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    LA PROVA DI FORZA DELLA 'NDRANGHETA LOMBARDA – SANGUINOSA SPEDIZIONE PUNITIVA A MALTA PER PESTARE UN IMPRENDITORE: SCAVALCATA LA COSCA CALABRESE DI RIFERIMENTO - UNDICI ARRESTI TRA I QUALI QUELLO DI FRANCESCA RISPOLI, FIGLIA DEL BOSS VINCENZO GIA’ IN CARCERE PER MAFIA…


     
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    Giuseppe Guastella per il “Corriere della Sera”

     

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    Una sanguinosa spedizione punitiva a Malta fatta senza chiedere il permesso della cosca calabrese di riferimento dimostra la spregiudicatezza e l'autonomia raggiunte dal clan locale di Legnano-Lonato Pozzolo, la più potente della Lombardia colpita da una nuova raffica di arresti dopo quelli che negli anni scorsi hanno falcidiato l'organizzazione, gli ultimi per il racket parcheggi a Malpensa.

     

    Gli sviluppi delle indagini guidate dal pm Alessandra Cerreti della Dda di Milano, basati anche sulle rivelazioni dei pentiti siciliani Emanuele e Salvatore De Castro, portano all'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Alessandra Simion nei confronti di Francesca Rispoli, 31 anni, figlia del boss Vincenzo già in carcere per mafia, e di altre dieci persone accusate a vario titolo di estorsione, corruzione, favoreggiamento, spaccio di droga, detenzione di armi ed esplosivi e altri reati con l'aggravante dell'agevolazione mafiosa. Ci sono personaggi legati al clan locale che fa riferimento alla cosca Farao-Marincola di Cirò Marina.

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    Gente che, secondo le indagini dei Carabinieri di Milano, si è infiltrata nelle istituzioni, come dimostrano gli arresti di un perito della Procura di Busto Arsizio, di un geometra dell'Anas e il coinvolgimento di due agenti della Polizia Locale, che seguono quello nel 2017 di Danilo Rivolta, allora sindaco di Lonate Pozzolo. «La 'ndrangheta non è morta», dice il 25 gennaio scorso al telefono Giovanni Lillo, uno degli arrestati, alla compagna Francesca Rispoli.

     

    vincenzo rispoli vincenzo rispoli

    È lei a incitarlo e a pianificare la spedizione, secondo l'accusa, perché vuole che con i fratelli Giuseppe e Michele Di Novara (arrestati) dia una lezione a un imprenditore italiano che non ha pagato i Di Novara per un lavoro edile di appena 2.900 euro fatto in nero nell'isola. Un pestaggio brutale: denti e costole rotte, l'uomo finisce in ospedale nonostante, terrorizzato, avesse versato 2.000 euro mentre gli aguzzini erano in volo. I tre rientrano in Italia senza avvisare la cosca in Calabria. «Una prova di forza», scrive il giudice Simion, per far capire che «meritavano timore e rispetto».

     

    Un potere in grado di infiltrarsi nelle istituzioni corrompendo un geometra Anas dopo che un cantiere stradale dell'impresa di Cataldo Santo Casoppero (già in carcere per associazione mafiosa) era stato bloccato da due ispettori per alcune gravi irregolarità. «Qui di colleghi miei un po' sceriffi ci stanno però, (...)

     

    finché ci sto io che tengo le redini, regge il sistema», promette Riccardo Lazzari (arrestato), che fa ripartire i lavori dopo essere stato corrotto con la promessa di ricevere un escavatore. Casoppero ha amici anche nella Polizia locale di Lonate Pozzolo-Ferno. Un controllo dopo una segnalazione di abusi edilizi in un suo cantiere finisce nel nulla grazie a due agenti (indagati per rivelazione di segreto d'ufficio) che lo avvisano permettendogli di cavarsela con una sanzione di appena 500 euro.

    carabinieri carabinieri

     

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