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    VITA, AMORI, MALATTIA E PROPOSTE INDECENTI SUL LAVORO, VALERIA FABRIZI SI RACCONTA - "UNA VOLTA UN REGISTA IMPORTANTISSIMO M’INVITÒ NELLA SUA STANZA CON L’INGANNO. PASSAI DIECI MINUTI D’INFERNO, IN GINOCCHIO, A URLARE “TI PREGO NON FARMI MALE” - E POI I PRETI (“QUANDO ERO PICCOLA MI TOCCAVANO LE TETTINE”), LA COPERTINA PER 'PLAYBOY' (“INIZIALMENTE MI SENTII UNA CIVETTA, POI MI SONO VERGOGNATA. È COME SE MI FOSSI VENDUTA”), IL TUMORE - RISPOSARMI? NO, HO SEMPRE AVUTO FARFALLONI INTORNO MA…


     
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    Raffaella Serini per Vanity Fair

     

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    Nel suo salotto pieno di fotografiecimeli e ricordi, tra un «Alida Valli era bravissima a fare le punture» e «questo servizio di posate è un regalo di Ava Gardner», mi allestisce un vassoio di frappe, tè e biscotti. «Io mi impiccio sempre, sono attenta», dice consigliandomi di appoggiare meglio la schiena sul divano.

     

    Oggi vive da sola, ma sola non è mai, c’è sempre qualcuno che passa a salutare: «Ho bisogno degli abbracci», dice. La sera, per addormentarsi, con la chitarra si suona ninnenanne «come mi ha insegnato il mio migliore amico Walter (Chiari, ndr)». La mattina, tutti i giorni, si augura «Buongiorno, perché anche oggi sono felice e viva».

     

    Una notte si è fatta l’intervista da sola: su un foglio ha scritto domande su vita, lavoro, amore, e le risposte. «Le ho imparate a memoria così quando vado in tv non mi vengono i vuoti». Ma i vuoti, mentre parliamo, non le vengono mai.

     

    Orfana di papà Alberto, catturato e ucciso dai tedeschi quand’era piccola, da ragazza ha lavorato al catasto, fatto la parrucchiera, la sarta, ché «di studiare non avevo voglia». Poi sono arrivati i fotoromanzi, i film, il quarto posto a Miss Universo, nel 1957.

     

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    «La bellezza è un dono, aiuta. Ma aiuta anche gli uomini a sbagliare», ammette. Quelli che «si prendono troppa confidenza» ci sono sempre stati. «Quando ero piccola c’erano i preti che ti toccavano le tettine», dice, «e poi le proposte indecenti sul lavoro. Una volta un regista importantissimo m’invitò nella sua stanza con l’inganno. Diceva che dava una festa e io mi presentai tutta bella, da sola. Passai dieci minuti d’inferno, in ginocchio, a urlare “ti prego non farmi male”». Il film? «Non l’ho più fatto, ma alle avance indesiderate non ho mai lasciato scampo».

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    Della sua vita, del suo lavoro, va orgogliosa. Tranne della copertina di Playboy, nel 1976. «Inizialmente mi sentii una civetta, poi mi sono vergognata. È come se mi fossi venduta», spiega. All’epoca era già sposata con Tata Giacobetti, voce del Quartetto Cetra scomparso nel 1988, ed era già mamma di Giorgia, rimasta figlia unica dopo la morte del piccolo Alberto, nel ’69, a un mese dalla nascita.

     

    Il primo amore si chiamava Sergio, faceva il tappezziere, lei aveva 16 anni. Un giorno la portò fuori con la moto e le chiese «vuoi essere la mia fidanzata?». Un anno dopo la lasciò, era geloso dei primi fotoromanzi. «Ma io non ricordo se ne soffrii».

     

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    risposarsi ci ha mai pensato? «No. Ho avuto farfalloni intorno, ma io mi sono sempre sentita appagata da mia figlia, da Mirtillo (il suo cagnolino nero, ndr), dagli amici. Ho una vita ricca e tanto da fare».

     

    Instancabile, Valeria Fabrizi si è dimostrata anche qualche mese fa, quando le hanno asportato un tumore e lei non ha smesso di andare sul set di Che Dio ci aiuti. «Per fortuna hanno tolto tutto e non ho fatto chemio, ora sto bene», racconta. L’unico dispetto dell’età, dice, è che si annoia di più («per passare il tempo rimetto a posto i cassetti, lavo, stiro»), ma ciò che la spaventa davvero è «dimenticare».

     

    Le dico che non corre questo rischio. «Per i colleghi più giovani sono una cantastorie: questi non sanno chi sono Tognazzi, Chiari. Io mi metto lì e glielo spiego».

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    Tra gli attori di oggi chi le piace? «Alessio Boni, Lino Guanciale. E soprattutto Serena Rossi, la mia pupilla. Ha talento e lo coltiva».

     

    Un desiderio ancora in sospeso? «Portare a teatro Angeli con la pistola (il film di Frank Capra del 1961, ndr). Io sono una creatura del palcoscenico e un po’ mi manca. Sento ancora il bisogno degli applausi».

     

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