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Sul Corriere della Sera una lunga intervista all’attaccante del Milan, Zlatan Ibrahimovic. Che conferma quanto scritto più volte dal Napolista (unico giornale a raccontarlo): era tutto fatto per il suo passaggio al Napoli, pronto l’accordo con il club. Poi venne esonerato De Laurentiis e saltò tutto.
«Maradona è un mito. Vedendo un documentario su di lui avevo deciso di andare al Napoli, per fare come Diego: vincere lo scudetto. Ero stanco dell’America. Pensavo di smettere. Mino mi disse: sei matto, tu devi tornare in Italia. Con il Napoli era fatta, ma poi De Laurentiis cacciò Ancelotti. Allora chiesi a Mino: qual è la squadra messa peggio, che io posso cambiare? Rispose: ieri il Milan ha perso 5 a 0 a Bergamo. Allora è deciso, dissi: andiamo al Milan. È un club che conosco, una città che mi piace».
zlatan ibrahimovic diego armando maradona
Non solo, la Gazzetta dello Sport pubblica un estratto del libro di Ibrahimovic in cui lo svedese ribadisce quel che il Napolista ha sempre scritto e cioè Gattuso non lo volle perché non lo riteneva idoneo al suo 4-3-3.
Qualche sera più tardi, sono a casa che sto guardando il documentario HBO su Diego Armando Maradona. A un certo punto passano le immagini di una vecchia partita del Napoli e inquadrano il pubblico del San Paolo. Lo stadio è pieno zeppo. Il regista stringe l’immagine sulla curva più calda, i ragazzi sono accalcati uno sull’altro, cantano, urlano, pestano dei tamburi, si percepisce
ibrahimovic
un’elettricità incredibile. Mi raddrizzo sul divano, osservo con attenzione e sento che l’adrenalina comincia a pompare, qui, nelle vene del collo. Tum, tum, tum…
Telefono subito a Mino: «Chiama il Napoli. Vado al Napoli».
«Il Napoli?»
«Sì, vado a giocare a Napoli.»
«Ma sei sicuro?» mi chiede lui, perplesso.
zlatan ibrahimovic
«Tu vuoi che io continui a giocare? La mia adrenalina sono i tifosi del Napoli. Vado là, a ogni partita porto allo stadio ottantamila persone e vinco lo scudetto come ai tempi di Diego. Con la vittoria del campionato italiano, li faccio impazzire tutti. Questa è la mia adrenalina.»
Parliamo con il club, trattiamo e troviamo l’accordo. Tutto fatto. Sono del Napoli.
L’allenatore è Carlo Ancelotti, che conosco bene, siamo stati insieme a Parigi. È felicissimo di ritrovarmi, ci sentiamo quasi tutti i giorni. Mi spiega come intende farmi giocare.
Non ho parlato con il presidente, Aurelio De Laurentiis, ma lo conoscevo già.
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È successo qualche anno prima, mentre ero in vacanza a Los Angeles con la mia famiglia. De Laurentiis aveva saputo che alloggiavamo nello stesso hotel e ci aveva lasciato un biglietto alla reception: «Questa sera siete invitati al ristorante». Allegata una nota con l’indirizzo. Non sembrava un invito, maun ordine. «Andiamo» ha detto subito Helena. Abbiamo passato una serata molto piacevole.
Individuo una casa a Posillipo che potrebbe fare al caso mio, ma, visto che devo restare solo sei mesi e tutti mi ripetono che la città è abbastanza caotica, sto valutando anche la possibilità di vivere in barca.
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Il giorno in cui devo firmare a Napoli, l’11 dicembre 2019, il presidente De Laurentiis caccia Ancelotti. A metà campionato. Ho una brutta sensazione. È un cattivo segnale. Io di questo presidente non posso fidarmi. Non può dare stabilità a me e alla squadra uno così.
E poi so che Rino Gattuso, anche se è un amico, ha bisogno di un altro tipo di centravanti per il suo 4-3-3. Infatti, non si è fatto sentire. Salta tutto.
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