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    “NO, LE INTERCETTAZIONI NO. QUELLI SO' RAGAZZI” – IL PRIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI “OPERATIVO” SI È CHIUSO CON MISURE LEGATE A SICUREZZA E GIUSTIZIA: COSÌ, NELL’ATTESA DI ANDARE A BRUXELLES E CAPIRE I MARGINI DI MANOVRA SULL’ECONOMIA, LA DUCETTA HA MANDATO I PRIMI SEGNALI AL SUO ELETTORATO DI DESTRA – LA DISCUSSIONE TRA I “GIURISTI” E NORDIO, LA FRETTA DELLA PREMIER E LA RISPOSTA A PIANTEDOSI, CHE VOLEVA INTRODURRE LE INTERCETTAZIONI NELLE CHAT DEI RAVE…


     
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    Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”

     

    giorgia meloni giorgia meloni

    A un certo punto la riunione di governo si era trasformata in un convegno forense.

    Perché dopo una lunga esposizione del Guardasigilli Nordio sui temi di sua competenza, anche altri ministri esperti della materia erano voluti intervenire per interloquire con il titolare della Giustizia e lasciare agli atti il loro parere: dall'ex presidente del Senato Casellati, con il suo curriculum da avvocato, fino al sottosegretario alla presidenza Mantovano, con i suoi trascorsi da magistrato. Ma quando la signora che gestisce la campanella ha visto che il dibattito si protraeva, ha trovato il modo per fermarlo.

    E ovviamente l'ha fatto «alla Meloni»: «Mi sto a fare una cultura giuridica, e vi ringrazio. Ma dovremmo anche andare avanti».

     

    matteo piantedosi carlo nordio matteo piantedosi carlo nordio

    Chi c'era, ha notato l'approccio della premier durante il primo Consiglio dei ministri operativo: «Toni rispettosi e colloquiali», dai quali però emerge «la natura di capo». Che ha lasciato intendere quale sarà il metodo con cui vorrà evitare con i partner incomprensioni, fraintendimenti, fughe in avanti.

     

    Così racconta uno dei presenti: «Lei ti coinvolge, ti spiega le ragioni per cui certe cose non sono possibili e infine ti toglie i pretesti». Sarà con questo approccio, «alla Meloni» appunto, che cercherà di fare sintesi dentro il governo. Dove ieri è regnato un clima collaborativo, così sereno che a qualcuno è parso «un po' surreale», visti i trascorsi tra la leader di FdI e gli alleati «prima e dopo le elezioni».

     

    giorgia meloni giorgia meloni

    In realtà, su quello che sembra il set di «Amici da sempre», il ciak inaugurale era venuto male. Ed era naturale che la regista lo smentisse, specie dopo i ripetuti messaggini con Salvini. Meloni avverte di essere sotto osservazione, più che per le strumentali polemiche sul fascismo, sugli atti di governo.

     

    Quando il responsabile del Viminale Piantedosi ha illustrato il provvedimento anti rave, immaginando per il contrasto al fenomeno anche «il possibile uso delle intercettazioni», la premier ha prima strabuzzato gli occhi e poi - con un sorriso - ha detto «no, le intercettazioni no. Quelli so' ragazzi. Se lo facessimo, rischieremmo di equipararli ai reati di mafia e terrorismo».

     

    alfredo mantovano giorgia meloni alfredo mantovano giorgia meloni

    In entrambi i casi, con Nordio e Piantedosi, si è mossa con accortezza, riconoscendo al primo l'esperienza giuridica e al secondo la cultura politica di scuola irpina. Quanto al titolare della Salute, Schillaci, ha ascoltato il suo ragionamento sulle difficoltà della Sanità pubblica a corto di medici, in attesa di discutere con tutto il governo sulle soluzioni da trovare: compresa l'abolizione del numero chiuso per l'ingresso all'università, che ha in animo di valutare ma di cui non si è parlato ieri.

     

    RAVE PARTY MODENA RAVE PARTY MODENA

    Ci sono altre emergenze da affrontare e il Consiglio dei ministri d'apertura serviva a lanciare dei segnali all'elettorato di centrodestra. Dal prossimo si farà sul serio, con i primi provvedimenti sull'energia che l'hanno impegnata fino a sera. Sono state esaminate alcune opzioni e la premier si è riservata di decidere quale scegliere. Non sarà facile. E non lo sarà nemmeno il viaggio a Bruxelles, dove sono previsti gli incontri con i vertici delle istituzioni europee. Vinto lo scudetto, dovrà giocare la Champions.

     

    matteo piantedosi matteo piantedosi

    Che è tutta un'altra cosa. Anche se - spiega una fonte molto autorevole - «il feeling con il capo dello Stato e con l'ex presidente del Consiglio agevolerà chi rappresenta oggi la nazione nei rapporti internazionali». Insomma Mattarella e Draghi, insieme a una «postura politica non più conflittuale», saranno d'ausilio a Meloni.

     

    «In fondo - sorride uno dei maggiori dirigenti di FdI esercitandosi in un'autocritica - da rivoluzionari siamo diventati riformisti. Fino a qualche tempo fa, ogni volta che parlavamo di Europa o di Nato, dicevamo "sì ma". Oggi è diverso. E se non commetteremo errori ed omissioni...».

     

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    La credibilità all'estero è «fondamentale» per Meloni, perché - sostiene un suo ministro - «la accredita nelle cancellerie e la rafforza anche al governo». È un tema che la premier ha discusso con i vertici del partito. Anche l'intesa con gli Stati Uniti si prospetta - secondo le loro analisi - proficua: «Dopo l'uscita di Londra dall'Unione, visti il tradizionale distacco da Parigi e i pessimi rapporti odierni con Berlino, Washington in Europa potrà contare sulla lealtà di Roma». Ecco il motivo per cui Meloni dovrebbe varare a breve il sesto decreto sulle armi per Kiev. «Muovendosi rapidamente - conferma uno dei maggiorenti del centrodestra - né Salvini né Berlusconi potranno permettersi dei distinguo».

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