margherita panziera
Giovanni N. Ciullo per www.repubblica.it
È un incontro che comincia di spalle, le sue. […] Sono le stesse spalle che dà all’acqua da sempre, nuotando sul dorso da quando ne ha memoria: «Avevo 5 anni ed è stato subito lo stile che mi veniva meglio. E sa perché? Mi permetteva di respirare. Libera, sempre. […]Con il dorso sei naso all’insù: respiri e guardi in alto. Pensi a niente, a un soffitto da scalfire o a quel cielo sopra i tuoi sogni».
I suoi, di sogni, hanno portato Margherita Panziera, 27 anni, a vincere più di 50 medaglie nei campionati italiani e 13 in competizioni internazionali, di cui 4 ori in tre edizioni consecutive degli Europei: Glasgow 2018, Budapest 2020 e, pochi mesi fa, Roma 2022. Così questa 27enne sintetizza l’anno straordinario del nuoto italiano (con Benedetta Pilato e Simona Quadarella), nella prima stagione senza Federica Pellegrini. […]
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margherita panziera vince i 200 dorso foto fraioli gmt 593
La piscina com’è entrata nella sua vita?
«A Montebelluna, Treviso, dove sono nata. Era vicino a casa, da piccola ero magrolina e il nuoto poteva solo farmi bene. Avevo 5 anni, un sacco di energia, ero obbediente e con una buona acquaticità: il resto è venuto da sé e non sono più uscita da quella vasca. Finché, dopo il liceo, mi sono trasferita Roma».
In che tipo di famiglia è cresciuta?
«Mamma infermiera, papà ingegnere chimico, sorella di due anni più piccola che ha nuotato per un po’ e ha preferito lasciare. Fu mia madre a scegliere l’Aniene, la società migliore in Italia e a convincermi ad andare nella capitale. […]».
margherita panziera foto fama gmt 782
Fu il classico “punto di non ritorno”?
«C’era già stato, con la prima medaglia a livello giovanile, a 15 anni. È stata la mia condanna: “Cavolo Margherita”, mi dicevo, “se quella gara la sbagliavi ora non saresti qui a fare fatica, a soffrire”».
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Colleghe che le piace citare?
«Benedetta Pilato, che a 17 anni ha vinto un oro mondiale straordinario. Simona Quadarella: un’altra vincente. E poi, ovviamente, Federica».
Quanto manca al nuoto italiano Pellegrini?
«Se si buttasse in acqua oggi farebbe ancora ottimi tempi. È una grande, una extraterrestre. Faceva allenamenti devastanti, i ragazzi faticavano a starle dietro. Trovarne un’altra è impossibile. Eppure a Rio 2016, quando arrivò quarta ai 200 stile per pochi centesimi, venne attaccata in maniera assurda senza capire cosa significasse per lei non essere su quel podio, non rappresentare l’Italia con la medaglia al collo. Dietro quei maledetti centesimi si erano “congelati” anni di allenamenti e ambizioni. Questo lato dello sport è oscuro. Non siamo macchine, robot. Si pensa spesso solo alla fatica fisica, ma quella mentale, di testa, spesso è peggiore».
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E ci sono pressioni psicologiche, come l’inchiesta sulle ginnaste proverà a indagare.
«È terribile. Non significa che tutto quel mondo sia così, ci sono tante persone serie, ma è giusto fare luce al più presto. A me non è mai capitato nulla di simile. Invece, per un breve periodo, ho sfogato nel cibo alcune frustrazioni: per fortuna ne sono uscita da sola».
E il gender gap?
«Nel nuoto non c’è, sinceramente. Conviviamo tra atleti e semmai per marketing e sponsorizzazioni le donne sono più richieste dei maschi. Ma la questione della carriera e dei figli è ancora una discriminante».
C’è altro che la preoccupa?
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«Il caldo di novembre: si può mai pensare che l’emergenza climatica sia rimandabile? Su che pianeta Terra vivrà un giorno il figlio che vorrei?».
Sono le domande che vi ponete voi under-30?
«Rispetto ai nostri genitori abbiamo problemi a trovare lavoro, comprare casa, pensare a quel figlio. È “la” questione, su cui non si ragiona abbastanza. Ci vorrebbero un salario minimo per i più giovani e incentivi alle imprese che li assumono: un grande investimento sulla società».
Viene fuori l’economista che è in lei, dottoressa Panziera…
«Che impressione (ride, ndr)! Ho preso la triennale in Economia, con una tesi sull’impatto delle Olimpiadi sulle città che le ospitano. E sto per finire la magistrale in Gestione aziendale, con un lavoro sul neuromarketing applicato allo sport. Cosa farò dopo il nuoto? Non lo so. Sono nella Polizia, vorrei sfruttare la laurea. A fare l’allenatrice non mi ci vedo».
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[…] C’è una frase, un motto davvero suo?
«Un tempo avrei detto: “Ciò che non ti uccide, ti rende più forte”. Oggi, crescendo, non è più così. È un messaggio che può persino suonare sbagliato. Le esperienze negative vanno evitate, limitate, denunciate. Siamo un equilibrio fragile e dobbiamo preservarlo».
Cosa direbbe quindi a una ragazzina che le chiedesse un consiglio sul mondo dello sport?
«Che c’è tanta bellezza, tante soddisfazioni. Ma tutte le cose nella vita sono faticose. È necessario impegnarsi, fare sacrifici, cadere e rialzarsi. E se non dovessi essere sempre felice: be’, è normalissimo». […]
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