Gianmaria Tammaro per repubblica.it
ANDREA DELOGU
40 e sto non è solo uno spettacolo teatrale. Per Andrea Delogu è una possibilità per essere onesta, liberarsi e ripercorrere la propria vita. Dall’infanzia, in parte trascorsa nella Comunità di San Patrignano, al lavoro di oggi: gli amici, gli amori, le mille sfide. “Le cose che racconto”, dice, “sono tutte vere”. Scritto con Alberto Caviglia, Rossella Rizzi e Giovanna Salvatori e diretto da Enrico Zaccheo, 40 e sto è un lungo monologo che si divide tra presente e passato, che s’infila senza paura nell’intimità dei rapporti e che fotografa candidamente la realtà. Dal cinema alla televisione, e dalla musica ai social network. Ogni capitolo di questo spettacolo è uno spicchio di vita vissuta: sfaccettata, complicata, vera.
Andrea Delogu in scena con '40 e sto' Dopo il successo a Latina, Andrea Delogu sarà a Botticino (11 novembre), Bagnolo in Piano (12 novembre), Atessa (25 novembre), Barga (3 dicembre), Francavilla Fontana (9 dicembre), L’Aquila (13 e 14 dicembre) e Napoli (dal 15 al 18 dicembre). “Ho fatto questo spettacolo perché volevo condividere quello che ho provato con gli spettatori. Cercavo una conferma: di non essere l’unica ad aver vissuto queste esperienze. E alla fine di ogni spettacolo, mi fermano moltissime signore; e mi dicono la stessa cosa: è così, hai ragione, è capitato anche a me”.
ANDREA DELOGU
Perché ha scelto proprio il teatro?
“Perché il teatro ti dà una libertà estrema. Se fai una serie tv, devi seguire un copione. Un podcast è un podcast, non si trasforma con il tempo: rimane sempre lo stesso. Uno spettacolo, invece, può cambiare dopo ogni replica. Per me 40 e sto non è ancora definitivo; voglio prima completare questa tournée, confrontarmi con il pubblico, e poi, solo poi, chiuderlo. In quel momento potrà trasformarsi in qualcos’altro”.
Per ora come sta andando?
“Le persone rispondono, ed è incredibile. Ci sono delle frasi, delle battute, che fanno centro ogni volta. Una signora, durante la prima a Latina, ha urlato: hai fatto bene! E io non me lo aspettavo, giuro”.
È difficile mettersi a nudo in questo modo ogni sera?
“In realtà no. Mi sento più al sicuro sul palco; so che in quel momento, mentre mi sto esibendo, non può succedermi niente. Spiegare diventa improvvisamente più facile, e il teatro fa esattamente questo: ti dà tempo”.
E la televisione?
ANDREA DELOGU
“La televisione rimane il mio grande amore, ma è fatta di spazi: servono spazi per poter fare il tuo programma; servono spazi per esprimersi; servono spazi per andare avanti. C’è bisogno di un momento preciso in cui le cose si possono fare, e quindi si devono affrontare tante attese. Io, però, non so aspettare. E allora cerco altri impegni”.
È nato così '40 e sto'?
“Quando stavamo scrivendo questo spettacolo, io avevo un’altra idea: doveva essere una cosa leggera e divertente. E finché ci siamo passati il copione e ci siamo fatti appunti a vicenda, è stato esattamente così. Poi, quando sono andata in scena per la prima volta, durante le prove, tutto ha assunto un’altra dimensione”.
Quale?
“È stato complicato, e io sono tornata in analisi. Puoi fingere di essere forte, di saper resistere agli schiaffi della vita, ma alla fine alcune scelte vengono fatte per necessità. E io, mettendo nero su bianco quello che ho passato, ho capito perché ho preso certe decisioni”.
Mi dica.
ANDREA DELOGU
“A un certo punto ho davvero voluto una famiglia, e la necessità di cercarla, di farla mia, era sincera. Ed era quasi disperata come necessità. All’improvviso, però, ti rendi conto di doverti muovere in un sistema che non conosci e riconosci, e quindi devi decidere. Inseguire l’idea di tutti o essere te stessa, anche a costo di essere quella strana”.
E lei ha scelto di essere sé stessa.
“Sì, e sa perché? Cresciamo in un contesto particolare, in cui continuano a ripeterci che senza raggiungere un certo obiettivo saremo incompleti per sempre. E di questa cosa parlo sul palco. Non tutti vivono la stessa vita, e non tutti riescono a stare insieme per cinquant’anni. Io, per esempio, non ce l’ho fatta. Bisogna rischiare, questo sì. E bisogna rischiare per essere liberi, e io sono felice unicamente così”.
In che senso?
“Io non mi sento diversa; mi sento me stessa. Gli amori sono passati, è vero. Ma le amicizie no. E non parlo solo di Ema (Stokholma, ndr); parlo di tutte le persone che fanno parte della mia vita. Senza di loro, sarei sola”.
Nel suo spettacolo, parla pure di questo: della poca importanza che tendiamo a dare, spesso, all’amicizia.
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“È come se il nostro mondo dovesse essere solo casa e lavoro. Tutti i miei ex e anche il mio ragazzo attuale sapevano e sanno che stare con me significa stare con il mio mondo e i miei amici. Perché la famiglia, alla fine, è quella che ci scegliamo”.
La colonna sonora di '40 e sto' si divide tra gli 883 e Ambra Angiolini. Perché?
“Perché hanno segnato due periodi particolari della mia vita. Max Pezzali scrive esattamente quello che prova, e non è mai cambiato. È rimasto legato al suo lato più umano e concreto, ed è rimasto legato alla gente. Se ti allontani dalle persone, non puoi parlare della verità; finirai per mentire. E Max non mente mai. Io, quando mi sento triste, ascolto a tutto volume Me la caverò”.
E Ambra?
“Il suo T’appartengo è una bandiera; io l’ho davvero intonata al mio matrimonio durante lo scambio delle promesse. Ambra cantava questa canzone da ragazzina, e usava il nostro linguaggio, le nostre parole: aveva colto l’essenza della nostra idea di amore”.
Che cosa significa, per lei, essere felici?
“Significa essere fieri di sé stessi. Io sono felice, sì, ma solo a tratti. Vengo attraversata da scariche di felicità, e se lavoro lo faccio proprio per questo motivo”.
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Essere felici e convivere con il continuo giudizio delle persone, soprattutto sui social, è difficile?
“Non è difficile: è difficilissimo. Devi fare un lavoro particolare su te stessa, e devi ricordarti sempre che stare sotto i riflettori, alla mercé dei commenti altrui, non è normale. E visto che non è normale, bisogna imparare a proteggersi. Non è vero che le critiche ci scivolano addosso: e non è vero per me come non è vero per una ragazza che va al liceo. Siamo animali, facciamo parte di branchi; e tutto quello che il branco vuole, a volte, è distruggerti”.
Parliamo di Luigi, il suo nuovo fidanzato. C’è anche lui in '40 e sto'.
“Luigi è arrivato in un momento particolare, quando praticamente non ci speravo più. Anche io, prima, ho pensato alla differenza d’età, agli anni che ci separano. E volevo essere solo sua amica. Lui, invece, ha cominciato a corteggiarmi. Ed è stato allora che mi sono lasciata andare, che ho dimenticato qualunque etichetta. Non volevo parlare pubblicamente di questa storia, ma alla fine siamo stati paparazzati”.
E che cosa ha pensato?
“Che non me ne fregava un cazzo, ecco. E non è solo una questione di libertà: è proprio la mia idea del futuro”.
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Lei chi è oggi?
“Sono una ragazza, una donna, che ci crede ancora. Se smettessi di crederci e di rischiare, sarei finita”.
Di che cosa ha paura?
“Di non essere più curiosa. È la curiosità che ci tiene vivi. Io ho preso tanti rischi nella mia vita. Ho scritto un libro per due anni senza nessuna certezza di successo (Contrappasso, HarperCollins, ndr); ho lavorato a uno spettacolo per mesi interi. Se va male, ci sto male: certo. Ma sono pronta a ricominciare, a rialzarmi”.
Ricevere un no, un rifiuto, serve?
“Assolutamente. I no sono più importanti dei sì. Senza i no non riesci a migliorare. Rimani immobile. Fermo. E invece, soprattutto in questo lavoro, devi ascoltare, essere pronta, e devi impegnarti. Senza i no, finisci per accontentarti. E io non voglio accontentarmi”.
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