Monica Bogliardi per “Grazia”
donne lavoro covid
L’indipendenza femminile è la vittima silenziosa del Covid. Le italiane non solo si sono divise in due tra smart working e assistenza scolastica ai figli, ma sono state cassintegrate più dei compagni. Hanno perso il lavoro più dei colleghi maschi.
Oppure vi hanno rinunciato volontariamente. Uno studio nazionale dell’Università Milano-Bicocca, condotto su 7.000 genitori sulla didattica a distanza, dice che il 65 per cento delle mamme lavoratrici non la considera conciliabile con il proprio lavoro, e tra queste il 30 per cento, se la situazione dovesse riproporsi dopo il 14 settembre, considererebbe le dimissioni.
DONNE AL LAVORO
I dati Istat di giugno riferiscono una diminuzione dell’occupazione femminile, rispetto a maggio, di 86 mila unità, e l’aumento di quella maschile di 39 mila. Molti ambiti sono ancora fermi, o quasi: moda, eventi, arte, in cui è forte la presenza femminile.
«Avevo e ho clienti importanti, da hub del lusso a una multinazionale leader mondiale del suo settore, che mi davano un buon giro d’affari; avevo programmato di assumere due assistenti donne per il 2020.
La pandemia ha bloccato mostre, eventi, aperture di negozi. Quando il 18 maggio il Paese ha riaperto, alcune aziende con cui collaboravo sono ripartite su basi diverse: se 100 era il mio compenso, ora è 20.
smart working con i figli
E l’assunzione di collaboratrici è saltata», dice Simona Manfredi, pr e organizzatrice di eventi nell’area di Parma. «Consiglio alle donne di ridurre i guadagni, ma di tenere alto il livello della professionalità. In autunno questo farà la differenza». I licenziamenti sono sospesi, ma molte donne la sorpresa l’hanno trovata davanti alla saracinesca del loro negozio. «Da 20 anni lavoro, e da cinque ero responsabile di una boutique di calzature a Milano», dice Monica Mazzone, madre di due bambini, ora alle prese con la disoccupazione. «In maggio mi hanno comunicato che non avrebbero riaperto.
E nonostante il mio curriculum di commessa d’esperienza, per ora non ho trovato un lavoro a tempo indeterminato come quello che avevo e non ho visto un euro di cassa integrazione, cosa che mi fa arrabbiare. Sono sempre stata indipendente e con un lavoro che mi piaceva».
mara carfagna ospite a 'l'aria che tira' 2
Molti fattori hanno giocato contro: «Le donne con lavori part-time sono le prime a essere penalizzate. Come le lavoratrici saltuarie, che fanno poche ore da barista o da colf, senza tutele», dice Maurizia Iachino, una delle cinque esperte della task force di Vittorio Colao per la ripresa economica, e presidente di FuoriQuota, associazione per la leadership femminile.
«Occorre che le donne richiedano il rispetto delle regole contrattuali, con vantaggi di maggiore trasparenza e tutela, regole che vanno sostenute anche da facilitazioni come quelle delle Agenzie per la Famiglia, esempio da istituire che ho portato di recente a un’audizione parlamentare: sono agenzie statali, come i “Services à la personne” che in Francia hanno creato migliaia di posti di lavoro soprattutto femminili, regolarizzati, a prezzi calmierati. Hanno fatto emergere il lavoro nero.
uomini e donne al lavoro 3
Se una donna è assunta come infermiera, l’agenzia dà lavoro a un’altra come baby sitter per i figli della prima. E per chi le assume a tempo indeterminato e senza limiti d’età, ci sono tre anni di sgravi fiscali e contributivi». In autunno, se commercio e servizi, in cui sono maggiormente occupate le donne, non ripartiranno, si aprirà una dura stagione. A meno che non si ottimizzi la lezione del Covid.
«Durante la crisi primaverile nella mia azienda, e non solo nella mia, si sono trovate soluzioni e piani B più facilmente perché nei ruoli apicali c’erano donne e uomini: hanno collaborato in sinergia, con le loro diverse ma complementari visioni di business», dice Gabriella Magnoni Dompé, imprenditrice a capo del board per la Responsabilità sociale delle Imprese di Assolombarda.
elena bonetti e la pizza
«Per l’autunno, in previsione di un secondo lockdown, propongo incentivi e sgravi alle aziende virtuose che inaugureranno misure di welfare aziendale, penso agli asili interni, che aiutano le donne a tenere stretto il posto di lavoro: sappiamo quante sono quelle che, prive di aiuti, si dimettono. Infine, tenere le lavoratrici nel mercato non è solo giusto, ma conveniente: più le rendi indipendenti economicamente, più le togli da situazioni di violenze domestiche e molestie che allo Stato costano milioni di euro».
LA POLITICA, PROPRIO IN QUESTI GIORNI, PROPONE UN FRONTE TRANSPARTITICO. Lo vogliono Mara Carfagna, vicepresidente della Camera, ed Elena Bonetti, ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità. «Abbiamo un’occasione storica per far sì che il Paese compia un significativo passo avanti e superi la crisi, ma ciò non può accadere senza le donne. In Italia lavora una su due, al Sud una su tre, eppure sono qualificate e ambiziose: è un enorme spreco di risorse, talento, ricchezza», dice Carfagna. «Il lavoro femminile può farci uscire dalla crisi e dalla trappola demografica, ma servono investimenti, formazione, orientamento e welfare, perché le donne non possono essere costrette a scegliere fra bambini e carriera, né sostenere da sole il lavoro di cura per infanzia, anziani, persone con disabilità.
lavoro donne coronavirus
Facciamo sì che una quota del Recovery Fund (il fondo europeo per stimolare la ripresa, ndr) sia usata per l’occupazione femminile e i servizi». «I dati sull’occupazione delle donne sono chiari: non c’è tempo da perdere ed è cruciale che le forze politiche lavorino insieme a un progetto per il Paese, come abbiamo fatto per l’assegno unico e universale per i figli, pezzo importante del Family Act», dice Bonetti.
«Per questo, dopo aver annunciato il mio impegno per la decontribuzione del lavoro femminile e l’incentivo all’imprenditoria femminile, ho guardato con favore la reazione di Carfagna e la proposta di alleanza trasversale. Il Recovery Fund è un’opportunità per il Paese e dobbiamo coglierla, promuovendo gli assi che ci faranno ripartire. L’empowerment delle donne è uno di questi. Lavoriamo unite».
donne lavoro
PROPOSTE CONCRETE ANCHE DALLE LIBERE PROFESSIONI. «Ciò che blocca il lavoro femminile è la cura: di figli, genitori, disabili, che grava sulle donne. Occorrono incentivi economici per gli uomini che fanno la loro parte, e che, se accudiscono figli malati, non devono avere carriere penalizzate, come succede spesso alle donne», dice Tatiana Biagioni, avvocata del lavoro a capo del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati milanese.
elena bonetti foto di bacco
«Intorno alla cura va ripensato tutto. Il dl 151/2001 prevede che le aziende diano l’indennità di mancato preavviso alle neomadri che si dimettono entro un anno dal parto, e che hanno diritto anche all’indennità di disoccupazione. Va abrogato: fa da incentivo alle dimissioni, mentre quei soldi vanno riconosciuti a quelle che tornano al lavoro». Nella direzione dei bonus alle neomamme va il Family Act appena approvato. Per l’economista Paola Profeta non basta: i processi di risanamento aziendale dovranno avere una prospettiva di genere.
«Altrimenti succederà come in questi mesi: che su 100 lavoratori in cassa integrazione più della metà era composta da donne, e che su 100 congedi parentali Covid il 75 per cento era di donne. Va creato un monitoraggio governativo che obblighi le aziende a fornire dati su come sono gestiti, per dipendenti maschi e femmine, cassa integrazione, congedi, licenziamenti». Arma difensiva da unire ad altre: come lo smart working rivisto e corretto. «Secondo una nostra ricerca su 9.000 persone, le donne sono state trattate da telelavoriste ipercontrollate, mentre lo smart working è “autonomia in cambio di responsabilità”.
DONNE E LAVORO IN FABBRICA
Inoltre hanno lavorato due ore al giorno in più», dice Mariano Corso, ideatore dell’Osservatorio Smart Working al Politecnico di Milano. «Il vero smart working, che prevede diritto alla disconnessione e ferrea organizzazione del lavoro, aiuterà le donne. Nelle videoriunioni hanno interagito di più: il mezzo digitale mette tutti sullo stesso piano e fa emergere talenti più delle riunioni fisiche con tante aggressività verbali, spesso maschili. E quelle che si sono organizzate per obiettivi hanno avuto più flessibilità. Lo smart working poi non è un diritto per una parte “debole”, la donna, ma un mezzo per stanare talenti che nell’organizzazione maschile del lavoro, fatta di presenza in ufficio fino a tardi, non emergono».
donne lavoro o casa
NON BASTA UNA SOLA RICETTA.
Meglio tante, a breve, medio, lungo termine. «Gli effetti della crisi si vedranno nel 2021. Vanno subito detassate le imprese rosa: molte donne, perso il lavoro, ne creano uno in proprio», dice Paola Mascaro, presidente di Valore D, associazione che si impegna per l’equilibrio di genere. «Poi ci vuole un osservatorio di genere: non si lasci più fuori controllo il terreno di cassa integrazione, licenziamenti, smart working. Infine, vanno programmati per le donne corsi statali di riqualificazione professionale (Valore D li offre per le aziende private), che danno competenze digitali e finanziarie, punto debole per molte. Diamoci da fare. Le donne lo meritano»
DONNE E LAVORO IN FABBRICA DONNE E LAVORO IN FABBRICA