di indipendentisti tibetani hanno manifestato ieri davanti all’ambasciata cinese a New Delhi, mentre una madre di tre figli si è data alle fiamme fuori da un monastero del Sichuan. E’ l’autoimmolazione anti-Pechino numero 137, la prima dell’anno. Impossibile invece documentare ciò che accade a Lhasa, da oltre tre anni inaccessibile ai giornalisti stranieri.

     

    IL DALAI LAMA E IL CAPO DEI SENATORI DEMOCRATICI HARRY REID IL DALAI LAMA E IL CAPO DEI SENATORI DEMOCRATICI HARRY REID IL DALAI LAMA SI TOGLIE LE SCARPE DURANTE UN DISCORSO A HANNOVER IN GERMANIA IL DALAI LAMA SI TOGLIE LE SCARPE DURANTE UN DISCORSO A HANNOVER IN GERMANIA DALAI LAMA E GORBACIOV DALAI LAMA E GORBACIOV DALAI LAMA DALAI LAMA IL DALAI LAMA CON NANCY PELOSI E JOHN BOEHNER IL DALAI LAMA CON NANCY PELOSI E JOHN BOEHNER

     

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