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    LA RECENSIONE DI ALBERTO MATTIOLI A “ADRIANA LECOUVREUR” ALLA SCALA: “UNA FESTA PER GLI OCCHI E PER LE CARE SALME: FINALMENTE UNO SPETTACOLO “COME VOLEVA L’AUTORE”, CON I COSTUMONI D’EPOCA, TUTTI CHE FANNO QUEL CHE DEVONO FARE. PECCATO SOLO, NELL’ULTIMO ATTO, PER QUELLA SPECIE DI STUFA A PELLET CON IL FUOCO PIÙ FASULLO DI UNA PUNTATA DI ‘FORUM’ DOVE ADRIANA GETTA LE VIOLETTE ASSASSINE. PUBBLICO STRANO, NON DI HABITUÉ E ANCHE ABBASTANZA ROMPIBALLE, TELEFONINI E SIMILI, PERÒ CON MOLTI RAGAZZI A PREZZI DI PROMOZIONE: BENE COSÌ…”


     
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    Dall’account facebook di Alberto Mattioli

     

    Adriana Lecouvreur alla Scala Adriana Lecouvreur alla Scala

    Aggiornamento statistico: ieri sera la mia recita d’opera numero 1.879: “Adriana Lecouvreur” alla Scala - In mezzo ai quattro cavalieri dell’Apocalisse, la guerra, il Covid, il sindaco Sala e il prorettore della Bicocca, benvenuta la pausa nel salotto di Nonna Speranza e Francesco Cilea, operista gentile. Questa produzione “global” di sir David McVicar ha girato Londra, Parigi, Barcellona, Vienna e San Francisco e c’è anche il dvd, sicché l’hanno già vista tutti.

     

    Della regia originale, temo, non resta molto, però è una festa per gli occhi e per le care salme: finalmente uno spettacolo “come voleva l’autore”, con i costumoni d’epoca, tutti che fanno quel che devono fare, Paride vestito da Paride e con la mela, le rutilanti scenografie (e gli intervalli interminabili per smontare e rimontare). Peccato solo, nell’ultimo atto, per quella specie di stufa a pellet con il fuoco più fasullo di una puntata di Forum dove Adriana getta le violette assassine.

     

    Adriana Lecouvreur alla Scala Adriana Lecouvreur alla Scala

    Bella direzione di Giampaolo Bisanti che sceglie tempi piuttosto veloci per le parti da commedia e sottolinea il turgore cantabile di quelle appassionate: Cilea non è un melodista molto fecondo, ma quando ci azzecca si gode assai. Bisanti manca forse un po’ di liberty e di sottigliezza, ma insomma ci siamo. Maria Agresta evita fortunatamente di attaccarsi alle tende e simili.

     

    Canta assai bene, specie i pianissimi in acuto che sono magnifici; al centro e in basso invece deve talvolta cercare il volume quindi “apre” e anche la dizione diventa artefatta. Non ha un gran carisma scenico e non è che le tirate di Racine siano proprio travolgenti. Però questa Adriana meno diva e più donna forse non commuove ma di certo convince. Delusione invece per Anita Rachvelishvili baritonalizzata, che alla fine non è nemmeno uscita a prendere gli applausi.

    Adriana Lecouvreur alla Scala Adriana Lecouvreur alla Scala

     

    Yusif Eyvazov secondo me funziona meglio in parti più acute e più eroiche, dato che è uno dei pochi tenori in circolazione dotati di acuti e di squillo. Per Maurizio servirebbe un timbro più affettuoso, però  Eyvazov sa cantare, quindi i micidiali attacchi “scoperti” delle sue arie, dove molti o stonano o muggiscono, sono risolti a regola d’arte. Alessandro Corbelli come Michonnet è un monumento al teatro: la prima e temo unica volta che ho sentito ridere alle battute del primo atto. Che classe.

    Adriana Lecouvreur alla Scala Adriana Lecouvreur alla Scala

     

    A parte un Bouillon non memorabile, eccellenti i comprimari. Il sor Carlo Bosi è il miglior Abate immaginabile, benché sormontato da una parrucca pazzesca, e i quattro guitti sono bravissimi tanto che vanno citati: Caterina Sala, Svetlina Stoyanova, Francesco Pittari e Costantino Finucci. La loro filastrocca dell’ultimo atto per una volta non sembrava la colonna sonora di un cartone animato.

     

    Adriana Lecouvreur alla Scala Adriana Lecouvreur alla Scala

    Pubblico strano, non di habitué che hanno snobbato il poro Cilea, e anche abbastanza rompiballe, telefonini e simili, però con molti ragazzi a prezzi di promozione: bene così. La tirata del russo Mencikoff non è stata né tagliata come si faceva una volta né censurata come magari potrebbe venire voglia di fare oggi a qualche cretino (non si sa mai, la stupidità celebra ogni giorno nuovo trionfi). Certo che l’uno-due di Covid e guerra sta mettendo nei guai i teatri. La Agresta, che era l’Adriana della prima compagnia, si fa anche le recite della seconda al posto della Netrebko troppo russa; Eyvazov, che era il Maurizio della seconda, si fa anche le recite della prima perché De Tommaso è positivo: tempi duri per i casting manager. Comunque stasera tutti di nuovo alla Scala per la prima Dama di picche degergievizzata. Gliela facciamo vedere noi, a Putin!

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