Barbara Costa per Dagospia
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Da che pulpito, Robby Krieger!? Tu, chitarrista dei Doors, tu che hai scritto "Light My Fire", canzone culto, canzone stemma, canzone che “da sola è la più redditizia di tutte le altre canzoni scritte dai Doors messe insieme”, tu, con che coraggio ti metti a fare la paternale a Jim Morrison, e alle sue personali scelte di vita? Con che vena riempi la tua appena uscita autobiografia "Set the Night on Fire", di acidità su Jim, esternando un rancore che ti porti dentro da 50 anni?!? Gran brutta bestia, l’invidia tra uomini, se ne parla poco, se ne parla mai, ma tu fai un’eccezione: 440 pagine di ruggine repressa, riversata su questa tua versione della storia dei Doors, l’unica che ancora mancava all’appello.
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Hai aspettato il 50esimo della morte di Jim Morrison, 8 anni da quella di Ray Manzarek, e che John Densmore fosse messo non KO ma in ambasce dall’acufene che lo dilania, per prenderti nero su bianco la tua rivincita. Sai, Robby, è difficile da digerire il gusto con cui ricami ciò che sostieni di sapere dei fatti privati di Morrison: tu ci racconti che Jim era “un ragazzino cresciuto, e dispettoso, e capriccioso”, “che si pisciava addosso”, che “orinava regolarmente in pubblico”, e che “si è fatto crescere la barba per nascondere il doppio mento”.
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E che Jim a un certo punto si becca la sifilide, non se la vuole curare a imitazione di Baudelaire, e che tu, ne sei sicuro, che “Jim fosse sterile”, altrimenti come spiegarlo, che in tutti questi anni, calcolando le innumerevoli copule no condom di Jim, solo una persona abbia reclamato il test del DNA (risultato negativo) recriminando soldi e paternità?
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Tu, Robby, davvero pensi di persuadermi che Jim, nel famigerato concerto di Miami, quello per cui in primo grado fu condannato per il suo pisello mai mostrato, che lì Jim, prendendo in braccio quell’agnello, abbia detto “me lo sc*perei ma è troppo giovane”??? Ma c’è di peggio: c’è che tu moralizzi l’alcolismo di Jim e la sua passione per l’acido (che era anche la tua) per poi farci sapere, ma solo a p.252, che tu, per quasi 20 anni consecutivi della tua vita, e precisamente dai 30 ai 45, più successive ricadute, sei stato a farti di eroina, cocaina, e speedball.
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Testuale: “Con la sola eroina, di solito ti fai un paio di buchi al giorno. Con gli speedball te ne fai uno dopo l’altro, e poi un altro ancora, finché non ne hai più e esci a procurartene e te ne fai ancora, a ripetizione, per giorni interi”. E di chi sarebbe la "colpa" di una tale caduta agli inferi? Della tua depressione innescata da Jim, dalla sua morte improvvisa, che ha portato alla fine dei Doors, mutuati in un rimpianto, e nei vani “tentativi di sfuggire all’ombra del passato” (ma tu e John, con una band post Doors chiamata "Butts Band", e Butts ovvio sta per c*li, dove credevate di andare??).
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Dì la verità, Robby: quanto hai avuto soggezione, di Jim, in vita, e quanta Robby, ne hai tuttora? La tensione che c’era tra voi, la tensione che ti procurava l’ego di Jim, la sua cultura smisurata, la sua personalità già ben radicata, questa sì la chiave, la causa scatenante di questo tuo memoir, la molla che credo ti abbia portato a scriverlo. Non prendiamoci in giro. Non è che il tuo livore verso Jim ha, come intima radice, pure quella inserita nel capitolo "Lynn"?
Tua moglie, Robby, con la quale hai condiviso decenni di droghe pesanti, con la quale hai fatto un figlio che da piccolo se l’è cavata da sé, “cibi precotti e microonde”, perché gli è toccato crescere con due genitori persi nella tossicodipendenza (“mio figlio che mi guarda con terrore mentre mi scarnifico un braccio con le pinzette per difendermi da insetti invisibili, frutto di allucinazioni”).
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Secondo te, Robby, la tossicodipendenza può essere ereditaria, perché così è stato nella tua famiglia: tu scrivi che tua nonna e tua madre erano schiave di pillole rosse e verdi di codeina, e che pure tuo figlio da adulto nella droga c’è cascato, poi per fortuna salvato, e non morto consumato, annegato, come tuo fratello gemello Ronny, su cui l’LSD ha scavato contraccolpi psichici, bui ricoveri in cliniche, fino a che non lo avete rinvenuto morto (“gli ho ripetuto per anni che figata fosse farsi di acido”). Ma vorrei ritornare, Ronny, su te e Lynn: si intuisce, tra le tue righe, il tuo astio verso Jim, quando sveli che Lynn, prima di mettersi con te, è stata la ragazza di Jim, non un’avventura da una botta e via e neanche un fidanzamento, e però… una storia. Alla fine Lynn ha scelto te. La tua “dolcezza, sicurezza”.
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OK. Ma non credi di avere esagerato a scrivere che, saputo della morte di Jim, “la mia reazione fu di sollievo, Jim aveva raggiunto il suo obiettivo…”?!? E perché a p.249 e a p.255 smentisci che Jim sia morto di eroina, ma poi a p.404 affermi che non gli hanno fatto l’autopsia “per non rivelare la presenza di eroina nel suo corpo”?
È proprio vero quanto si dice: quando eravate i Doors, spesso voi tre avete fatto la guerra a Jim, alla sua anarchia, al suo 'fanc*lo gloria e successo. Poi, morto Jim, la guerra ve la siete fatta voi tre. Il tuo libro, Robby, è maniacale nel descriverla in ogni fase. E solo nel penultimo capitolo tu rendi a Ray ciò che è di Ray, e cioè che senza Manzarek (e Jim) non ci sarebbero stati i Doors, né la celebrità strameritata e imperitura, né i milioni che ci hai guadagnato e in cui meritoriamente vivi, e né il motivo per cui tu, Robby, sei Robby Krieger, e hai trovato in quella band, “parti diverse unite in un misterioso, musicale, sballato accidente”, la tua ragione di vita e spinta a scrivere questa autobiografia.
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E quanto male fanno, Robby, le tue ultime pagine su Ray. Non è giusto svigorire le scosse che, con il rock dei Doors, ci avete dato e tramandato. Ray ha detto le sue caz*ate, lo sappiamo, e però, era una brava persona. È grazie a lui, al suo zelante doorsiano evangelismo, che i Doors sono arrivati alle nuove generazioni, fino alla mia, e fino agli odierni Måneskin (che pure negli USA state conoscendo benissimo).
È grazie a Ray che siete arrivati nei paesi dell’ex Unione Sovietica, quand’erano sotto il marcio del comunismo, e assaporavano una ipotesi di libertà, un “break on through”, coi dischi piratati dei Doors (ma questo, nel tuo libro, non ha trovato spazio). Certo non grazie a te, Robby, che, prima di questo libro, e finché Ray è stato in vita, te ne sei sempre stato in disparte, e zitto!
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E non certo grazie al film di Oliver Stone, su cui tu ti soffermi, e per un capitolo intero, e per lamentarti che lì “io vengo descritto come un lagnoso”. Oh, scusa tanto, Robby, se nessuno, e nemmeno la sottoscritta, nel film si accorge del tuo “fugace cameo, io passo a fianco alla band nel backstage del London Fog”, al contrario di John, che si vede e parla, all’inizio, è l’assistente di Jim/Val Kilmer che incide "An American Prayer". Ah. Leggo sul tuo profilo FB che l’8 dicembre suoni al "Whisky a Go Go". Proprio quel posto lì. E proprio il giorno del compleanno di Jim. Guarda un po’ che dannata coincidenza…
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