Arianna Di Cori per la Repubblica - Roma
time is out of joint
Quello che ne abbiamo sempre troppo poco e quello che, secondo Eraclito, è "un bambino che gioca a dadi"; quello che è sempre relativo eppure illusorio. A un anno esatto dalla rivoluzione Galleria Nazionale firmata Cristiana Collu, l' occasione di ritornare sul concetto di tempo - che a partire dal titolo dell' allestimento permanente "Time is out of joint", è dichiaratamente al centro della visione della nuova direttrice - è più che mai appropriata.
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E per farlo, ecco due mostre, entrambe giocate sul rapporto passato-presente e trasformazione: la collettiva "Corpo a Corpo", e "Unicinematic" dell' artista greco George Drivas. La prima esplora la relazione tra corpo femminile e arte dagli anni '70 ad oggi. Non mancano le leggendarie pioniere della body art come Marina Abramovich e Gina Pane con i suoi tagli autoinferti, le spine conficcate nella carne e le rose bianche insanguinate che fecero scandalo nella performance "Azione sentimentale".
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"Quello sul corpo della donna è un dialogo aperto - spiega la curatrice Paola Ugolini - che oggi continua a riverberare nei media e nella società". Una "materia incandescente", sul quale riflettono artiste della nuova generazione come Valentina Miorandi (suo un lavoro di videoart in cui diverse bocche, orientate in verticale a ricordare una vulva, parlano di piacere femminile) o Chiara Fumai, con una grande installazione dove l' artista legge Valerie Solanas.
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Alle sue spalle campeggia la scritta, "A male artist is a contradiction in terms", emblema dello SCUM manifesto edito nel 1967 dall' attivista statunitense. E le contraddizioni, stavolta in chiave politica, sono anche l' anima del lavoro di Drivas. Le sale, chiuse da morbidi tendoni bianchi, sono un susseguirsi di opere video dell' artista dal 2005 a oggi. Si parte dalla storia d' amore di una coppia della Berlino est e Ovest, e si giunge a due minifilm che narrano di un futuro distopico che sembra alle porte.
marina abramovic
"Il mio lavoro ragiona sull' uso che si fa dal potere, è arte politica in un mondo che ha bisogno fermarsi a riflettere", spiega l' artista, che rappresenta la Grecia alla Biennale. E ascoltando un direttore d' azienda pronunciare il discorso ad Harvard di Marshall, da cui nacque l' omonimo Piano, e un sindacalista ripetere le parole di Che Guevara, affiora alla mente la frase di Karl Marx "la storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa".
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