Fabio Martini per la Stampa
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Alle sue spalle sette ore di vertice faticose per l' Italia e nulla da riportare a casa sul fronte migranti, ma quando si presenta davanti ai giornalisti, il professor Conte non se la prende con i partner «cattivi» e invece smussa e sopisce:
«Non ho mai avuto il senso di un contesto europeo di rapporti incrinati, di situazioni in cui mi trovo in difficoltà nei confronti dei colleghi. Anzi quando si parla di immigrazione c' è molta considerazione per lo sforzo dell' Italia». E sul caso che tante controversie ha suscitato anche fuori Italia, il presidente del Consiglio usa un vocabolario realistico e misurato, ignoto nel suo governo: «Il caso Diciotti ci vede tutti perdenti.
Se l' Europa vuole esprimere una politica in materia di immigrazione deve rivedere il regolamento di Dublino e quanto prima perseguire nuovi meccanismi nel segno della solidarietà».
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L' anima del mediatore Certo, Giuseppe Conte ha l' anima del mediatore e d' altra parte le circostanze della vita gli hanno affidato il compito davvero originale di mediare tra due personaggi di temperamento e innamorati del consenso come Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
Ma è pur vero che dopo un vertice come quello di Salisburgo c' è poco da gioire. Un vertice difficile. Il vertice dell' isolamento. I grandi, Germania e Francia, hanno snobbato l' Italia, mentre gli alleati «ideologici» come i Paesi Visegrad non si sono sporcati le mani per il Belpaese. Del dossier Sophia, che tanto sta a cuore a Salvini, gli altri non hanno parlato.
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Risultati palpabili, zero. Con un aggravante: quel che Merkel e Macron non hanno detto dentro il vertice, hanno provveduto a dirlo ai giornalisti. La Cancelliera, dicendo chiaro che sulla redistribuzione dei migranti non sono stati fatti passi avanti; il presidente francese minacciando di «espellere» l' Italia da Schengen.
Le regole auree della politica e della comunicazione dicono che in casi come questa la colpa è sempre degli altri. Il capo del governo italiano invece ha preferito controbattere, anche con un certo stile. Alludendo agli attacchi di Macron ha detto: «Sul fatto che ci possa essere polemica con Salvini, capite che c' è una campagna elettorale in prospettiva e dei partiti politici dietro».
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Ma nell' approccio molto diplomatico di Conte c' è una ragione politico-finanziaria fortissima, la vera chiave per spiegare la prudenza del governo italiano in questo vertice: da quando si è aperto un contenzioso con l' Europa sulla imminente legge di Bilancio, l' Italia ha messo il «silenziatore». L' Europa è uscita dai radar di Salvini e Di Maio, che per mesi non hanno parlato altro che dei poteri forti di Bruxelles. Conte conosce le regole, sa che sparando a zero su Merkel, Macron e sugli eurotecnocrati rischierebbe di polverizzare lo «sconto» di 8-10 miliardi che il governo italiano conta di portare a casa nelle prossime settimane.
DONALD TUSK ANGELA MERKEL GIUSEPPE CONTE MOAVERO
Dossier immobili L' Italia non ha potuto andare all' attacco, anche perché i tre dossier sull' immigrazione sono immobili. La trattativa sui migranti «evasi» dall' Italia? Durante il vertice, Conte ha fatto una promessa a futura memoria: «Do la mia parola pubblicamente, che una volta fatto un accordo generale, riprenderemo sino all' ultimo migrante assegnato in quota all' Italia che dovesse valicare i confini in modo irregolare».
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La prospettiva di una solida polizia internazionale come Frontex? «Potenziare Frontex fino a diecimila uomini fa anche sorgere problemi circa l' utilità di un tale investimento. Preferirei che tutti questi investimenti fossero destinati all' Africa. E c' è anche un problema politico: è chiaro che un simile dispiegamento di uomini pone un tema di sovranità. Tutti i Paesi membri è chiaro che sono gelosi, e l' Italia non è da meno».
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