Massimo Franco per il "Corriere della Sera"
sergio mattarella emmanuel macron mario draghi 2
La manovra era in incubazione da qualche giorno: trasformare la «variante Omicron» del Covid in variabile per il Quirinale. Usare dunque la pandemia come alibi per riproporre un'ingessatura istituzionale, e schermare così l'impotenza delle forze politiche. La manovra rivela l'esistenza di una sorta di «partito del patatrac»: una filiera che scommette su una recrudescenza dei contagi o su una crisi delle Borse, o su qualche altra situazione-limite, per spingere il capo dello Stato, Sergio Mattarella, a ripensare al «no» a una ricandidatura; e per sventare l'elezione di Mario Draghi al Quirinale.
mario draghi sergio mattarella
Il problema è che la strategia circola molto nella testa dei partiti, dal M5S, al Pd, a FI, alla piccola nebulosa centrista di Carlo Calenda e Matteo Renzi; e perfino, ultimamente, in settori della destra. Ma non trova nessun riscontro al Quirinale, dove il «no» del presidente della Repubblica rimane fermo. La previsione che di qui a metà gennaio, quando si dovranno riunire le Camere per votare il suo successore, la situazione possa peggiorare in modo emergenziale, è considerata come minimo prematura; di certo piuttosto strumentale.
mattarella draghi
In apparenza si tratta di un'operazione che denota un grande senso di responsabilità: non interrompere l'opera insostituibile dell'esecutivo e assicurarsi anche la continuità di una maggioranza inedita. Vista con più freddezza e meno retorica, tuttavia, si delinea piuttosto una ricerca del «male minore» per i partiti che la coltivano; e che potrebbe avere effetti paradossali: portare in poco tempo l'Italia da una situazione in cui i suoi vertici sono rappresentati da Mattarella e Draghi, a una in cui entrambi i «garanti» uscirebbero di scena.
mario draghi e sergio mattarella all altare della patria
L'insistenza sul premier destinato a rimanere a Palazzo Chigi «fino al 2023» in realtà nasconde un'illusione e un calcolo. L'illusione è che la maggioranza possa sopravvivere a uno scontro al buio dei partiti sul Quirinale. Il calcolo è che un capo dello Stato diverso dall'attuale premier restituisca il potere ai partiti dopo la parentesi apertasi nel febbraio del 2020. Ma né questa ipotesi, né una conferma a tempo di Mattarella risolverebbero l'incognita del futuro di Draghi e del suo governo.
sergio mattarella mario draghi
Servirebbero solo a nascondere le divergenze dentro e tra le forze politiche, senza salvare l'esecutivo. Quando FI insiste sul premier fino al 2023, in realtà asseconda le ambizioni di Silvio Berlusconi sul Quirinale: operazione che il Cavaliere persegue con metodo, contando i transfughi grillini che in Parlamento potrebbero gravitare nella sua orbita.
Quanto al Pd, dietro il «Draghi per sempre» c'è la speranza tenace di piegare il «no» di Mattarella fino a un sì in extremis: un modo per evitare la gara tra i molti aspiranti, e per preservare non tanto gli aiuti europei, ma gli equilibri di partito. E nel Movimento Cinque Stelle, le lodi sperticate a Mattarella che nel 2018 Luigi Di Maio voleva far processare dal Parlamento, nascono solo dalla paura di elezioni anticipate: senza rendersi conto che è una prospettiva sciagurata, slegata dall'approdo di Draghi al Quirinale e incombente proprio per la crisi del sistema.
sergio mattarella e mario draghi
Per questo Mattarella ha ripetuto più volte che non pensa al bis. Chiunque lo conosca bene sa che lo ha voluto mettere in chiaro proprio per togliere alibi ai partiti e costringerli a trovare quanto prima un candidato comune. Si eviterebbe una rissa pericolosa soprattutto per i contraccolpi internazionali. Chi scommette sul disastro italiano da qui a gennaio per sostenere che non esiste alternativa alla conferma di Mattarella e Draghi trascura quanto è accaduto dal 2018 a oggi.
Tende a esagerare un'emergenza che tale non è; e che si spera rimanga comunque sotto controllo. Quelli che al Quirinale chiamano i «piccoli bis» presidenziali sono scivolosi. Producono una miscela di immobilismo e di uso strumentale della Costituzione. Si è visto con Giorgio Napolitano, rieletto dopo una richiesta pressante e quasi unanime dei partiti, e una serie di votazioni andate a vuoto.
sergio mattarella e mario draghi
Quando due anni dopo si è dimesso, è stato salutato in modo ingeneroso da molte delle stesse forze politiche che lo avevano pregato di accettare. Ogni giorno che passa lo scenario promette di complicarsi, è vero. Semplificarlo con un congelamento del presente, però, significherebbe solo rinviare i conti con la nuova fase che l'Italia si trova di fronte; e che richiede un garante credibile per i prossimi sette anni.