La vita di Moby è come una di quelle favole che nascondono una morale: fama e denaro non danno la felicità. Nel suo caso, stavano per costargli la vita. Lo racconta lui stesso in un’autobiografia, Porcelain, di cui è stato recentemente pubblicato il secondo volume.
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Nel 1999 ha iniziato a lavorare come dj, ottenendo un discreto successo. La sua carriera già vacillava quando presentò il suo nuovo album, Play, in un negozio che contava appena 30 spettatori. Lui stesso era convinto sarebbe stato l’ultimo disco che avrebbe registrato nella vita. Ma invece è arrivata la svolta. Quel cd vendette oltre 10 milioni di copie, le canzoni divennero hit, utilizzate in diverse pubblicità, serie tv, film, trasformandolo dal giorno alla notte in una star di cui parlavano Bowie, Bono, Madonna, che vinceva Grammy, usciva con attrici famose e comprava grandi case.
Fu a partire da tutto questo che cominciò la sua caduta dentro una spirale infernale, di depressione, alcolismo, droghe, orge, rapporti sessuali “con chiunque dicesse sì”. L’autodistruzione culminò nel 2008, con un tentativo di suicidio. “Avevo assunto cocaina per una valore di 200 dollari e una manciata di Vicodin”, racconta nella sua autobiografia appena uscita e di cui The Times e Rolling Stone hanno pubblicato lunghi stralci.
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Moby non risparmia dettagli cruenti quando racconta il suo periodo più buio. Parla della sua costante insoddisfazione, del suo sentirsi completamente solo, nonostante la fama, nonostante tutti orbitassero intorno a lui. “Ricordo i primi drink con Ewan McGregor, finiti con Russel Crowe che gli urlava contro in bagno. Ricordo quel Natale in cui ho lanciato un coltello contro lo scrittore Jonathan Ames”. Ma l’aneddoto che più sta facendo discutere risale al 2001, quando, durante una festa, gli amici lo sfidarono a sfregare i genitali su Donald Trump, e lui accetto: “Fortunatamente non se accorse, non si mosse nemmeno”.
Con il nome di Richard Melville Hall, Moby è nato nel quartiere newyorchese di Harlem nel 1965, cresciuto in una casa povera. Suo padre morì quando aveva due anni, guidando ubriaco. Nel libro ammette che la fama divenne una droga, e quando i suoi dischi smisero di vendere, fu un duro colpo.
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