Renato Franco per il “Corriere della Sera”
tananai in gucci
Gli ultimi saranno al massimo i quinti. La parabola sanremese di Tananai (nome d’arte di Alberto Cotta Ramusino, 27 anni) si discosta da quella evangelica: «Però ho quasi tenuto fede alla mia storia. Sono stato l’ultimo dei primi cinque. Ma non mi permetto di contestare Gesù, ho sbagliato io». L’ironia, oltre alla musica, è la cifra del suo modo di stare sul palco e nella vita.
Si è definito un cazzaro...
«In effetti è così. Non riesco a prendermi troppo sul serio, nella vita di tutti i giorni mi piace scherzare su tutto, faccio battute che fanno ridere solo me, twitto scemenze».
L’anno scorso a Sanremo con «Sesso occasionale» arrivò ultimo, ora quinto con «Tango». Era così scarso un anno fa?
«Non mi sentivo scarso, mi sentivo più inconsapevole, meno pronto, sono stato un filino più superficiale... anzi senza un filino... sono stato molto superficiale nella preparazione del Festival 2022.
Nell’ultimo anno con le esperienze che ho accumulato ho capito che ci tengo a rispettare il mio pubblico e chi mi ascolta, cerco di prendere più seriamente il lavoro in sé. Ma non mi sento di colpo bravo».
fedez bacia tananai
Ha preso anche lezioni di canto per migliorare le stecche dell’anno scorso...
Ride. «Posso dirle una cosa? Prendevo lezioni anche prima eh... Solo che non mi applicavo abbastanza. Il vero anno da fuoriclasse l’ha passato il mio vocal coach Maurizio Zappatini; l’anno scorso gli dicevano: ma questo che lavoro fa? Adesso invece lo dipingono come un fenomeno. Lo devo ringraziare per avere continuato a lavorare con me anche dopo la figuraccia di Sesso occasionale ».
Gli incontri da ricordare nel backstage di questo Festival?
«Troppi. Mi hanno fatto piacere tanti gesti. Ho incrociato Ranieri che mi salutato come se fossimo grandi amici; ho pensato: che figo, si ricorda di me. Ci siamo abbracciati e abbiamo fatto due chiacchiere».
tananai in gucci
Chi altro?
«Appena sono sceso dal palco il mio manager mi ha chiesto dell’esibizione e io: sì figo, ma Bianconi dei Baustelle mi ha detto che gli piace il mio pezzo. E poi Ornella Vanoni che mi è passata di fianco e con quella sua voce mi ha sussurrato: tu mi piaci ragazzo, sei molto interessante...».
In duetto ha portato «Vorrei cantare come Biagio». È la sua massima aspirazione?
Non è che Antonacci sia proprio un modello di bel canto...
«Chissenefrega. Avere una carriera come la sua è un’aspirazione. La canzone di Cristicchi è ironica, però per fare dell’ironia bisogna partire da un fondo di verità. E Biagio è un mito, mi affascina, il suo personaggio è sensuale come la sua musica».
Mai perso la testa come Blanco a Sanremo?
«Me lo sono quasi perso, stavo andando a dormire e mi son chiesto che cavolo stava succedendo. È un ragazzo, ha chiesto scusa e deve finire lì. A me da ragazzino capitava di prendermela soprattutto con me stesso, ero una testa calda, molto irrequieto, sono sempre stato il mio primo giudice inflessibile».
tananai
Studiava architettura e poi?
«Mi sono reso conto che non era la mia strada. Vedevo compagni di corso che vivevano per quello, o quasi; erano molto più interessati, motivati, a fuoco di me; sul cellulare avevano come sfondo il Moma o creazioni di Alvar Aalto, io tenevo la foto del deejay Flume. Diciamo che ho smesso per rispetto verso gli architetti...».
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tananai
La scemenza più grande che ha fatto?
«Ho l’imbarazzo della scelta, e molte è meglio se non le racconto. Diciamo la volta che ero a Valencia, sono uscito senza telefonino, poi ho conosciuto delle persone, sono stato con loro, mi sono perso, sono arrivato in una città vicina, ho dormito in stazione. Il giorno dopo con tanto tempo e tanta pazienza ho capito dove dovevo andare...». Sembra di capire che abbia omesso i dettagli più interessanti...
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